Questa mattina Giovanni Trapattoni, ex giocatore del Milan dal 1957 al 1971, e, nel corso della sua fulgida carriera da allenatore, sulle panchine, tra le altre, di Juventus, Inter, Bayern Monaco e Nazionale Italiana, ha rilasciato un'intervista al quotidiano torinese 'La Stampa'. Qui di seguito uno stralcio delle dichiarazioni più importanti di Trapattoni:
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Trapattoni: “Milan, molte pressioni. Il valore di Bonucci non si discute”
Sul campionato di Serie A: “Dopo sei anni di dominio della Juventus c'è aria nuova. Fa bene al campionato ed all'immagine del nostro calcio. Napoli, Roma, Lazio e Inter possono puntare molto in alto”.
Sulla Juventus: “Per la Juve parla la storia. L'obbligo di vincere che hai quando lavori per quella società, quando vesti quella maglia. Quasi fosse per i giocatori una coercizione”.
Sul Napoli: “E' una novità, ha dei momenti di grande calcio. Cosa mi piace del Napoli? Maurizio Sarri. E' stato molto bravo a convincere la squadra a stare con lui, i giocatori hanno creduto nella sua idea di calcio. Il Napoli mi ha sempre incuriosito, fin da quando Corrado Ferlaino mi faceva la corte ma io stavo bene dove vincevo, a Torino e poi a Milano. Ma quel tarlo è rimasto. Ecco: Sarri è un saggio anche nel sapere che la città esige molto. E allora non me ne vogliano Juve o Inter, ma Napoli merita lo Scudetto”.
Su Sarri: “Mi rivedo in lui come carattere. Mi piace come allena e come parla”.
Su Massimiliano Allegri: “Cambia molto gli schemi. Ma deve correre il rischio di non accontentare tutti. Saprà gestire la situazione: ha qualità”.
Sul Milan: “La storia della società ha un peso, il Milan non passa mai inosservato. Le pressioni sono molte, Vincenzo Montella può aver fiutato l'aria. E poi non è sempre facile il rapporto tra un tecnico giovane e la squadra. Io il sabato sera facevo il prete, non l'allenatore: passavo nelle stanze e fino a mezzanotte spiegavo ai giocatori il perché delle mie scelte. Un po' di psicologia non è sufficiente, ma forse aiuta”.
Sulle difficoltà di Leonardo Bonucci: “Adattarsi non è semplice. Il suo valore non si discute, ma mi sembra un giocatore sensibile. Per questo ha pagato il cambio”.
Su chi vorrebbe allenare oggi: “Uno scugnizzaccio come Lorenzo Insigne, il mio preferito. E poi mi piace Andrea Belotti. Tecnicamente non è un campione, ma nei sedici metri si fa sentire. A me ricorda Paolo Rossi”.
Sulle chance di qualificazione dell'Italia ai Mondiali: “Stimo molto Gian Piero Ventura. Il consiglio che gli posso dare è di guardare il risultato e di scegliere giocatori vincenti. Non sempre lo schema ti dà certezze: anche io ero abituato in un certo modo ma quando capivano come giocava la mia Juve chiedevo a Dino Zoff di lanciare lungo nella metà campo avversaria. In questo spareggio Ventura deve pensare solo a vincere: poi avrà tempo da qui al Mondiale per i suoi schemi”.
Sul 'biscotto scandinavo' degli Europei 2004: “Brucia ancora, anche se quella squadra non avrebbe fatto molta strada. Invece, ai Mondiali 2002, senza le nefandezze dell'arbitro Byron Moreno saremmo arrivati fino in fondo”.
Sul V.A.R.: “Con gli interessi che ci sono è giusto che ci sia un giudizio extra anche se io sono ancora della vecchia scuola, tra quelli che pensano che alla fine gli errori dell'arbitro si compensano. E' come quando prendi una multa: ti arriva a casa la foto con scritto 60 km/h dove devi andare a 50. Tu non te n'eri accorto, ma davanti alla foto sei impotente. Hai torto. Ecco: il V.A.R. è come una multa con foto”.
Su Carlo Ancelotti: “Non mi aspettavo venisse licenziato dal Bayern, ma ho allenato e vinto con quel club. Li conosco: l'hanno fatto per togliere ogni alibi ai calciatori”.
Su Arrigo Sacchi: “E' come uno scultore che, da un blocco di marmo, tira fuori un capolavoro”.
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