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Buon compleanno Sacchi: i momenti più esaltanti della carriera

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Una vita in panchina, da Fusignano a Madrid: settant'anni a tutto campo, ecco a voi il mito di Sacchi

Edoardo Colombo

UN RIVOLUZIONARIO

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Mister, Signore, Dottore, Profeta o, più semplicemente, Arrigo Sacchi. Quel signore pelato, un giorno, prese il calcio dai quatto angoli della tovaglia e buttò tutto in aria. La sua forza rivoluzionaria violentò la storia del pallone. Il suo carattere manicheo, poi, ne cambiò i connotati tattici. Perché dire “catenaccio”, per Arrigo, era come bestemmiare. Insomma, l’avvento di Sacchi sui lidi del nostro calcio, lo si può etichettare come l’evento più innovativo dell’ultimo scorcio di secolo. La sua splendida follia conquistò il mondo: da signor nessuno a profeta; un allenatore divenuto l’allenatore. Un uomo incastrato tra l’ossessione per la vittoria e il desiderio della perfezione. Ed  ora, dunque, lo possiamo dire: Arrigo Sacchi è stato il vate del calcio moderno. Aggressivo, intenso e maniacale, da settant’anni a questa parte. Tanti auguri caro Arrigo, e in tuo onore, oggi, ripercorriamo le tappe della tua epica epopea.

 

PROFEZIA

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Arrigo Sacchi fu un autodidatta. A spingerlo a calcare l’erba di gioco era l’ebbrezza di una passione genuina. Il colpo di fulmine glielo diede il calcio olandese degli anni settanta. Si, altro che il gioco nostrano. Ma i primi calci di Arrigo furono poca roba. Il baby Sacchi se ne accorse subito, nelle giovanili del Baracca Lugo: i piedi, povero lui, gli erano nemici. Meglio lasciarlo perdere il pallone, la scuola pure. Il padre, allora, gli offrì di lavorare per la sua ditta di scarpe. Il ragazzo, nelle vesti di rappresentate, inizia a viaggiare. La curiosità, però, è troppo forte; per il calcio, ovviamente. Così, al rientro in Italia, Arrigo approda al Fusignano. Prima dirigente, poi giocatore – senza buoni risultati – e poi l’illuminazione: proviamo in panchina. Perché il Fusignano, con le sue idee, vinse a destra e a manca.

 

TIROCINIO

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Luci ed ombre, poi, in Serie D. Perché per allenare serve il patentino. E allora, Sacchi, inizia a fare sul serio: si iscrive al Super-Corso di Coverciano. Lo studente è diligente, ha talento. Italo Allodi, l’ideatore della scuola di Coverciano, lo lancia nella mischia: Cesena in Primavera, Rimini in C1, Fiorentina ( dove svezza talenti) e di nuovo Rimini. Poi la svolta.

PARMA

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I ducali lo lusingano, e gli concedono la svolta della carriera. Arrigo è pronto. Ernesto Ceresini, il presidente gialloblu dell’era pre-Parmalat, lo chiama: Sacchi prima conquista la promozione in Serie B, e poi facendo di necessità virtù la Coppa Italia. Per quattro volte affronta il Milan: nel 1986/7 vince a San Siro eliminando i rossoneri. Berlusconi è folgorato, e ha già scelto: Sacchi sarà il sostituto di Liedholm a fine stagione.

MILAN

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Quello di Berlusconi è un azzardo, e il primo anno la paga cara: il Milan viene annichilito dall’Espanyol in Coppa Uefa. L’esonero è a un passo, ma Berlusconi fa scudo e si coccola il suo eletto. A Milanello, infatti, c’è aria di rivoluzione. Il tecnico striglia gli allievi, cura in maniera maniacale la tattica: difesa a zona, pressing a tutto campo e un inedito 4-4-2. O, in parole povere, detto anche calcio totale, ispirato dalla nazionale olandese di Cruijff e compagni. Ma Sacchi, tifoso interista pentito, sovverte la stagione: in primavera, quando il Napoli di Maradona crolla, lancia lo sprint e coglie lo scudetto. E’ solo l’inizio, perché quello fu il Milan degli immortali. La difesa è schierata a zona pura, con Tassotti-Galli sugli esterni, e Baresi e Maldini in mezzo.

EUROPA

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Il meglio, Sacchi, lo raccoglie all’estero. Nel 1988/89  Arrigo guida il Milan al 3º posto in campionato alle spalle di Inter e Napoli e conduce il club rossonero alla conquista della sua terza Coppa dei Campioni, vinta per due anni consecutivi Nei primi mesi della stagione 1989/90 il Milan vince la Supercoppa Uefa contro il Barcellona e la Coppa Intercontinentale battendo a Tokio i colombiani dell'Atletico Nacionale per 1-0 con un gol di Alberigo Evani negli ultimi minuti dei tempi supplementari.

 

LA NAZIONALE

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Saranno anni di tentativi ed esperimenti. Il picco positivo fu il secondo posto ai mondiali del 1994. Quello negativo, invece, l’eliminazione al primo turno degli Europei del 1996. Ma la sua nazionale raramente entusiasmò, e l’ossessione per gli schemi prevalse sull’estro individuale.

LA SPAGNA

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Sacchi, all'estero, non riuscì a risalire la china. Un sontuoso contratto con l’Atletico Madrid lo fece arrendere ai danni del suo più acerrimo nemico: lo stress.  E infine l'ultimo contratto a cavallo tra il 2004 e il 2005. Questa volta nell'altra sponda di Madrid, al Real, chiamato a gran voce da Florentino Peres, presidente dei blancos. Peccato però, perchè Sacchi non fu più in grado di reinventare se stesso.

 

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