Cinque anni sono tanti, in cinque anni cambiano tante cose. Il grande Milan, campione d'Italia con Zlatan Ibrahimovic, che il 5 agosto 2011 conquistava la Supercoppa Italiana annichilendo l'Inter è piano piano scomparso. Anzi, in realtà neanche tanto piano. È bastato un anno per vedere andar via tutta la vecchia guardia, con l'aggiunta di Ibra e Thiago Silva. Era la fine di un ciclo, la fine di un Milan che per dieci anni ha fatto scuola in Italia, in Europa e nel Mondo. Quel ciclo si è chiuso con la vittoria della Supercoppa Italiana.
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Milan, ora puoi davvero aprire un ciclo
Ora, dopo cinque anni, un gruppo di ragazzini guidati da un giovane allenatore, riporta il Milan a trionfare. Da Pechino ci si sposta a Doha, ma il trofeo che capitan Riccardo Montolivo alza al cielo con l'ausilio di Ignazio Abate è ancora una volta proprio una Supercoppa Italiana. Quasi come se il destino avesse voluto indicare in modo chiarissimo il collegamento: a maggio in finale di Coppa Italia è arrivata una sconfitta, il destino ha voluto che si tornasse a vincere in Supercoppa.
Si riparte, dunque. Ma si riparte davvero? Oppure tutte queste belle parole, tutti questi elogi e tutte questi collegamenti poetici lasceranno il tempo che trovano? È facilissimo che ciò accada. Di squadre che vincono questi trofei e poi non alzano più coppe ne è pieno. A far sorridere il Milan, però, sono le basi. È il modo in cui è arrivata questa coppa. È il fatto che se al momento si legge la formazione, ancora nessuno ci vede dei grandi campioni. Eppure questi non-campioni hanno vinto, meritatamente, contro una squadra costruita per dominare contro le più grandi forze europee.
Cosa significa tutto ciò? Significa che a differenza di un Napoli, che pure due anni fa ha vinto la Supercoppa contro la Juve, che era costruito per poter già competere con i bianconeri, ma non ne è stato capace se non in quell'occasione, questo Milan ha ottenuto un successo insperato, con un gruppo giovane e che può crescere ancora. Così in prospettiva futura possono crescere le proporzioni dei trionfi. Perché Gianluigi Donnarumma, Alessio Romagnoli, Manuel Locatelli, Suso, M'Baye Niang e tanti altri sono tutti ragazzini che vanno dai 23 ai 17 anni. Tutti titolari, tutti di grandi prospettive. Nessuno, però, già considerato un campione. Eppure si sono imposti già ora contro un'armata composta da giocatori plurititolati.
E allora cosa succederà tra qualche anno? Se il Milan sarà bravo a far crescere questi giovani, se loro saranno bravi a lavorare, il Milan potrà tornare a vincere competizioni ancora più importanti in meno tempo di quanto si possa immaginare. Si può aprire un nuovo ciclo. Anche perché alla guida di questo gruppo c'è un allenatore proporzionalmente altrettanto giovane, ma già molto intelligente, sapiente, cosciente. Vincenzo Montella ieri ha dato la sensazione di sapere esattamente cosa ha in mano e di sapere che questo è un piccolo tesoretto, ma con potenziali enormi. E lui sembra sappia esattamente come farli fruttare.
Ciò che può far sorridere i tifosi rossoneri, insomma, è che questo è un gruppo giovane, ma già molto capace. Perché senza una carta d'identità davanti, nessuno direbbe mai che Donnarumma ha 17 anni, che Romagnoli ne ha 21 e che Locatelli ne ha 18. Giocano già come dei veterani, ma hanno la fame dei ragazzini. Il Milan è una squadra già capace di far bene, ma che può durare, con questa base, almeno altri sei-sette anni. Base che è destinata, tra l'altro, a migliorare ancora. Il futuro è roseo, con tendenze al rosso e magari qualche sfumatura nera.
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