La risposta di Paolo Maldini sembra essere definitiva ed è negativa. È un vero peccato, scrive il Corriere dello Sport, che abbia rifiutato di diventare il direttore tecnico del nuovo Milan cinese. Ovvio, la possibilità in futuro c'è ancora, ma per ora non è ancora arrivato il momento di rivedere Maldini in rossonero. Il peccato è quasi mortale: Maldini è Maldini, una bandiera di quelle vere, una delle poche in questo calcio. Maldini è sinonimo universale di classe, eleganza, stile e correttezza. Silvio Berlusconi diceva, mentre gli brillavano gli occhi, che Paolo incarna il vero spirito del Milan. Per questo, nessuno meglio di Maldini potrebbe recitare un ruolo così importante nell'anno uno dell'era post berlusconiana.
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Maldini, che errore il no al Milan
A Milano dicono "Ofelè fa el to mestè", ovvero "pasticciere fai il tuo mestiere", a chi si improvvisa esperto in un campo che non è il suo. Perfino Rumenigge, prime di diventare il signor Bayern, ha lavorato in Sabener Strasse, ricoprendo gli stessi ruoli proposti a Maldini e maturando così esperienza nei vari settori. Se da grande Paolo vuole fare l'Adriano Galliani ne ha piena facoltà: proprio per questo potrebbe risultare molto proficua la gestione della Formula Tre (mai numero fu più azzeccato) che ha intesta Marco Fassone. Nel nuovo Milan Maldini non dovrebbe fare il Galliani, ma il Maldini. Le sue competenze sarebbero suddivise fra l'area tecnica, il settore giovanile, il mercato, la rappresentanza politica del club, la cura del rapporto tra squadra e società. Sarebbe un punto di riferimento assoluto.
Da chiarire c'è che il problema non è, non è mai stato e non sarà mai una questione di denaro. Quello è solo l'ultimo dei problemi, se lo si vuole considerare un problema. Maldini reclama chiarezza e autonomia decisionale, timoroso di trasformarsi nel parafulmine del nuovo corso, se le cose non dovessero andare per il verso giusto. I tifosi vorrebbero solo rivedere il loro Capitano in società.
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