L’avvento dei nuovi proprietari cinesi, formalizzato il 13 aprile e così lungamente atteso dai tifosi stanchi di campagne acquisti a base di prestiti, parametri zero e giocatori lontani dagli abituali standard rossoneri, sembrava poter dare alla squadra allenata da Vincenzo Montella la giusta serenità dopo mesi di incertezze e mancati rinvii del famigerato “closing” societario. Uno scenario di assoluta serenità, con il neo presidente Yonghong Li chiamato ad illustrare i piani economici e sportivi del Milan del futuro ed il neo AD Fassone convinto della bontà del progetto finanziario, da far decollare attraverso una campagna di rafforzamento…da Milan. Idilliache premesse che sarebbero dovute sfociare nella conquista di un posto in Europa League che pareva già in cassaforte considerando la lusinghiera stagione rossonera, partita tra mille incertezze e tuttavia sfociata nel trionfo di Doha e proseguita in un campionato nel quale l’anima dei ragazzi di Montella ha finalmente riportato il ritrovato popolo rossonero allo stadio.
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Effetto closing: Milan, perchè hai mollato?
Ma la realtà si è dimostrata ben diversa: le quattro partite di marca cinese, precisamente contro Inter, Empoli, Crotone e Roma (tre delle quali giocate a San Siro, ndr) hanno fruttato la miseria di due soli punti, strappati per giunta a fatica, e fatto crescere nei dirigenti la sensazione di un gruppo in totale disarmo. Se il derby, pareggiato con una rimonta epica ed in linea con lo spirito battagliero del Milan targato Aeroplanino, ha di fatto dato un ottimo benvenuto alla nascente società, nei successivi tre incontri i rossoneri hanno via via smarrito concentrazione e convinzione sino alla completa disfatta contro la Roma, riuscendo "nell'impresa" di far segnare ai giallorossi ben quattro reti nella San Siro rossonera dopo addirittura 82 anni. Errori di comunicazione di società e tecnico, gruppo debilitato da una stagione logorante, eccessive aspettative maturate dopo l’ottimo girone di andata sono le principali cause di questo inatteso crollo. L’entusiasmo legato al closing ed al presunto imponente budget legato al prossimo mercato ha di fatto trasformato Casa Milan in un mercato a cielo aperto con una girandola di procuratori seduti al tavolo del Ds Mirabelli e dell’AD Fassone per strappare sontuosi contratti: questa realtà, unita ai viaggi esplorativi di Montella a Montecarlo, che il tecnico ammette compiaciuto, non ha certamente fatto bene alla squadra, che ha probabilmente preso atto, anche se inconsciamente, di un ciclo giunto alla fine. Nonostante la pronta conferma del tecnico, le belle parole spese dalla dirigenza e dall’Aeroplanino sul gruppo sui valori e l’attaccamento alla maglia, i giocatori devono aver metabolizzato l’imminente rivoluzione; a ciò si aggiungano ostracismi tecnici poco giustificabili (Locatelli e Bacca troppo spesso dimenticati in panchina), i pesantissimi infortuni di Bonaventura, Abate e Romagnoli, che hanno privato la squadra degli uomini di maggior carisma, e una generale sopravvalutazione del gruppo, giunto logorato in uomini di elevato tasso tecnico come Suso, ed ecco materializzata la débacle di domenica sera.
Ciò che più fa male è tuttavia l’atteggiamento mostrato nel posticipo contro la Roma: nonostante l’intensità degli allenamenti sbandierata da Montella, i rossoneri sono apparsi svuotati, abulici, in completa balia dei giallorossi di mister Luciano Spalletti, senza alcuna idea di gioco (Donnarumma e Deulofeu a parte) e senza il carattere che la squadra ha spesso mostrato in stagione. La gara di sabato sera a Bergamo, fondamentale per il mantenimento del sesto posto, è di quelle da uomini veri: “la formazione la faranno i ragazzi, in base al furore che dimostreranno”, ha detto Montella domenica sera, aggiungendo ieri che “è necessario essere più uniti e costruttivi”. Faccia emergere l’Aeroplanino quei valori che chi veste la maglia rossonera deve avere: dia spazio a uomini che ci credono davvero per far dimenticare gli orrori di questo triste mese post-closing.
Enrico Maggioni
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