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Borini: “Il ritorno al Milan è stato molto positivo. Sulla mia esultanza…”

Fabio Borini Milan
Fabio Borini, attaccante rossonero, ha rilasciato un'intervista alla rivista "Forza Milan" in cui ha svelato alcune curiosità relative alla sua carriera

Salvatore Cantone

Fabio Borini, ha rilasciato una lunga intervista alla rivista "Forza Milan!". Ecco le sue dichiarazioni:

Quando hai capito che il calcio sarebbe diventata la tua professione?

"Quando sono andato al Chelsea, perché ho dovuto lasciare la famiglia e gli studi. La scuola che frequentavo non esisteva in Inghilterra, per cui non potevo continuare e abbandonandola ho capito che la mia vita cambiava".

Quali sono state le difficoltà iniziali?

"Dopo tre mesi ho avuto la crisi che mi avevano anticipato i dirigenti del Chelsea. Avevo la malinconia, la nostalgia di casa aveva preso il sopravvento. Ma i miei genitori mi hanno spinto a continuare ed è stata la scelta giusta".

Alla vita inglese ti sei adattato perfettamente.

"Si, vivo da inglese! Mia moglie è inglese e in casa parliamo la sua lingua, anche quando sono fuori mi viene da parlare più in inglese. Nei modi di fare loro sono più cortesi, c'è sempre il grazie e il per favore in ogni frase".

Come descriveresti il tuo ritorno in Italia?

"Molto positivo sul piano professionale. Al Milan c'è tanta attenzione a quello che si fa, si coprono molti aspetti oltre a quello calcistico. Per me è stato come ricominciare: nuova società, nuove idee, un cambiamento di abitudini che richiederà un po' di tempo ma cercherò di imparare velocemente".

Trovi cambiato il calcio italiano rispetto a quando l'hai lasciato per l'ultima volta, cinque anni fa?

"In Italia ho giocato troppo poco, mi è difficile esprimere un giudizio. In questi anni il ritmo del calcio inglese si è alzato molto e adesso, tornato indietro, ho l'impressione che in Italia si giochi un calcio più ragionato. Dovrò adattarmi anche a quello".

Ti hanno cambiato il ruolo col tempo, però ti è rimasto dentro quel fuoco sacro, quella rabbia agonistica che manifesti dopo ogni gol.

"Il fuoco sacro di cui parli è nato al Chelsea, durante un periodo un po' difficile. Ero sotto contratto, ma ero finito ai margini della squadra. Da lì è iniziata l'esultanza simulando un coltello tra i denti, per dimostrare alla società che comunque non avrei mai mollato".

Se non fossi riuscito a diventare professionista, che cosa avresti voluto fare?

"Sarei tornato a scuola, l'indirizzo che avevo scelto era quello giusto. Col tempo ho capito che il mondo immobiliare e l'architettura mi piacciono molto, ho acquistato alcune proprietà che ho arredato personalmente. Se dovessi immaginarmi un'altra vita, sceglierei quel settore".

Tre cose che porteresti su un'isola deserta, oltre a tua moglie.

"Un pallone, la nonna e gli gnocchi dolci che prepara".

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