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MILAN e se non fossero gli allenatori il problema?

Galliani Berlusconi Milan
La crisi del Milan ha radici lontane. La società, in questi anni ha provato a cambiare guida alla squadra, con scarsi risultati, il problema è altrove

Redazione

Allegri, Seedorf, Inzaghi e, forse, Mihajlovic: 3 allenatori bruciati in 2 anni, il quarto che rischia seriamente di fare la stessa fine in questa stagione; se cosi fosse gli allenatori esonerati sarebbero 4 in 3 anni, un record che (non ce ne vogliano i tifosi e simpatizzanti siciliani) appartiene pià allo stile di Zamparini che ad una società come il Milan. Se Allegri è riuscito a durare, anche grazie ai campioni che ancora facevano parte della rosa, 3 anni e mezzo per gli altri tre i problemi sono iniziato molto prima. A dir la veritá, comparando il livello della rosa ed i punti ottenuti (35 in un girone), il rendimento di Seedorf è stato tutt’altro che insoddisfacente ma sappiamo come l’olandese abbia pagato il suo atteggiamento e la sua forte personalità palesemente in contrasto con parte della dirigenza. Inzaghi e Mihajlovic sono finiti nel mirino della critica sia per i mancati risultait ma anche per l’incapacitá di creare un gioco soddisfacente e di dare un’identitá precisa alla squadra.

Visti i precedenti peró, il dubbio sorge spontaneo: se quattro allenatori hanno fallito, o comunque stanno deludendo, non é che il problema sia da ricercare altrove? Gli allenatori avranno sicuramente le loro colpe cosi come le ha la Societá ma da questi processi, si spera costruttivi, non vanno esclusi i giocatori che, dopo tutto, restano pur sempre i principali protagonisti sul campo. Oltre ai limiti tecnici ed atletici dell’organico, quello che balza subito all’occhio sono la mancanza di personalità, la scarsa capacità di reazione alle prime difficoltà e, in molti casi, anche lo scarso attaccamento alla maglia. Più volte si è detto dell’impoverimento tecnico subito dalla rosa del Milan negli ultimi anni ma proprio quando la qualità viene meno bisognerebbe sopperire con corsa, voglia, impegno e cattiveria; guardando anche la partita di domenica sera, sembra proprio che la squadra accetti passivamente qualunque cosa succeda in campo e mostri una sorta di encefalogramma piatto per tutti i 90 minuti. E’ come se, ormai, a Milanello e nel Milan si sia insinuato e diffuso il virus della sconfitta, quel virus che colpisce tutti, nessuno escluso e che fa si che vincere, perdere o pareggiare non faccia poi cosi grande differenza.

Mancano i senatori, i giocatori di personalitá in grado di trainare il gruppo e di tramandare cosa voglia dire indossare la maglia rossonera: fino a qualche anno fa il Milan era per tutti i giocatori un punto di arrivo da conquistarsi giorno dopo giorno a suon di grandi prestazioni nelle loro squadre di appartenenza; da qualche anno invece sembra che chiunque possa indossare questa maglia senza sentirsela cucita addosso e senza essersela meritata. A differenza di Inzaghi, Mihajlovic é stato piú o meno esplicito su questo tema mettendo i giocatori davanti alle loro responsabilitá con il rischio, calcolato, di essere rigettato dal gruppo. Sia dalle parole del tecnico serbo che da qualche spiffero uscito sui giornali, sembra addirittura che la squadra si sia disabituata al lavoro quotidiano, alla fatica, all’intensitá negli allenamenti: i piú critici hanno addirittura paragonato Milanello ad una sorta di Circolo Ricreativo o Villaggio Vacanze. Questi paragoni sono probabilmente esagerati ma sicuramente un fondamento di verità c’è: per risalire e quanto meno salvare il salvabile tutte le componenti devono metterci del loro ma i giocatori non dovranno più nascondersi ma saranno chiamati a metterci del loro.

Gaetano De Pippo

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