Perdere sul campo non è affatto positivo, ovvio. Ma al Milan in modo particolare. I risultati negativi portano una sfiducia davvero incredibile, che coinvolge prima l'allenatore, con Vincenzo Montella sempre in discussione e punzecchiato da tutti, poi la società e l'intero progetto Milan. Dai tempi del closing, dopo tutto, le perplessità non sono ancora svanite. Tra i club cinesi, scrive il Corriere della Sera, il Milan è il meno cinese di tutti. Il proprietario, Yonghong Li, dopo le difficoltà imposte dal governo di Pechino, ha dovuto affidarsi a risorse provenienti dall'estero. Compreso il famoso fondo Elliott, che ha prestato 303 milioni da restituire entro ottobre 2018. In caso il debito non venga saldato, il club passa al fondo statunitense, pronto a rivenderlo subito. Di certo non fallirebbe. Marco Fassone, però, vuole rifinanziare il debito, tramite altri istituti di credito e non con altri soci. Ci sono diverse proposte, tra cui Goldman Sachs e Fassone sta negoziando.
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Milan, le prossime mosse: rifinanziare il debito e esportare il club
L'obiettivo è ottenere in primavera un nuovo finanziamento più a lungo termine e con tassi migliori. Prima, però, ci sarà l'appuntamento di novembre con l'UEFA, a cui il Milan dovrà presentare il voluntary Agreement, ovvero il dettagliato piano di rientro dalle perdite che permetta al Milan di ottenere un condono sul deficit passato. Fassone non sembra essere scontento del settore commerciale, nonostante la rottura con Adidas a fine stagione. Per produrre le maglie future, oltre a New Balance e Under Armour ci sono altre due società in lizza, mentre i nuovi sponsor sono già sei. I ricavi da stadio, inoltre, sono già il doppio rispetto al previsto. La burocrazia ha invece un po' frenato Milan China. La società dovrebbe essere costituita la prossima settimana, entrando in vigore con sei mesi di ritardo. I responsabili del settore commerciale, inoltre, sono in Cina. I più pessimisti legano la sopravvivenza del progetto a una qualificazione in Champions League. Fassone chiarisce non sia così necessaria, ma ovviamente utile per la competitività. Insomma, bisogna vincere.
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