Per parlare del difficile momento del Milan, reduce da una prima parte di stagione tutt'altro che esaltante, la Redazione di Pianetamilan.it ha contattato in esclusiva Giuseppe Cardone, ex difensore cresciuto nelle giovanili del Milan, con la cui maglia ha collezionato 25 presenze tra campionato e Coppa Italia nella stagione 1997/98, allenato da Fabio Capello.
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ESCLUSIVA PM – CARDONE: “San Siro non perdona, il Milan è in fase di transizione”
Salve signor Cardone, è un piacere per noi di Pianeta Milan parlare con lei.
"Il piacere è mio".
Per prima cosa, parliamo delle tante similitudini che ci possono essere tra la situazione attuale del Milan e l'anno in cui lei ha indossato la maglia rossonera.
"L’anno che c’ero io era molto simile alla stagione attuale, anzi anche peggio, dato che il Milan veniva da una stagione molto negativa con Tabarez, il suo esonero e poi il ritorno di Sacchi, ma si arrivava da un periodo precedente di vittorie. In termine di risultati ci possono essere delle similitudini, certo. Io dei problemi del Milan posso solo farmi un’idea esterna. L’ho già detto a settembre, il Milan è in una fase di transizione che, come sappiamo in ogni ambito della vita, spesso è un periodo in cui "vai alla cassa a pagare". In questo momento il Milan sta pagando il discorso che mai come quest’anno si è cercato di far qualcosa con una prospettiva. L’età media della rosa si è abbassata parecchio, sono stati presi giocatori importanti, non solo per il costo ma anche perché secondo me sono importanti davvero. Nel mio caso, ad esempio erano stati presi ottimi giocatori come Ziege, Kluivert e Leonardo, c’erano già Savicevic e Weah, eppure facemmo fatica. Chi spende tanto non necessariamente fa risultati, nel senso che spesso se ne parla tanto ma poi nei fatti non tutti mettono in pratica quello che dicono. Il Milan ha iniziato e ha programmato un futuro importante, e in questa fase i risultati altalenanti ci possono stare. I tifosi vorrebbero il Milan sempre vincente e che il giocatore lotti sempre. Quest’anno ho visto tutte le partite del Milan, e per il secondo caso raramente ho visto il Milan remissivo e poco combattivo, certo nei suoi limiti, ma questo è un altro discorso. I risultati qualche volta sono venuti, altre no, ma fa parte di un processo naturale di crescita".
La rosa attuale del Milan, i terzini in particolare, è detta da molti, inadeguata. Ti rivedi in qualcuno di loro o pensi ci serva altro?
"Guarda, sinceramente non mi rivedo in nessuno di loro, perché loro sono più forti. Quando sono arrivato al Milan io ero troppo giovane, non avevo tanta personalità che poi ho però poi avuto a Parma. Il Cardone di Parma al Milan ci poteva stare. Io in rossonero ho sofferto molto, e soprattutto San Siro. E’ uno stadio incredibile, che ad un ragazzo giovane perdona poco. Non è colpa di nessuno, è un dato di fatto. Ci sono giocatori che a 20 anni hanno grande personalità, come Romagnoli, altri invece al primo fischio si demoralizzano. Forse è questa la differenza su chi può giocare con una grande squadra e chi no. A volte si dice, che questo o quello non può essere da Milan, ma ricordo che si diceva lo stesso di Gattuso e poi abbiamo visto cosa ha vinto. Certo, non giocava da solo, ma aveva qualità morali e di personalità superiori ad altri, indipendentemente da quelle tecniche. In difesa il Milan ha degli ottimi giocatori: Romagnoli in prospettiva può essere un punto fermo nel Milan e nell’Italia. De Sciglio per me è un ottimo giocatore. Lui ha pagato San Siro ma anche tanti infortuni lo hanno rallentato. Qualitativamente il Milan è una buona squadra, anche se per fare di più ci vorrebbe un altro tipo di giocatore nel reparto arretrato, fermo restando che per me Zapata, Alex e Mexes, sono dei buoni giocatori. Il Milan ha bisogno di un centrale d’esperienza ma non troppo, max 32enne. Dobbiamo però capire che i Tassotti, Costacurta, Baresi, Maldini e anche Filippo Galli, non ci sono più. Quella è stata la difesa per me più forte del mondo per capacità, personalità e organizzazione, anche se far paragoni a me di solito non piace. Per assurdo, credo che questi grandi ex difensori del Milan, potrebbero giocare alla grande anche oggi a dispetto anche dei cambiamenti naturali del calcio stesso. Quella difesa è stata un esempio per tutti: forte tecnicamente e fisicamente, veloce e organizzata oltre che composta da grandi professionisti, altrimenti non si può giocare fino a quarant’anni a certi livelli".
Cosa pensa del calcio italiano dopo questa prima parte di stagione?
"Per quello che ho visto quest’anno, in Italia ci sono delle squadre che piano piano stanno crescendo anche a livello europeo, ma anche soprattutto a livello di organizzazione, come Napoli e Fiorentina. Per le altre penso che esempi positivi siano Empoli, Chievo e Sassuolo, che stanno facendo un ottimo campionato. In generale in Serie A vedo più qualità rispetto agli anni passati e un campionato più livellato".
Il Cardone di oggi. Ancora nel mondo del calcio e con quale ruolo?
"Negli ultimi anni di carriera, ero saturo mentalmente, avendo avuto più infortuni che partite giocate. Quando ho smesso, nel 2009, non dico che è stata quasi una liberazione ma posso dire che ho mollato completamente il calcio, non per sputare nel piatto nel quale ho mangiato per anni, ma penso che come in ogni professione c’è bisogno di passione ed entusiasmo, specie nel calcio. Da allenatore se non riesci a trasmettere quello è meglio che stai a casa. E io sono stato a casa. Per onestà professionale, come quando giocavo, ho preferito sempre essere sincero. Certo, una volta smesso, ho ricevuto proposte per rimanere nell’ambiente, ma ho preferito declinare perché farlo tanto per farlo non aveva senso. Mi sono preso degli anni sabbatici, nello stesso tempo ho lavorato comunque come agente immobiliare. Negli ultimi due anni ho fatto dei camp estivi con dei ragazzi e poi da cosa nasce cosa e ho seguito finalmente il corso di base Uefa B per allenare, cosa che ancora non avevo fatto. Da quest’anno alleno la squadra Juniores a Sesto San Giovanni. In punta di piedi sono rientrato nel mondo del calcio, con l’ambizione di crescere e fare bene ma un passo alla volta, cosa che mi contraddistingue sin da quando giocavo, avendo fatto anche lì tutta la gavetta delle giovanili per poi giocare 13 stagioni in Serie A. Ora cerco d fare il meglio che posso: ho capito che essere stato calciatore non è sinonimo di grande allenatore, mentre è possibile viceversa. Se sei un buon allenatore, aver avuto esperienza da calciatore può darti dei vantaggi, soprattutto in situazioni già vissute in prima persona che possono essere gestite meglio, soprattutto in termini di indicazioni costruttive. Certo, devo crescere, ma questo non mi fa assolutamente paura".
In bocca al lupo per il suo futuro.
"Crepi".
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