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Carlos Bacca, in una lunga intervista a Repubblica, ha ripercorso le tappe che lo hanno portato al Milan, tra cui le esperienze con la sua Nazionale. Queste le sue parole: "Io veloce? Nessuno mi ha mai cronometrato sui 100: sono potente, più che veloce. Gioco per la squadra. Però è vero che un attaccante parla con i gol. La rabona con la Colombia? Non mi fidavo del sinistro e ho provato di destro la rabona. Il portiere l’ha presa. Un gol spettacolare è meglio. Ma conta la concretezza. Nella Colombai c'è anche Murillo, un amico: il campo dirà chi avrà tratto più vantaggio dalla conoscenza. In Colombia Campioni ne abbiamo sempre avuti. La nostra generazione conferma la forza del movimento, ai tempi di Valderrama il calcio era più tecnico, oggi è più veloce. Siamo quarti nella classifica Fifa. Da 16 anni non andavamo al Mondiale, il paese ha delirato per noi. Pekerman ci ha fatto cambiare mentalità. Abbiamo cancellato certi pregiudizi sulla Colombia. Vogliamo essere di esempio per i nostri giovani, dimostrare che fatica e professionalità vengono premiati. Il miscuglio di etnie è una ricchezza, lo sport un’opportunità. Guardate Quintana che ha vinto il Giro o la triplista Ebaguen, oro al Mondiale di atletica. Al Mondiale mi bloccò un infortunio e nella mia Copa non c’è stato solo quell’episodio. La maglia della Selecciòn è il mio più grande orgoglio. Il mio idolo colombiano? Carlos Bacca".
Da sfatare una falsa voce sul suo passato da pescatore: "La storia del pesce è falsa, nasce dal fatto che i miei lavoravano in quel campo. Mi tengo l’analogia con un grande del Milan come Gattuso, che ha una pescheria. Il resto è vero. Giocavo nell’Aurora e mi guadagnai il provino decisivo, fino al debutto con Julio Comesaña".
Fino ad arrivare al Milan: "L’importante è arrivare in alto e restarci. Ho ancora 29 anni, non mi voglio fermare. Il Milan è il posto giusto. Non l’ho scelto per i soldi, avrei guadagnato di più in Cina, in Arabia o in Inghilterra. Mi affascina l’obiettivo: tornare in Champions. Da 3-4 anni non sta al suo posto, in alto. Si è rafforzato e ha un allenatore dalle idee chiare. Lasciare Siviglia, dove stavo benissimo con mia moglie Shayira e i miei due bambini, Carlos Daniel di 5 anni e Karla Valentina di 2, non è stato semplice. Gioco nel campionato che vedevo in tivù e sognavo da piccolo. Non mi spaventano le responsabilità, però siamo una squadra. Oltre a Luiz Adriano c’è anche Balotelli: se sta bene, è eccezionale. Senza dimenticare gli infortunati, Ménez e Niang. Qui c’è davvero una sana concorrenza".
Anche una curiosità di mercato: " Il Chievo interessato a me? Anni fa si sparse la notizia che ero stato a una festa notturna, così il Chievo mi chiese solo in prestito. Non se ne fece niente ed è stato meglio così: credo molto in Dio. Non ero pronto, non ero maturo".
Infine il derby: "L'ho capito già allo Junior, quando ne vinsi subito uno con una doppietta, e naturalmente a Siviglia, dove ho vinto e segnato contro il Betis: il derby non si gioca, si vince".
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