Maurizio Sarri come Arrigo Sacchi. Quando a far parlare è l'allenatore toscano il riferimento al maestro di calcio per eccellenza è oramai una normalità. Ad accomunarli, oltre ad un'idea di calcio totale, è forse il passato da calciatori dilettanti ed una lunga gavetta da allenatori. Se Sacchi ha scritto la storia del calcio innovando e vincendo con una squadra di "Immortali" (così venne nominato il Milan di quei tempi), Sarri, con una rosa e delle risorse decisamente inferiori rispetto all'ex tecnico di Fusignano, è riuscito ad esprimere un calcio talmente bello e maniacalmente curato che ha sopperito al gap tecnico contro le "grandi", facendo del Napoli stesso una "grande". Se la moda attualmente in voga spinge i top club a fare dei campioni-figurine il loro punto di forza, il Napoli di Sarri può fare del bel gioco la sua arma migliore.
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Sarri, non sei più un rimpianto
Detto questo, nell'estate 2015, per un Milan reduce da annate buie con Massimiliano Allegri, Clarence Seedorf e Filippo Inzaghi, la svolta poteva essere rappresentata proprio dall'ingaggio di Sarri, emerso per il gran campionato appena disputato allora con l'Empoli, nel quale ottenne la salvezza con quattro giornate d'anticipo ed espresse un calcio spumeggiante e divertente per una neopromossa. Proprio queste sue caratteristiche accostate contemporaneamente ad un possibile arrivo sulla panchina del Milan, alimentato dalle voci di mercato, avevano evocato nelle menti rossonere, e non solo, l'idea che fosse l'erede calcistico di Sacchi al Milan. Sarri però firmò per la squadra di Aurelio De Laurentiis e il Milan prese Sinisa Mihajlovic. I retroscena ci dicono che non piaceva al presidente Silvio Berlusconi soprattutto per l'aplomb: sicuramente non avrebbe potuto sfoggiare in panchina quella tuta che sempre gli vediamo addosso e l'uso di certi toni davanti ai microfoni avrebbe sicuramente creato enormi dissapori con la linea del Presidente.
Se i milanisti quindi erano destinati a piangere per il suo mancato arrivo a Milano, la musica da questa stagione con l'arrivo di Vincenzo Montella è decisamente cambiata. Nonostante le enormi critiche di inizio stagione e le perplessità, non tanto per il nuovo tecnico, ma per la rosa e la società, ad oggi anche i più scettici si sono ricreduti. Montella, per chi lo conosceva già, non ha sorpreso ma anzi ha confermato le sue enormi qualità di allenatore. Se a Catania e a Firenze era riuscito ad esprimere un calcio offensivo e spregiudicato basato sul possesso palla, a Milano ha avuto l'intelligenza e la capacità di adattarsi al materiale a disposizione ed a ottimizzarlo in base alle caratteristiche. Ad agosto, questo Milan era condannato ad un altro campionato da metà classifica ancor prima di iniziarlo secondo giornali ed avversari, con una rosa identica a quella dell'anno passato e con innesti solo di giovani come Gianluigi Donnarumma, Davide Calabria, Manuel Locatelli, Suso e Alessandro Plizzari per citare i più noti. E invece, questo Milan giovane, italiano ed un po' operario ha sorpreso tutti. Con una Supercoppa Italiana in bacheca (conquistata contro ogni pronostico), un'identità di squadra acquisita ed un'intelligenza tattica assimilate grazie a Montella, questo Milan, che non rimpiange più Sarri, è ad oggi in piena corsa per una delle due "Europe" e solo il tempo dirà quale.
Marco Baston
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