Almeno l’atteggiamento. No, nemmeno quello. Questo Milan ha tradito Brocchi, e soprattutto se stesso. Il gioco auspicato da Silvio Berlusconi non c’è stato, anzi. Nei primi venti minuti, Montolivo e compagni, contro il Verona, non hanno apparecchiato alcuna palla giocabile per le punte. Brocchi ha provato a spronare i suoi ragazzi, cambiando anche il sistema: passando a quattro giocatori offensivi, rinunciando al 4-3-1-2 presidenziale.
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Milan, trequartista no grazie. Berlusconi ancora sconfitto
Ma la squadra a poco a poco si è spenta. Il Verona è uscito e ha alzato il volume, trovando il muro Donnarumma, in formato azzurro nazionale, come ultimo baluardo rossonero. Brocchi lo sa: c’è poco tempo. A Verona, però, l’ex tecnico della primavera del Milan è sembrato da solo contro tutti: contro il tempo, la sorte, e un gruppo che, a suo malgrado, lo sta lasciando indietro. L’atteggiamento, la cattiveria agonistica, dove sono finite?
Il suo predecessore aveva messo in guardia il buon Brocchi: Mihajloivic, dopo sole sette giornate, mollò il trequartista, accontentandosi di un più coperto 4-4-2. Si, ignorando i consigli di un certo Silvio Berlusconi. La parola trequartista, ultimamente, fa bella coppia con la parola presidente. L’approccio di Cristian Brocchi, infatti, è sembrato troppo accomodante nei confronti delle preferenze societarie. Oltretutto, nel Milan, non c’è nessun degno interprete per il delicato ruolo del trequartista. Bonaventura le prestazioni migliore le ha offerte da ala. Honda ha sempre giocato sulla fascia destra, anche nel Giappone di Zaccheroni. Menez, poi, non è un trequartista, come nessun altro nel Milan.
Con il trequartista bisogna sapersi difendere. Non per niente, ieri contro il Verona, il migliore in campo è stato Donnarumma. Mihajlovic magari è stato lento a trovare la quadratura della squadra, ma alla fine ci aveva preso. Può essere cacciato un allenatore che non batte la Juventus perché dall’altra parte c’è San.Buffon?.
Dopo tre partite, la conferma di Brocchi sulla panchina è quasi utopia. Ma la colpa non è sua, ma di chi lo ha voluto a tutti i costi, in un momento così difficile e caricandolo di responsabilità. Con 13 ore di lavoro poteva fare di più? No. Poteva dare un gioco in così poco tempo? No. Poteva rianimare in poche giornate una squadra in coma piatto da anni? No
Ora, il Milan non è il Palermo: per questo non cambierà nuovamente guida tecnica. Quelle che serve, obbiettivamente, sono uomini in grado di portare in dote qualità, tanta qualità. Casa Milan è un palazzo fatiscente, da ristrutturare.
Brocchi, sia chiaro, non è il colpevole. Colpevole, invece, sarebbe la volontà di non imparare dagli errori. Il Milan, come la Juventus, era ( e lo è ancora) abituato a pensare in grande. Ma è la mancanza di ambizione che preoccupa. Il Milan è in terapia intensiva finanziaria, per questo Berlusconi vuole vendere ai cinesi: e questo è normale. Però, caro Sig.Berlusconi, si ricordi: per guadagnare bisogna si ridurre i costi; ma anche investire. In fondo, fino a qualche anno fa, l’ex premier sapeva fare l’imprenditore calcistico; anche molto bene.
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