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MILAN, Mihajlović si gioca il tutto per tutto: spazio al 4-3-3

Daniele Triolo

Siniša Mihajlović cercherà di scacciare i fantasmi dell'esonero a Torino presentando un Milan rivoluzionato sotto l'aspetto tattico. Forse con le tre punte

Milan-Napoli è stata, con tutta probabilità, l'ultima partita disputata dai rossoneri con il modulo tanto caro al Presidente Silvio Berlusconi, il 4-3-1-2. Troppo pesante lo 0-4 incassato a 'San Siro' dai partenopei, che hanno dominato e spadroneggiato in lungo e largo sulle macerie della compagine milanista, per non cambiare strada in corso d'opera e rivedere, seppur parzialmente, il progetto tattico sul quale Siniša Mihajlović ha lavorato per tre mesi esatti, dal 3 luglio scorso (giorno della sua presentazione e primo allenamento) al 4 ottobre, ultima giornata di campionato prima della sosta per gli impegni delle Nazionali.

Anche l'allenatore serbo si è dovuto arrendere all'evidenza, nonostante anch'egli abbia fatto del 4-3-1-2 quasi un dogma sportivo: questo Milan, con il trequartista, non gira. Soprattutto perché, di tutti i giocatori succedutisi in quella posizione, nessuno è mai risultato incisivo o decisivo: male Keisuke Honda, impalpabile ogni qualvolta è stato chiamato in causa e, proprio in virtù delle sue pessime prestazioni, finito tristemente in panchina nelle ultime due gare; malissimo lo spagnolo Suso Fernández Sáez, che ha fallito la chance offertagli da Mihajlović contro l'Empoli e non ha di certo brillato nemmeno nelle amichevoli organizzate dalla società nelle pause della Serie A proprio per 'testare' l'effettiva utilità alla causa di tanti elementi finora meno utilizzati negli impegni ufficiali.

Andrea Bertolacci, adattabile in quella posizione, rende sicuramente meglio se può inserirsi negli spazi partendo dalle retrovie, e dunque dalla posizione di interno/mezzala, e stesso discorso può essere fatto per Giacomo 'Jack' Bonaventura, colui che, schierato da “numero 10”, ha finora fornito le maggiori garanzie. Tale posizione, però, penalizza in parte il jolly rossonero, che può esprimersi al massimo quando riesce a svariare partendo dalla fascia sinistra. Ecco perché Mihajlović, in questi giorni, sta provando due nuove soluzioni tattiche in vista della trasferta di sabato prossimo, quando, alle ore 20.45, l'allenatore cercherà di salvare la propria panchina nell'ostica sfida di Torino contro i granata di Giampiero Ventura: la prima riconduce ad un classico, coperto e sempre affidabile 4-4-2; la seconda, invece, consisterebbe in un 4-3-3 più offensivo, già proposto da Mihajlović nella Genova blucerchiata con il contemporaneo utilizzo di Samuel Eto'o, Luis Muriel (o Stefano Okaka) ed Éder.

In ambedue le circostanze tattiche, davanti a Diego López, naturalmente confermatissimo tra i pali, ed alla difesa composta da Mattia De Sciglio, Philippe Mexés (che disputerà all'Olimpico la sua prima gara ufficiale della stagione), Alessio Romagnoli e Luca Antonelli, ricoprirà un ruolo fondamentale Alessio Cerci. L'ex torinista, infatti, è pronto a sfruttare al meglio la chance che, con tutta probabilità, Mihajlović gli concederà sabato: si muoverà nel ruolo di esterno destro in caso di 4-4-2, o di attaccante alto, sempre a destra, in caso di 4-3-3. Analogo 'slittamento' farà, sul versante opposto, Bonaventura. Qualora l'allenatore decidesse di optare, infine, per le due punte, dovrebbe confermare Luiz Adriano accanto a Carlos Bacca, con Riccardo Montolivo e Nigel De Jong (o Juraj Kucka) a comporre la coppia di centrali di centrocampo; nel caso in cui, invece, Mihajlović provasse ad avanzare Cerci e Bonaventura sulla linea degli attaccanti, sarebbe Bacca il terminale scelto per il ruolo di centravanti, con Luiz Adriano in panchina e, nei tre di centrocampo, giocherebbero De Jong (o Kucka), Montolivo e Bertolacci.

Mihajlović ridisegna dunque il Milan, alla ricerca di quel “cambiamento immediato” invocato qualche giorno fa dal Presidente Berlusconi. Il Milan, per parafrasare il discorso del patron, “dovrà tornare ad essere padrone del giuoco”, altrimenti il progetto Mihajlović rischia di naufragare quasi ancor prima di essere approdato in alto mare.