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DA GUARDIOLA A KLOPP, IL FASCINO DELL’IMPOSSIBILE

Daniele Triolo

“Il Milan ai milanisti”. “Il Milan è una grande famiglia”. Due epiteti che, da anni, risuonano nella testa dei tifosi rossoneri. Ed effettivamente, di certo non si può dire che la società non abbia...

Il Milan ai milanisti”. “Il Milan è una grande famiglia”. Due epiteti che, da anni, risuonano nella testa dei tifosi rossoneri. Ed effettivamente, di certo non si può dire che la società non abbia fatto di tutto per tenervi fede. Massimiliano Allegri, fortemente voluto da Adriano Galliani sulla panchina rossonera, aveva rappresentato un'eccezione. Perché, del resto, da Carlo Ancelotti a Filippo Inzaghi, passando per il breve interregno di Clarence Seedorf, i tecnici che si sono succeduti alla guida del Milan hanno vantato, tutti, una significativa esperienza da calciatore con la maglia del club. Senza dimenticare che tutti sono stati coadiuvati nel loro lavoro da un'altra bandiera, il vice Mauro Tassotti.

Va però considerato come il Milan, comunque, abbia accarezzato a più riprese il sogno di infiammare la piazza con un nome altisonante, forte, che potesse in qualche maniera accendere l'entusiasmo dei propri sostenitori, spesso delusi da campagne acquisti condotte sottotono. Quando, nel 2012, annunciò il proprio addio al Barcellona dopo avervi vinto tutto quanto c'era da vincere, i rossoneri presero contatto con Pep Guardiola: l'allenatore iberico, però, scelse di trascorrere un anno sabbatico (per poi accettare l'anno seguente la ricchissima offerta del Bayern Monaco), anziché ritornare in Italia per abbracciare il progetto Milan. La scorsa estate, poi, il Milan tentò di piazzare il colpo Antonio Conte, appena svincolatosi dalla Juventus: sebbene in questo caso il tecnico leccese avesse seriamente preso in considerazione la sfida rappresentata dal Milan, l'affare non è andato a buon fine. E Conte siede oggi sulla panchina della Nazionale. Negli ultimi giorni, infine, i media sbandierano ai quattro venti l'interessamento del Milan per Vincenzo Montella della Fiorentina e Jurgen Klopp del Borussia Dortmund. Soltanto che, se la prima ipotesi appare surreale (pessimi rapporti tra le dirigenze, ed una clausola di 7 milioni di euro per liberare dalla panchina del 'Franchi' l'ex aeroplanino di Pomigliano d'Arco), la seconda appare totalmente irrealizzabile, giacché Klopp è richiesto da mezza Premier League. E, come dargli contro, oggi il campionato inglese seduce ed affascina molto di più di quello italiano.

Meglio, quindi, che l'ambiente rossonero resti fermamente ancorato alla realtà. Finita male l'era Allegri, pur vincitore di uno Scudetto e di una Supercoppa Italiana, terminata prestissimo quella di Seedorf, e destinata a naufragare sul nascere quella di Inzaghi, ci si chiede come mai il Milan cerchi sempre allenatori evidentemente inavvicinabili invece di perseguire la strada di un valido progetto tecnico 'sostenibile'. Sono finiti, per la società, i tempi delle vacche grasse. A meno che, da oggi a giugno, Silvio Berlusconi non decida davvero di cedere almeno parte del club a soci disponibili a farlo risorgere. Bisognerebbe individuare un nuovo allenatore, capace, esperto, in grado di far giocare bene la propria squadra (quindi, non Inzaghi) e che, soprattutto, non sia esoso in termini di stipendio ed esigente in termini di rosa.

Già, perché, oltretutto, la realtà dice che il Milan di soldi veri, sempre ad oggi, non ne ha; possiede una rosa ricca di comprimari o atleti giunti comunque alla conclusione del proprio ciclo con la maglia rossonera, da rifare in gran parte con pochissimi soldi nelle casse. Altrettanto scarse sono le certezze dalle quali ripartire: di campioni veri, con la C maiuscola, in rosa non ce ne sono. Di buoni giocatori, però, sì. L'ennesimo Milan 2.0, stavolta quello del campionato 2015-2016, perderà con tutta probabilità Inzaghi, perderà sicuramente Tassotti, e necessita di certezze. Non di chimere, o di sogni irrealizzabili. A meno che la società, stupendo sinceramente un po' tutti, piazzi la zampata a sorpresa.

Di certo, sulla panchina dell'ennesimo Milan 2.0, difficilmente siederà un 'milanista', ed improbabilmente siederà un 'top mister'. La verità, sta nel mezzo: nell'abiurare il fascino dell'impossibile ma scegliere l'uomo giusto per una squadra, si spera, nuovamente competitiva.

Daniele Triolo