Franco Arturi, giornalista de 'La Gazzetta dello Sport', ha risposto questa mattina alle lettere indirizzate dai lettori della rosea in merito alcuni temi 'caldi' dell'attuale momento del Milan. Gli argomenti tirati fuori sono stati tre: le dichiarazioni di Paolo Maldini su Adriano Galliani, il momento di forma di Riccardo Montolivo ed il gioco deludente proposto da Sinisa Mihajlovic.
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RASSEGNA MILAN – Galliani, Miha, Maldini: le risposte ai lettori della Gazzetta
Sulle dichiarazioni di Maldini: “Paolo ha detto che è Galliani è un grandissimo dirigente che va affiancato. Concordo. Aggiungo: di gran lunga il migliore del calcio italiano negli ultimi trent'anni. E tuttora molto efficiente. Sottoscrivo, però, anche la seconda parte delle affermazioni di Paolo: un leader amministrativo, gestionale e motivazionale come Galliani non può che avere al fianco eccellenti consulenti tecnici, meglio se dotati di fedeltà ma anche indipendenza di pensiero. Aggiungo: soprattutto in questa fase, in cui non esiste più un Milan dominante nel mondo”.
Su Montolivo, definito 'irritante': “La penso all'opposto, è uno dei migliori del Milan, bravo e generoso. Quel po' di gioco che la squadra sa proporre dipende in partenza da lui e dai palloni che sa 'ripulire' dopo l'uscita del finto centrocampista, in realtà difensore puro, de Jong. L'apparente lentezza del playmaker, ottimo anche in copertura tra l'altro, è funzione dei mancati movimenti dei compagni, spesso troppo bloccati”.
Sul gioco del Milan: “Il Milan difetta di gioco? Difficile dare torto a quest'affermazione, soprattutto nella maggioranza delle partite fin qui disputate dal Milan. Ingiusto, però, non sottolineare anche gli sprazzi buoni, talvolta ottimi (Lazio, Samp e qualche altro spezzone di incontro) e la credibilità che Mihajlovic riscuote direi presso di tutti, anche dei critici 'ideologici' dello staff dirigenziale milanista. Però ancora non ci siamo, né come continuità né come capacità di imporre il proprio gioco. Limiti tecnici oggettivi ce ne sono, ma conta ancor di più, credo, una sfiducia generalizzata dell'ambiente, che parte dal campo. E che poi si può tradurre anche nell'assenza di gioia e semplicità di gioco, ma anche di rabbia agonistica e fame”.
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