Vista da chi, quotidianamente, si scontra con le difficili dinamiche dei mercati internazionali, l’Europa a trazione teutonica ha scelto di schierare, in termini di politica ed economia, un orrendo catenaccio, tutto difesa e gioco duro, senza idee, senza coraggio. Non a caso il Trap trovò grandi consensi tra i biondi bavaresi.
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Le migliori aziende si sono spiaggiate sui fondali bassi e fangosi di una Commissione Europea priva di una visione lungimirante, stanno annaspando sulle secche di protezionismi e scaramucce tra bambini capricciosi, che hanno conquistato il comando del campo da gioco e adesso pretendono d’imporre regole stringenti a tutti, non per cercare di guadagnarci, ma essere sicuri di non perderci singolarmente, almeno a breve.
Cui prodest? Alla Germania stessa, certamente. Non a caso in tutti i campi i tedeschi sono gli unici ad avanzare spediti e contenti. Non fa eccezione il calcio, con una Nazionale che ha dominato in lungo e in largo in Brasile. Senza contare che anche le squadre di club stanno conquistando eccellenti risultati a livello europeo e mondiale.
Questo è certamente frutto di ottime organizzazioni e di gestioni oculate e visionarie, ma anche di poteri forti, che hanno voce in capitolo in tutte le principali istituzioni, calcistiche e non. Parlando di Europa qualcuno si sarebbe aspettato un vantaggio competitivo per tutti, unendo le forze. Al contrario, a causa di questi meccanismi imposti dall’Unione, se n’è tratto comune irrigidimento, con conseguente perdita di competitività complessiva. Tutto ciò non vale, appunto, solo per la Germania, mentre altri Paesi, come ad esempio la Spagna, mettono in atto una sorta di aiuto interno, che favorisca comunque in ogni modo possibile le proprie eccellenze riuscendo, grazie a tali stratagemmi, a rimanere competitivi ai massimi livelli.
L’Italia deve riemergere dal basso. Deve liverarsi di molti polverosi burocrati incapaci e puntare sui giovani, come ha avuto modo di affermare recentemente buona parte del mondo calcistico nostrano, Barbara Berlusconi in testa. Deve imporsi a livello internazionale, con fermezza ed idee nuove, perché non è vero che questo non sia possibile. Non è facile, ma nemmeno impossibile. Servono convinzione, grinta, determinazione, ma anche grande lavoro. Ed il sistema deve muoversi all’unisono, dimentico degli individualismi. Se l’Italia saprà imporsi in tal senso allora anche tutto il suo patrimonio, calcio compreso, lo faranno.
Il Milan è una squadra a forte vocazione europea ed internazionale e saprà ben destreggiarsi e farsi valere, ma dev’essere aiutato da un sistema-Italia rinnovato ed influente, perché quando l’Italia s’è desta l’ha sempre fatto cingendosi la testa di elmi straordinari, da Scipio in poi.
Andrea Bricchi
(Twitter: @andreabricchi77)
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