Il Milan vive una situazione alquanto particolare. Dopo cinque anni i rossoneri sono tornati a trionfare, aggiudicandosi di nuovo una Supercoppa Italiana, dimostrando di non risentire della situazione totalmente diversa che c'è fuori dal campo: il club è attualmente spaccato a metà. Tutte le decisioni devono passare da due teste, scrive la Repubblica, e se non c'è accordo non si fa nulla. Il rischio è soprattutto sul mercato, dove il Milan potrebbe restare praticamente fermo.
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Milan vincente e unito in campo, confuso e diviso fuori
Situazione legata, ovviamente, al mancato closing che doveva essere il 13 dicembre, ma che sarà il 3 marzo. Fino a quel momento la gestione del Milan sarà condivisa. Qualsiasi decisione incida sul piano finanziario deve passare dall'approvazione di Sino-Europe Sports. Il motivo è che tutte le spese fatte in questo periodo saranno pagate dalla cordata non appena prenderà in mano il club, che però per ora resta nelle mani di Adriano Galliani e Barbara Berlusconi.
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Le idee, però, sono abbastanza diverse. Sul mercato, per esempio, il Milan di Silvio Berlusconi vorrebbe continuare a puntare sui giovani italiani, ma i cinesi non ne sono convinti. Eppure questo progetto, partito da lontano, sta portando ottimi frutti. Questa squadra è giovane e italiana e ha già vinto un trofeo, facendo molto bene in campionato.
Come detto, però, secondo i cinesi è meglio puntare ad altro: per far crescere il marchio Milan servono i campioni. Ecco perché è arrivato un secco no per Riccardo Orsolini e non sembravano entusiasti neanche dei giovani dell'Atalanta. Sino-Europe avrebbe anche potuto anticipare i soldi per raggiungere i grandi campioni individuati, ma poi la trattativa l'avrebbe dovuta gestire Galliani e non Marco Fassone e Massimiliano Mirabelli, dirigenti designati per il post-closing. Il mercato, dunque, sarà soprattutto in uscita.
Per i grandi colpi tutto rinviato all'estate, sempre che almeno il 3 marzo si raggiunga il closing. L'incognita maggiore è il governo di Pechino. Sono state approvate disposizioni molto restrittive per gli investimenti di capitali all'estero. Si vuole provare a limitare l'espatrio di capitali. Il governo, dunque, nel caso di Sino-Europe vuole accertarsi che una volta usciti i capitali non diventino fuori controllo.
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