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IBRA, RAIOLA ED UN DESTINO GIA’ SCRITTO

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Ecco, ci risiamo. Ibra ha il mal di pancia. Ormai è una sentenza: dopo massimo tre anni trascorsi in una squadra, Zlatan Ibrahimović comincia a manifestare l’intenzione di cambiare aria. Tre stagioni all’Ajax, dal 2001 al 2004,...

Daniele Triolo

Ecco, ci risiamo. Ibra ha il mal di pancia. Ormai è una sentenza: dopo massimo tre anni trascorsi in una squadra, Zlatan Ibrahimović comincia a manifestare l'intenzione di cambiare aria. Tre stagioni all'Ajax, dal 2001 al 2004, prima di mettere piede per la prima volta in Italia per indossare la maglia della Juventus. In bianconero dura soltanto due stagioni: il mal di pancia, Ibra, lo accusa prima. Troppo forte uno come lui per scendere a giocare il campionato di Serie B, lega dove la Juve era stata retrocessa per l'ormai famigerato scandalo di Calciopoli. Già allora, estate 2006, il Milan si fionda sull'attaccante svedese, trovando persino già un accordo di massima con il calciatore: i rossoneri, però, in quella stagione sono stati penalizzati e quindi spediti al preliminare di Champions League. Ibra non vuole aspettare l'esito di quella doppia sfida contro la Stella Rossa, e sceglie di sbarcare sì a Milano, ma in maglia nerazzurra. Anche con l'Inter, Zlatan dura 3 campionati: dal 2006 al 2009, vincendo tutto ciò che c'era da vincere, eccetto la Champions League. Motivo per il quale, estate 2009, il suo agente, il potente Mino Raiola, lo trasferisce al Barcellona per 45 milioni più il cartellino di Samuel Eto'o: in blaugrana, la Coppia dalle grandi orecchie non arriva; vince la Liga, ma litiga con Guardiola. E proprio approfittando di quel grande gelo, Adriano Galliani, da abile stratega del calciomercato, riuscì a portarlo finalmente al Milan.

Il 28 agosto 2010 Ibra arriva a Milano in prestito con diritto di riscatto fissato a 24 milioni di euro pagabili in tre anni: un capolavoro di Galliani. Ibra è subito decisivo, contribuisce alla vittoria del 18esimo Scudetto rossonero e, l'anno successivo, dopo aver conquistato con il Diavolo anche una Supercoppa Italiana nel derby contro l'Inter, finalmente smette di accusare mal di pancia. Al Milan, Ibra, ci sta davvero bene. Gioca, si diverte, segna. Segna tanto: nella stagione 2011-2012 mette a segno 28 reti in campionato, ovviamente capocannoniere del torneo, ben 35 totali. Un fenomeno della natura. Galliani, per ricompensarlo, gli promette la maglia numero 10 e la fascia di capitano nella stagione successiva, la 2012-2013. Che Ibra, però, non gioca con la maglia del Milan. Infatti, la situazione finanziaria della società comincia a tendere verso il rosso fisso, e, con grande rammarico, Galliani, che è in trattativa con il PSG per cedergli Thiago Silva per 42 milioni, accetta il 'ricatto' dei francesi di inserire nel pacchetto anche il cartellino dello svedese, valutato 21. Ibrahimović, che accetta il trasferimento soltanto grazie alla bravura di Raiola, abile a fargli incassare ancora di più (12 milioni di euro netti l'anno), chiude i rapporti con Galliani. Deluso dalle promesse non mantenute dall'amministratore delegato: dal Milan, Ibra, non se ne sarebbe mai voluto andare. Soprattutto in quel modo, scaricato come uno qualsiasi. Senza la 10 e senza la fascia di capitano.

A Parigi, Ibra, naturalmente, domina e trascina i parigini alla vittoria di tre Ligue 1 consecutive, nonché il PSG, squadra dalla tradizione molto povera in campo europeo, tra le migliori squadre della Champions League. In 129 gare ufficiali disputate sotto la Torre Eiffel, Ibra mette a segno 106 reti. Alla faccia dei 33 anni suonati. Ma con il Milan, Ibrahimović, ha ancora un 'destino' da completare. Quest'estate, la società di Via Aldo Rossi, dopo anni di recessione economica, sta lavorando per tornare grande: l'ingresso di Bee Taechaubol nel pacchetto azionario hanno rivitalizzato le ambizioni e le casse rossonere, al punto che, per poter puntare da subito a vincere qualcosa, Galliani non pensa su due volte, riavviando i contatti con il solito Raiola per sondare la disponibilità del possente svedese a ritornare a Milano. Una telefonata, qualche chiarimento, due risate, ed un “sì” convinto: Ibrahimović ha deciso, vuole far rientro a casa. La sua casa, il Milan. Ne è convinto lui, lo vuole la sua famiglia. Lo vuole il Milan, e, naturalmente, Raiola, che su ogni trasferimento del suo assistito guadagna, sempre, una cospicua percentuale. Le trattative per far sì che questo rientro vada in porto vanno avanti da giugno, ma il PSG non intende liberare Ibrahimović gratis, e, soprattutto, non prima di aver preso il suo sostituto (Di Maria o Lacazette). Ad agosto l'operazione subirà una netta accelerata. Anche perché Ibra, nel frattempo, ha rifiutato Manchester United e Galatasary. Di sicuro, come dichiarato dallo stesso Ibrahimović, “il futuro è in mano a Mino Raiola”. Con Galliani, di rimando, a sottolineare come “una volta era in mano a Dio, ma anche in quelle di Raiola vanno bene”. Come a sancire, indirettamente, il rifiorire di un amore che il tempo non è mai riuscito a soffocare. Perché tutti lo sanno, ma nessuno lo dice: l'attaccante tornerà al Milan, per indossare, finalmente (non gliene voglia Honda) quella maglia numero 10 e quella fascia di capitano che avrebbe già tempo addietro meritato.

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