Fenomeno Bacca: ecco le 5 cose che non sapete su di lui
Carlos Bacca, attaccante del Milan (credits: GETTY images)
Carlos Bacca adesso è una stella del calcio italiano e mondiale, ma c'è molto altro da scoprire sulla vita dell'attaccante rossonero...
Mariano Messinese
IL BOMBER ROSSONERO
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Esaltato, sbattuto in panchina e infine osannato come il salvatore della patria. Non c'è dubbio: questo inizio di campionato di Bacca somiglia tanto alle montagne russe. Non lineare e non scontato. Proprio come la sua vita. Dopotutto Carlos Bacca è nato in Colombia, la terra del realismo magico, dove la realtà è cosi incantata da sembrare inverosimile. Non a caso i primi 30 anni di Carlitos Bacca sembrano spuntare fuori da un libro di Gabriel Garcia Marquez, il maestro di questo filone letterario. Questo è quindi il “romanzo di formazione"del centravanti rossonero che racconta come il piccolo Carlos sia diventato il top player Bacca.
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LA PARRUCCA
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In Colombia, ma anche in tutta l'America Latina, le carte di identità e i nomi di battesimo contano relativamente. Ciò che favorisce il riconoscimento della persona è il suo soprannome. Quello di Bacca era ed è “El Peluca”, ovvero la parrucca. E' stato lo stesso Bacca a spiegare il motivo: “Da bambino avevo la testa piena di capelli. Se dicevi Carlos al mio paese nessuno mi conosceva. Se dicevi El Peluca tutti sapevano che ero io. Ora se dici Carlos Bacca, beh, mi conoscono...".
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IL BUS
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Bacca è nato e vissuto a Puerto Colombia, un villaggio che somiglia tanto a Macondo: lì la vita scorre lenta e con pochi soldi. Per arrotondare, da bambino, El Peluca aiutava suo padre come garzone al mercato del pesce. Poi ha lavorato come controllore dei biglietti sui bus cittadini. All'epoca doveva marcare stretto i portoghesi. Oggi, per la legge del contrappasso, il suo compito è quello di eludere i controlli dei difensori avversari.
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LA MATEMATICA
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Durante tutta l'adolescenza Bacca ha condotto una vita lontano dai riflettori. Normale, ma non semplice. Per esempio ha potuto frequentare la scuola solo fino a 17 anni, grazie a una borsa di studio. Le sue materie preferite: quelle scientifiche, soprattutto la matematica. Poi fu costretto ad abbandonare il collegio in cui studiava e fare ritorno a casa per trovarsi un lavoro. In quel periodo il calcio era solo un sogno, anzi una passione. Infatti, terminato il turno sui bus cittadini, Bacca indossava pantaloncini e maglietta e correva al campo ad allenarsi. Fino al 2009 il colombiano giocava nelle serie minori e le porte del calcio professionistico sembravano chiuse, sbarrate a doppia mandata. Mai disperare, però: nella terra del realismo magico tutto è possibile.
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IL PROVINO
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Nel 2009 Bacca riceve una chiamata inaspettata : il club Junior de Barranquilla, la sua squadra del cuore, lo convoca per un provino. Non è ancora la svolta. L'evento che cambia la vita del centravanti avviene durante una partita, proprio come nella migliore tradizione della letteratura calcistica. E' il match di esordio di Bacca, nella massima serie nazionale: manca mezz'ora al termine e la sua squadra sta pareggiando 0-0 contro il Deportivo Pasto. El Profe Comesaña, tecnico del Junior, lo manda in campo. Bacca non tradisce: doppietta e vittoria. Non si fermerà più e quando si trasferirà al Club Brugge, lascerà in eredità al Junior de Barranquilla 73 reti in 130 presenze complessive. Numeri da record.
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LA RELIGIONE
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Persino Google maps si arrende: la distanza tra Puerto Colombia e Milano non è stimabile in chilometri. La soluzione più semplice è l'aereo. Ma Bacca non ha viaggiato sempre in business class. Anzi, il percorso è stato accidentato: salite, curve e sterrato come in un tappone di montagna al Tour. Eppure, alla fine ce l'ha fatta. El Peluca è arrivato in alto. Per questo, dopo un gol, non smette mai di ringraziare chi gli è stato accanto durante questo cammino in salita:”Credo in Dio e lo amo con tutto il mio cuore. Lui mi ha dato le qualità per giocare a calcio e per questo ogni volta che segno alzo le braccia al cielo. Quando iniziai la mia carriera, ho avuto qualche incidente che poteva farmi smettere di giocare. Ho commesso gravi errori. Dio, però, mi ha mostrato la strada. Mi è costato tanto arrivare fin qui, ma ne è valsa la pena. Ho lottato sempre per essere un buon calciatore”.