Il pressing è una delle prerogative del calcio di Sinisa Mihajlovic. Da Ancelotti in poi il Milan non è mai riuscito a far propria questa caratteristica fondamentale nel calcio moderno. Questo ha dell'incredibile. Soprattutto se si considera che proprio il Milan di Arrigo Sacchi ha fatto del pressing la prima arma offensiva del proprio calcio, vincendo tutto e cambiando il calcio europeo.
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MILAN, pressing: un’abitudine difficile
Con Ancelotti il pressing non era neanche ricercato, poichè i tanti giocatori di palleggio permettevano di avere quasi sempre in mano il pallino del gioco. Con Allegri il recupero immediato della palla non era nell'idea di calcio del Mister, più concentrato sulle ripartenze in contropiede. Con Inzaghi il Milan ha forse toccato il fondo, giocando con la difesa bassissima e affidandosi alle giocate di Menez.
Con Mihajlovic, invece, ci sarebbero tutte le possibilità per svolgere un ottima pressione nella metà campo avversaria. In effetti un accenno di pressing si è visto, ma mai con continuità. Certo, fare sempre densità a tutto campo è molto dispendioso, ma il Milan sembra non riuscire a reggere neanche 10 minuti d'intensità.
Bacca e Luiz Adriano sono molto generosi nel loro sacrificio in pressione, ma devono essere necessariamente accompagnati dalla squadra. L'impressione è che il beneficio di avere Montolivo davanti alla difesa in fase di costruzione, diventi una zavorra nella fase di pressing. Infatti il regista azzurro rimane sempre ancorato ai due centrali di difesa, temendo di sbagliare il tempo di uscita. Così facendo non viene saltato, ma allunga la squadra permettendo agli avversari di trovare sempre un giocatore libero in mezzo al campo, e facendo correre a vuoto le due mezz'ali.
Se c'è una cosa che il Barcellona ha insegnato al mondo del calcio, è che il pressing non dipende dalla quantità di mediani in campo, ma dall'atteggiamento collettivo. Basta che uno non accompagni la pressione, e si aprono praterie per gli avversari.
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