Domani saranno 80 anni per Silvio Berlusconi. Di questi, 30 li ha trascorsi da presidente del Milan. Alla guida dei rossoneri ha raggiunto tutti i traguardi possibili e immaginabili, diventando il presidente più vincente della storia del calcio. Nessuno come lui e difficilmente qualcuno saprà imitarlo. Questo concetto ce l'ha molto chiaro, e lo ribadisce, Carlo Ancelotti.
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Ancelotti: “Berlusconi è il presidente della mia vita”
L'ex centrocampista e allenatore del Milan, attualmente mister del Bayern Monaco, ha parlato a "Il Giornale" del suo rapporto con Berlusconi, raccontando anche qualche aneddoto. Ecco le sue parole: "Lo considero il mio presidente. Il presidente della mia vita, oltre che della mia carriera calcistica. Silvio Berlusconi non è stato uno dei tanti presidenti che hanno dato lustro al calcio italiano e alla storia del Milan. Berlusconi è stato il grande innovatore che portato il calcio italiano dal Medioevo all'era moderna, liberandolo dalla polvere che c'era nel settore. Basta pensare a questo dettaglio: oggi alcuni club hanno inserito nel loro staff la figura del nutrizionista, lui trent'anni fa parlava di alimentazione corretta a Milanello. Il suo arrivo, perciò, è stato vissuto coma una rivoluzione. La mossa decisiva è stata organizzare una squadra di calcio come un'azienda. Da questo discese tutto il resto: la catena di comando snella, le grandi ambizioni, le linee guida attraverso cui raggiungere il successo sintetizzato dal famoso motto del vincere e convincere, dare spettacolo, rispettare l'avversario... E per fare tutto ciò scelse Arrigo Sacchi, allenatore esordiente. Praticava un calcio unico per l'Italia, molto offensivo. I risultati, irripetibili, hanno raccontato tutto il resto e destineranno questa figura ai libri di storia. Lo dico a quelli del prossimo Milan: è impossibile eguagliare Silvio Berlusconi!"
Dopodiché Ancelotti ha chiarito alcuni aspetti del loro rapporto personale, sempre ottimo: "Il nostro rapporto non è cambiato quando sono tornato come allenatore. Sono stato circondato in ogni momento dei successivi strepitosi 8 anni dal suo affetto e dal suo incoraggiamento. Non ha mai criticato il mio lavoro dopo una sconfitta. Dopo un successo, invece, mi passava sempre osservazioni per migliorare il gioco, mi facevano riflettere. Mi ricordo perfettamente il diktat delle due punte e io me la sono cavata con una furbata perché ho continuato a giocare con il famoso albero di Natale, ma con un piccolo trucco: Kakà, nell'elenco dei convocati risultava sempre come attaccante. I miei appunti sui calci di punizione sono finiti nel libro di Vespa perché a poche ore da una finale ho chiesto al Presidente di assistere alla riunione tecnica con la squadra e quando ho distribuito i foglietti con i disegni l'ho dati anche a lui. Alla fine gli chiesi come fossi andato e lui mi rispose: 'Promosso'"
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