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Nel corso di questi mesi milanisti, Siniša Mihajlović ha spesso insistito sulla necessità di ritrovare il divertimento per il gioco. Sicuramente il letterato Mihajlović conosce la poetica del fanciullino di Pascoli: dentro ogni uomo c'è un fanciullo, che vive nascosto ma sempre presente. Chi riesce ad assecondarlo può vedere la realtà con più chiarezza di chi sfrutta solo la ragione. Ecco, il Milan sembra totalmente impegnato ad ascoltare i dettami tattici del suo allenatore, tralasciando l'intuizione e la sana follia del proprio fanciullino interiore.
Così Mihajlović si è ritrovato una squadra spenta soprattutto sul piano della personalità. Non un passaggio illuminante, non un dribbling ardito, non una triangolazione di prima. Arrendevoli, i rossoneri non ci provano neanche. In questo senso è emblematica, sul finire del primo tempo, una corsa di De Sciglio, che non osa attaccare lo spazio nonostante abbia campo libero e l'avversario sia in ritardo: rallenta, si ferma e torna indietro. Allo stesso modo Bertolacci e Montolivo non attendono altro che girarsi verso Diego López e gestire la palla nella propria metà campo.
Il Milan crea poco nel primo tempo e nulla nella ripresa. I rossoneri sono surclassati nel possesso palla (60%-40% per il Napoli) ma non hanno coraggio per le ripartenze. Sembrano stanchi mentalmente, impauriti e intimoriti. Forse hanno paura delle ultime due stagioni fallimentari, del bastone di Mihajlović o dei titoli di giornale. Fatto sta che quando la possibilità di sbagliare incute più terrore dell'errore stesso, lo psicodramma è compiuto e l'ansia da prestazione inibisce le giocate vincenti.
Il Napoli, al contrario, gioca un calcio spumeggiante, spensierato ed efficace. Insigne sembra uno "scugnizzo" che gioca al campetto dietro casa, fa quello che vuole con la palla tra i piedi e travolge i rossoneri impietriti di paura. Sarri nel post partita ha detto di aver trovato una squadra intristita e di averle fatto tornare la voglia di giocare a calcio. In pochi mesi è riuscito - lui sì - a rianimare il fanciullo interiore dei giocatori azzurri, facendogli dimenticare il turnover e l'ortodossia tattica di Benitez.
Il segreto forse è tutto qua: dimenticare le ultime stagioni e vivere "tutto - per citare ancora Pascoli - come per la prima volta", come un bambino su un prato con gli amici. La spensieratezza dei fanciulli e la grinta di chi vuole riscattarsi.
Federico Graziani
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