Zlatan. Un nome, una garanzia. La storia di Ibrahimovic è scritta su una trama aspra e spigolosa, proprio come lui. Sin da piccolo, quel bambino nasone, è scisso in un’identità meticcia: padre bosniaco e madre croata. Ibra, però, è cresciuto in un sobborgo svedese; ed è qui, in Svezia, in un profluvio di difficoltà, dove si è forgiato il carattere leggendario di Zlatan. Irriverente, zero regole e lezioni morali. Egocentrico fino al midollo, fuori e dentro il campo. La sua è un’infanzia scandita dal dolore e dal disagio. Ibra, messo all’angolo, ha iniziato a prendere a calci la vita per farsi strada, per diventare Zlatan Ibrahimovic. Ed ecco Ibra, con la sua antipatica simpatia. Ma dall’originario dolore è fiorita anche tanta bellezza. Un dio per alcuni, un mercenario per altri. Sono tante le maglie indossate, e baciate, da Zlatan: Malmo, Ajax, Juventus, Inter, Barcellona, Milan e Paris Saint-Germain.
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Ibrahimovic segna, litiga e non esclude nulla: il Milan sogna
Ma attenzione: tutti lo amano, nessuno lo ripudia. E a Parigi, ora, è il miglior Ibrahimovic di sempre, parola di Zlatan. Anche a 34 anni, anche senza Pallone d’Oro. . Lo svedese l’ha fatto capire ieri contro il Chelsea: autore di un assist e di un gol che manda in paradiso i 'Bleus' parigini. "Non segna in Europa, non è decisivo", è solo un vecchio ritornello, frusto e fuori moda. E poi, Ibra, l’ha capito: lui è un genio, uno dei più grandi di sempre. Esatto, anche senza prendere per le orecchie la Champions League. Ma ora, nel 2016, se la merita, sarebbe un premio alla carriera; un Oscar, che anche Di Caprio, alla fine, ha vinto.
Insomma, che sia coppa o meno, lo svedese deciderà il suo futuro solo dopo gli europei. Il contratto con il PSG scadrà fra due mesi, e anche ieri, Ibra, lo ha ribadito: “. Deciderò quello che è meglio per me e per la mia famiglia. Premier? Mi piace l'atmosfera inglese". Certo, a conti fatti, . Per questo la vittoria della Champions risulterebbe decisiva per il prosieguo della carriera di Zlatan. Se l’alzasse con il PSG, allora gli obiettivi di Ibra cambierebbero: allo svedese, infatti, in caso di vittoria, rimarrebbe poco da chiedere, avendo vinto tutto. E chissà, anche il Milan, a quel punto, sognerebbe il ritorno a Milanello del suo amato numero 11.
La coppa dalle grandi orecchie, Ibra, non l’ha mai vinta, ma la insegue da sempre. E se, anche quest’anno, dovesse rimandare l’appuntamento? Nessun problema, "Quando ero più giovane la Champions League era un'ossessione, ora non lo è più". Esatto, nessun dramma. Ibra è maturato, è perfetto. Si, perfetto, anche per la causa rossonera. Ora: Ibra, al Milan, scenderebbe di categoria, questo è lapalissiano. Si ridurrebbe l’ingaggio e, quasi certamente, non giocherebbe nell’Europa che conta. Non solo: e sborsare tanti soldi. Ma, ora come ora, i rossoneri non sono di certo tra i club più solvibili sulla piazza.
Mai dire mai. Il primo amore, infatti, non si scorda, specie quando coincide con l’ultimo. Ed è noto: Il Milan è l’unica squadra da cui Ibrahimovic non si sarebbe mai separato. Parole dello stesso svedese: "Fosse stato per me non avrei mai lasciato il Milan, la migliore società per cui io abbia mai giocato", e di società blasonate Ibrahimovic ne ha girate, eccome. Anche se, tra Ibra e il Milan, c’è di mezzo una forte scottatura. Il loro è stato un addio bruciante, improvviso. Ma il Milan ci spera ancora, magari in virtù di possibili nuovi e ricchi investitori. La mancanza di ambizione, in casa Milan, preoccupa. Per questo, in Via Aldo Rossi dovranno capire: non tutti i grandi acquisti sono cattivi acquisti. Con Ibrahimovic il Milan ha vinto e fatto soldi. E i tifosi si sono divertiti. Proprio come si divertono oggi a Madrid con CR7 e Bale, a Barcellona con Suarez e Neymar, e a Monaco con Robben e Lewandowski.
Si, bisogna investire. E Ibra, anche a 34 anni, sarebbe un’assoluta garanzia. Perché Zlatan è un numero uno. Un numero primo, mischiato nell’infinità di tutti i numeri naturali, ma un passo in là rispetto a tutti gli altri.
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