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Sono circa le ore 20.30 di sabato sera, 21 marzo. Il Milan sta ultimando il riscaldamento sul prato di 'San Siro' dove, da lì a poco, avrebbe affrontato il Cagliari di Zeman. Ai microfoni di 'Sky Sport' si presenta, come al solito, “nella gioia e nel dolore”, l'amministratore delegato all'area sportiva, Adriano Galliani, per rispondere alle domande, tra gli altri, di Marco Cattaneo e Billy Costacurta. Nella raffica di quesiti sui perché della crisi del Milan, spunta la fatidica domanda su Inzaghi, nel frattempo inquadrato dalle telecamere intento a caricare i suoi ragazzi per l'imminente partita. “C'è già un dopo Inzaghi per il Milan?”, il beffardo interrogativo dallo studio. “No, non c'è un dopo Pippo. Inzaghi ha un contratto anche per il prossimo anno, è un ragazzo al quale siamo legati, oltre che sul lato sportivo, anche da un profondo affetto. Parliamo tutti i giorni, quindi Inzaghi sa di dover far bene nelle 11 partite che restano da qui alla fine del campionato, perché in classifica non è ancora tutto perduto. Poi, a fine stagione, si tireranno le somme”, la candida ammissione di Galliani.
Ed Inzaghi ha successivamente inaugurato questo 'mini – campionato' di 11 partite discretamente bene, avendo la meglio 3-1 sul Cagliari. Ma cosa avranno voluto dire quelle parole di Adriano Galliani nel prepartita? La società ha cambiato idea e vuole trattenere Inzaghi sulla panchina? Non proprio. Il discorso è molto semplice: Galliani ha lasciato intendere come, nonostante, ad oggi, il Milan si trovi soltanto ottavo in classifica, a 38 punti, distante 8 lunghezze dalla zona Europa League, la dirigenza creda ancora nella qualificazione alla competizione europea. Certo, dovranno verificarsi degli eventi ben precisi che, concatenandosi, libererebbero un posto per l'Europa League alla settima forza della Serie A (nella fattispecie, una finale di Coppa Italia tra squadre già qualificate in Champions League, o la vittoria dell'Europa League da parte di una tra Napoli e Fiorentina, attualmente quarta e quinta squadra in classifica). In ogni caso, è parso di leggere tra le righe, il futuro di Inzaghi è legato indissolubilmente ai risultati, e non ci sarà legame affettivo che potrà salvarlo: qualora, nelle prossime gare, riuscirà a risollevare un minimo il gruppo, centrando, anche in maniera rocambolesca, la qualificazione europea, gli verrà riconcessa fiducia. In caso contrario, il Milan opterà per un cambio alla conduzione tecnica della squadra.
Per la società, tenere Filippo Inzaghi in panchina rappresenterebbe un bel risparmio economico. L'allenatore piacentino è gratificato, come ricordato da Adriano Galliani, da un contratto fino al 30 giugno 2016, per 1,5 milioni netti. In più, va ricordato, nella medesima data, scadrà il contratto di Clarence Seedorf che, ad oggi, percepisce ancora da Via Aldo Rossi i 2,5 milioni stagionali pattuiti nel gennaio 2014. A conti fatti, al lordo, mandando via anche Inzaghi il Milan dovrà spendere, nella stagione 2015-2016, ben 8 milioni per allenatori sollevati dal proprio incarico, più un terzo stipendio da versare all'uomo scelto per la rinascita (che sia Montella, Sarri o Mihajlovic, tanto per citare i nomi più 'caldi'). Se Pippo restasse in panchina, almeno 3 di quei milioni sarebbero in qualche modo 'giustificati'. Oltre che per il pensiero di risparmiare qualcosa sugli emolumenti, e per il pensiero sui possibili introiti derivanti da un'ipotetica qualificazione in Europa League, in società fanno il tifo per un miracolo sportivo di Inzaghi anche perché, ricordiamo, quando la scorsa estate arrivò il momento di scegliere il tecnico, il suo nome fu avallato all'unisono da Silvio Berlusconi, dalla figlia Barbara e, naturalmente, da Adriano Galliani, suo principale endorser.
Mandare via il tecnico 'di casa', il figliol prodigo, dopo una votazione unanime (evento raro in casa Milan, di questi tempi), rappresenterebbe un'ammissione dell'ennesima colpa di una società che versa in stato piuttosto confusionario nelle ultime 4-5 stagioni. Ed ai piani alti, adesso, tutto vogliono tranne che sembrare deboli, nel giorno in cui i media annunciano una possibile, già avvenuta cessione del 75% del pacchetto societario a Mr. Pink. Inzaghi spera: 10 partite, due mesi scarsi, è tutto ciò che ha per salvare la panchina. Ma il ciclo che lo aspetta sarà terribile: Palermo fuori, Sampdoria in casa, il derby, Udinese e Napoli fuori, la Roma in casa; scontri per cuori forti. Partite per veri cuori rossoneri.
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