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MILAN, riecco il 4-3-3, modulo dei recenti fallimenti

Redazione

Il Milan di Mihajlović cambia modulo, passando al 4-3-3. Ma nel passato recente della storia rossonera, né con Allegri né con Inzaghi ha funzionato

Facciamo finta per un attimo che il club Milan sia una normale società di calcio; in questa prospettiva sarebbe ovvio trascorrere le giornate che ci dividono dalla prossima trasferta di campionato a Torino parlando di moduli, di scelte tattiche, di posizionamento di giocatori in campo.

Quindi, lasciamo da parte l'affaire Mr. Bee ed i suoi altalenanti (talvolta sconfortanti) sviluppi, gli eterni dibattiti sulla necessità di pensionare al più presto Adriano Galliani e sull'inadeguatezza della rosa attuale, i commenti sulle parole di Silvio Berlusconi che tranquillizza tutti dicendo che già da Torino vedremo un Milan padrone del campo e del gioco (...beato ottimismo...). Bene. Proviamoci.

Ci sono volute sette giornate di campionato e, soprattutto, la figuraccia nella gara interna contro il Napoli per archiviare (chissà se definitivamente) l'esperienza del 4-3-1-2, ossia, per capirci, del modulo col "trequartista". La profezia circa il suo possibile fallimento era stata espressa da più parti, soprattutto in considerazione del fatto che nel Milan di oggi di trequartisti di ruolo non v'è traccia. Dettaglio non di poco conto. Finita quindi l'epoca del riadattamento obbligato di Honda (in partenza?), Bonaventura (l'unico intoccabile) o Suso (desaparecido) per necessità di schema tattico. Il buon Mihajlović sembra particolarmente attratto dalla possibilità di provare il 4-3-3 con l'utilizzo di Cerci (sì, proprio lui....) e Bonaventura, accanto alla punta centrale Bacca. Obiettivo: sviluppo più veloce della manovra offensiva, copertura più uniforme delle zone del campo, allargamento del gioco sulle fasce per favorire gli inserimenti dei centrocampisti.

Tutto logico, quindi? Non proprio, perché le medesime speranze erano state rivolte, lo scorso anno, nell'applicazione dello stesso modulo da parte di Filippo Inzaghi. Risultato: buona partenza, peggioramento progressivo, disastro finale. Si dirà: "ma sono cambiati gli interpreti". Vero, ma, parlando di attacco, a parte Bacca per Destro che segna un deciso miglioramento qualitativo, ricordiamo che Bonaventura e Cerci c'erano anche lo scorso anno. Mentre a centrocampo gli acquisti di Kucka (fin qui, sostanzialmente positivo) e Bertolacci (molto più in difficoltà) non sembrano aver contribuito ad elevare l'efficacia dello sviluppo del gioco del Milan. Alla faccia della campagna acquisti da circa 90 milioni di euro....

Peraltro, sarà interessante valutare, nel prosieguo dell'annata, la compatibilità con il 4-3-3 di giocatori come Ménéz (a suo agio solo agendo come prima punta, nella scorsa stagione, in quel modulo), ma soprattutto di Balotelli e Niang (quando tornerà). Questi ultimi furono protagonisti di uno dei pochi felici tentativi recenti di introduzione del 4-3-3: sotto la guida di Massimiliano Allegri, nella seconda parte della stagione 2012-2013, il Milan raggiunse, faticosamente, con il terzo posto finale in campionato, la qualificazione al turno preliminare di Champions League, a spese della Fiorentina. Altri tempi, almeno migliori degli attuali.

Facciamo chiarezza: i problemi del Milan non si possono riassumere in una disquisizione sul modulo da utilizzare. Perchè il naufragio della gara contro il Napoli non è figlio di uno schema tattico forse poco adatto. Ma in un momento di obiettivo sbandamento generale (tecnico, tattico e psicologico) è necessario cambiare sì, ma con razionalità e ragionevolezza. Il 4-3-3 è un primo, piccolo, incerto passo? Forse sì, ma diciamolo sotto voce. Di illusioni ne abbiamo già vissute abbastanza.

Matteo Forner