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Marco Fassone, amministratore delegato del Milan, è stato intervistato in esclusiva dal 'Guerin Sportivo'. Nella lunga intervista il manager torinese, artefice, insieme al direttore sportivo Massimiliano Mirabelli, di una campagna acquisti estiva pirotecnica, ha spaziato su vari argomenti: queste le sue dichiarazioni più interessanti.
Sulle sue precedenti esperienze con Juventus, Inter e Napoli: “Le mie esperienze professionali sono state diverse tra di loro come responsabilità, ma sono state tutte formative e interessanti. La Juve è la società più strutturata e la più aziendale. Ci sono arrivato dall’industria alimentare e soprattutto per questo non è stato traumatico entrarci. Il Napoli è un club padronale perché ha un proprietario che decide e determina, ma è stato abile a calarsi nella realtà e a dotarsi di una struttura molto snella ed efficiente. L’Inter… è l’Inter, una società che ha sempre avuto bisogno di un uomo forte in panchina, da Roberto (Mancini, n.d.r.) a Mourinho. Ha un’anima naif, come una bella donna un po’ disorganizzata, come l’ha definita Moratti. Ora ha trovato un uomo forte come Spalletti e sta andando bene. Parlare di me stesso e della mia carriera non è facile, ma sono soddisfatto delle mie esperienze. La Juve, dopo avermi dato la gestione del marketing, mi ha affidato la responsabilità dei ricavi e poi del progetto della costruzione del nuovo stadio, un qualcosa che non era mai fatto da nessuno. De Laurentiis invece è stato il primo ad a accordarmi la direzione generale di una società e quella è stata una parentesi formativa molto importante per me che non avevo mai avuto compiti nella parte sportiva. Senza il coraggio che ha avuto lui, adesso non sarei qui e senza dubbio le due stagioni al Napoli sono state fondamentali per arricchire il mio background”.
Sulla cessione dell'Inter da Moratti a Thohir: “Moratti mi ha invece chiesto di andare all’Inter nel momento in cui aveva deciso di portare avanti il processo di cessione della maggioranza e quando è arrivato Thohir alla guida del club mi ha coinvolto nel rifinanziamento del debito. La mia vita professionale insomma è stata una somma di esperienze piuttosto variegate e probabilmente tutto questo è stato fondamentale per il mio arrivo al Milan. I nuovi proprietari cinesi volevano un italiano che avesse un’esperienza trasversale ed eccomi qua”.
Sulla proprietà del Milan: “Nelle altre società dove ho lavorato in precedenza avevo sempre una “rete di protezione” perché, bene o male, c’erano altre persone che avevano l’ultima parola in un processo decisionale al quale partecipavo, ma che non determinavo io in fondo. Qui al Milan invece la proprietà demanda tutto al management e quindi il compito di decidere spetta a me. Sono di fronte a una specie di “O vinco o perdo” che però è stimolante. Sono convinto che faremo bene anche perché ho una squadra di collaboratori di comprovata esperienza e bravura”.
Sull'obiettivo Champions League del Milan: “Non andarci non sarebbe un dramma perché alla UEFA ho presentato anche dei piani che non prevedono la qualificazione alla Champions, ma avere 40 milioni di euro di fatturato in più sarebbe… positivo (sorride, n.d.r.) e ci consentirebbe di non dover pensare alla cessione di un giocatore”.
Sulla possibilità del Milan di vincere il titolo: “Juventus e Napoli sono più forti delle altre e la nostra corsa per entrare nelle prime quattro la dobbiamo fare su Roma, Inter e Lazio. Quando si inizia un nuovo progetto sono consapevole che ci vuole tempo e non si vince al primo anno, ma cercheremo di dar fastidio a tanti. Vogliamo che i nostri giocatori mettano in campo tutte le energie e il sudore possibili, che diano insomma sempre il massimo per rispettare i tifosi e la storia di questo grande club. Il prossimo anno, poi, inseriremo altri 2-3 elementi nei ruoli che l’allenatore e Mirabelli riterranno più opportuni”.
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