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André Silva: “È un bene che Montella sia esigente”

André Silva durante AEK Atene-Milan, foto @acmilan
Lunga intervista rilasciata da André Silva, in cui ha affrontato diverse tematiche: dall'arrivo al Milan al suo rapporto con il mister.

Stefano Bressi

Un avvio di stagione altalenante, con molti gol in Europa League e nessuno in campionato. André Silva è stato il secondo giocatore più pagato sul mercato la scorsa estate dal Milan e i rossoneri credono molto in lui. Per ora, Vincenzo Montella lo usa con il contagocce, ma pian piano il numero 9 sta trovando sempre più spazio e i tifosi lo acclamano per ciò che di buono ha messo in mostra. Oggi ha rilasciato una lunga intervista a Record, in cui ha affrontato diversi temi. Eccone una parte.

Se quando è arrivato in Italia era il più bello: "Dopo aver provato il parrucchiere qua in Italia probabilmente sto peggio... Penso che il mister scherzasse quando l'ha detto, ma si concentra anche su altro. Ora sono preoccupato per segnare. Devo migliorare il mio tiro".

Su Montella esigente: "Tutti gli allenatori che ho avuto sono stati esigenti con me, penso sia un buon segno. Vuol dire che si preoccupano di me. Sarei più preoccupato se non mi dicessero mai niente".

Sulle differenze nel lavoro: "Qui c'è molto lavoro fisico, ma non è niente a cui non sono abituato. Perchè ho sempre fatto lavoro fisico. Per quanto riguarda il calcio, penso di avere meno spazio quando ho la palla. Le squadre sono molto corte e attaccano e difendono in undici. In Portogallo quando avevo palla mi veniva incontro solo un giocatore e potevo superarlo. Qui in Italia ne arrivano tanti ed è più difficile".

Sulla differenza di gol tra Serie A e Europa League: "È questione di opportunità. Fin dall'inizio mi sono sentito più importante e più utilizzato in Europa League. In Serie A non ho avuto molte opportunità. È questa l'unica spiegazione".

Meglio segnare o giocare bene: "L'essenza di un attaccante è fare gol, perciò è ovvio che tengo molto al numero di gol. Cerco di conciliare le due cose: segnare e giocar bene. Questo è ciò che mi dà più soddisfazione".

I primi tempi a Milano: "Sono stato accolto bene dai tifosi, dai colleghi e dallo staff della dirigenza. Mi hanno accolto a braccia aperte, cercano di tenermi al passo con il calcio italiano e sono riusciti a fare le cose per bene. Ammetto che le cose non sono andate subito come avrei voluto, perchè avrei preferito giocare la prima partita da titolare in Serie A, ma l'allenatore mi ha detto che non ero ancora pronto".

Se fuori dal campo è stato difficile: "È stato un po' diverso. Vengo da Oporto, la mia città, dove sono cresciuto e dove c'è la mia famiglia. Sono abituato alle persone che mi circondano. Qui è un'altra cosa avere a che fare con il calcio italiano. Ho avuto meno tempo fuori dal calcio".

Quante ore lavora al giorno: "Il centro di allenamento è lontano... Ritengo ci siano molte altre tappe: a volte abbiamo pranzato insieme per rafforzare la chimica della squadra e abbiamo finito per stare molto tempo insieme e poco con la famiglia".

Se vuole essere un'icona: "Sento che molte persone mi seguono e credono nel mio cammino, in quello che ho fatto e che ho un futuro importante. Continuo a lavorare per dimostrare che possono contare su di me, ringrazio per il supporto".

Sull'assenza di tatuaggi: "È un fatto anormale. Devo ringraziare i miei genitori per questo. Sono orgoglioso di non averne e di non volerne".

Su Milano: "Non sono uscito molto, quindi non ho avuto modo di conoscerla".

Sui tanti soldi a disposizione: "Sono cresciuto in una famiglia che mi è sempre stata vicina, con i miei amici e le influenze che ho avuto. Devo ringraziare ancora i miei genitori. Sono quelli che mi hanno fatto pensare così come penso ora".

Se era un buono studente: "Mi piace pensare di sì..."

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