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MENEZ-TORRES, COMINCIA LA STAFFETTA

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Un inizio di campionato folgorante, contraddistinto da tre reti, giocate d’alta scuola, numeri funambolici e tanto, tantissimo movimento. Poi, nelle ultime partite, complice un fastidioso infortunio muscolare, un evidente calo di rendimento....

Daniele Triolo

Un inizio di campionato folgorante, contraddistinto da tre reti, giocate d'alta scuola, numeri funambolici e tanto, tantissimo movimento. Poi, nelle ultime partite, complice un fastidioso infortunio muscolare, un evidente calo di rendimento. Anche domenica sera, contro la Fiorentina, la prestazione del francese Jeremy Ménez non è stata di certo di quelle da incorniciare. L'esterno ex PSG, è vero, ha pennellato sulla testa di Zapata il calcio d'angolo poi valso la rete dell'iniziale vantaggio firmato De Jong, ma non ha giocato ai livelli ai quali ha abituato il pubblico di San Siro. Eccezion fatta per qualche accelerazione sporadica.

Contro i viola, tra l'altro, Ménez si è mosso nella posizione di falso nueve, quella dove, più di tutte, ha espresso finora tutto il suo potenziale. Eppure, non ha inciso come potrebbe, e come avrebbe dovuto. Ménez è apparso involuto, anche fisicamente. Avulso dal gioco, poco propositivo, rispetto alle prime giornate di questo torneo, e, al contempo, più lento e prevedibile, triturato nella morsa dei difensori centrali ospiti Rodriguez-Savic. All'80', nel disperato tentativo di venire a capo di una partita incanalatasi sui binari di un pur giusto pareggio, Inzaghi ha tentato la carta della disperazione, togliendo dal campo il francese e puntando sul vero nueve, Fernando Torres.

Troppo pochi i dieci minuti più recupero, per giudicare la prestazione dello spagnolo contro la Fiorentina. Abbastanza, le sei gare su otto giocate finora per qualche prima considerazione sull'adattamento di Torres al calcio italiano ed all'universo Milan. A parte un lampo nella notte al 'Castellani' di Empoli, con un gran gol di testa a trafiggere l'estremo difensore Sepe sul palo più lontano, Torres è spesso apparso spaesato, non integrato nei meccanismi di gioco di Inzaghi, sia nel veloce e frizzantino 4-3-3, sia nel 4-2-3-1 pieno di palleggiatori e con un centravanti di riferimento. Quando compirà il salto di qualità? Ad oggi, non è dato saperlo. Certamente, con un fisico poderoso come il suo, e con alle spalle almeno tre campionati di basso profilo, El Niño avrebbe bisogno di giocare con maggior continuità, e di un minutaggio decisamente più alto, per entrare stabilmente in forma ed in ritmo partita.

Soltanto che, con il recupero di El Shaarawy, un capitale da rilanciare e (ri)valorizzare, per Ménez non c'è chance di giocare nella sua posizione preferita, quella di esterno sinistro. E, logicamente, non si può far scivolare in panchina il top scorer della squadra, Keisuke Honda, legittimo titolare del ruolo di esterno destro. Resta appetibile il ruolo di centravanti: Pazzini sembra fuori dai pensieri e dalle rotazioni di Inzaghi (appena 35' giocati in otto gare), il ballottaggio rimane quindi proprio tra Ménez e Torres. Chi la spunterà? Chi, dei due, dimostrerà da qui in avanti di avere più voglia, cattiveria agonistica, e determinazione. Toccherà a loro convincere Inzaghi sul modulo da adottare, e se giocare con il 'falso nueve' o con quello vero. Bisogna parlare con i fatti, sul campo, meglio ancora se con i gol. Altrimenti, così come contro la Fiorentina, si assisterà d'ora in poi ad una continua staffetta. Forse, deleteria per entrambi.

Daniele Triolo

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