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Borini: “Il ritorno al Milan è stato molto positivo. Sulla mia esultanza…”

Salvatore Cantone

Fabio Borini, attaccante rossonero, ha rilasciato un'intervista alla rivista "Forza Milan" in cui ha svelato alcune curiosità relative alla sua carriera
02:57 min

Fabio Borini, ha rilasciato una lunga intervista alla rivista "Forza Milan!". Ecco le sue dichiarazioni:

Quando hai capito che il calcio sarebbe diventata la tua professione?

"Quando sono andato al Chelsea, perché ho dovuto lasciare la famiglia e gli studi. La scuola che frequentavo non esisteva in Inghilterra, per cui non potevo continuare e abbandonandola ho capito che la mia vita cambiava".

Quali sono state le difficoltà iniziali?

"Dopo tre mesi ho avuto la crisi che mi avevano anticipato i dirigenti del Chelsea. Avevo la malinconia, la nostalgia di casa aveva preso il sopravvento. Ma i miei genitori mi hanno spinto a continuare ed è stata la scelta giusta".

Alla vita inglese ti sei adattato perfettamente.

"Si, vivo da inglese! Mia moglie è inglese e in casa parliamo la sua lingua, anche quando sono fuori mi viene da parlare più in inglese. Nei modi di fare loro sono più cortesi, c'è sempre il grazie e il per favore in ogni frase".

Come descriveresti il tuo ritorno in Italia?

"Molto positivo sul piano professionale. Al Milan c'è tanta attenzione a quello che si fa, si coprono molti aspetti oltre a quello calcistico. Per me è stato come ricominciare: nuova società, nuove idee, un cambiamento di abitudini che richiederà un po' di tempo ma cercherò di imparare velocemente".

Trovi cambiato il calcio italiano rispetto a quando l'hai lasciato per l'ultima volta, cinque anni fa?

"In Italia ho giocato troppo poco, mi è difficile esprimere un giudizio. In questi anni il ritmo del calcio inglese si è alzato molto e adesso, tornato indietro, ho l'impressione che in Italia si giochi un calcio più ragionato. Dovrò adattarmi anche a quello".

Ti hanno cambiato il ruolo col tempo, però ti è rimasto dentro quel fuoco sacro, quella rabbia agonistica che manifesti dopo ogni gol.

"Il fuoco sacro di cui parli è nato al Chelsea, durante un periodo un po' difficile. Ero sotto contratto, ma ero finito ai margini della squadra. Da lì è iniziata l'esultanza simulando un coltello tra i denti, per dimostrare alla società che comunque non avrei mai mollato".

Se non fossi riuscito a diventare professionista, che cosa avresti voluto fare?

"Sarei tornato a scuola, l'indirizzo che avevo scelto era quello giusto. Col tempo ho capito che il mondo immobiliare e l'architettura mi piacciono molto, ho acquistato alcune proprietà che ho arredato personalmente. Se dovessi immaginarmi un'altra vita, sceglierei quel settore".

Tre cose che porteresti su un'isola deserta, oltre a tua moglie.

"Un pallone, la nonna e gli gnocchi dolci che prepara".

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