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Apoteosi ed un quartiere di poche migliaia di abitanti che, in una banale partita di calcio, ha trovato la propria identità ed il valore dello sport, soprattutto del calcio. Questa è Sutton, un piccolo borgo della Londra sud-occidentale, a circa 20 minuti dal centro della capitale inglese, dove, nella giornata di ieri, la squadra locale ha disputato un match che rimarrà indelebile negli annali del piccolo club londinese. Sì, perché il Sutton United, squadra che milita nella quinta divisione inglese (corrispondente alla prima categoria italiana, ndr) ha giocato contro i concittadini dell'Arsenal di Arsene Wenger: cosa che farebbe, di certo, impressione a tutti gli appasionati dello sport più seguito nel Bel Paese.
Per gli abitanti del regno di Sua Maestà, però, non è così perché vedere partite di questo calibro - vedi le recenti gare fra Huddersfield-Manchester City, Millwall-Leicester e Lincoln City-Burnley - ha una cadenza annuale. Questa è chiamata in patria "la magia della Conference Cup". Una realtà che, invece, in Italia è ancora un miraggio lontano anni luce per le piccole squadre di categorie inferiori. Una delle poche partite che ha regalato vere emozioni a squadre di serie minori è stata quella dello scorso anno fra il Milan di Sinisa Mihajlovic e l'Alessandria, match che fu valido per la semifinale di Coppa Italia.
Ma la domanda che salta in mente agli addetti ai lavori è "quando capiterà di nuovo una partita del genere"? La risposta è chiara: fra qualche decina di anni perché, secondo quanto fatto capire dalla Figc, l'intenzione è quella di continuare con questa tipologia di tabellone ovvero con due competizioni differenti: una dedicata alla Serie A ed alla Serie B, mentre l'altra per la Lega Pro. Ci si augura, ovviamente, che le decisioni possano cambiare nel corso degli anni perché il bello del calcio va oltre ai fattori economici ed agli incassi delle televisioni.
Certo, i risultati sarebbero scontati come è successo proprio a Gander Green Lane - i Gunners hanno vinto per 2-0 -, ma affrontare i propri idoli o dei campioni che presenziano anche in importanti competizioni internazionali, è sempre uno stimolo ed è una giusta ricompensa per il duro lavoro svolto nel corso delle stagioni, dicesi una specie di passione colta che dà i suoi frutti. Dunque, come direbbe l'ex juventino Patrice Evra, "I love this game!", io amo questo gioco! In conclusione, avremo dei ripensamenti nei piani alti della rappresentanza tecnica del calcio italiano? Ai posteri l'ardua sentenza.
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