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Yonghong Li rottama il Milan di Berlusconi in cinque mosse

Han Li, Silvio Berlusconi e Yonghong Li a Villa San Martino (Milan) foto Auro Palomba
Sono passati oltre due mesi dal closing che ha sancito il passaggio del Milan da Berlusconi a Yonghong Li, e in poco tempo sono cambiate già tante cose...

Redazione

INTRO

(di Enrico Maggioni) Sono trascorsi due mesi dal 14 aprile, giorno che ha sancito il passaggio di proprietà del Milan dalla famiglia Berlusconi alla nuova dirigenza cinese capitanata da Yonghong Li e sostenuta dal fondo americano Elliott, eppure alzi la mano chi rimpiange la gestione Galliani o solamente intraveda nelle azioni dell’AD Marco Fassone e del DS Massimiliano Mirabelli un solo briciolo di continuità con il Milan targato Fininvest. La proprietà cinese ha radicalmente tagliato i ponti con il passato pur senza rinnegare la trentennale storia gloriosa costellata di ben 31 trofei; ma l’impronta manageriale del nuovo CDA è già evidente e si è tramutata in alcune mosse che hanno sorpreso per rapidità e chiarezza di idee, a testimonianza di come il lungo periodo di tempo pre-closing sia stato proficuamente impiegato per mettere a punto importanti strategie. Vediamo le principali novità introdotte dalla gestione cinese.

 

TATTICA

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Con l’arrivo di Marco Fassone e di Massimiliano Mirabelli, duo operativo del silente boss Yonghong Li, la musica è cambiata negli atteggiamenti societari. In attesa del closingl'amministratore delegato ed il direttore sportivo hanno girato l’Europa in lungo ed in largo alla ricerca di talenti da visionare – e da contattare – per il nuovo Milan: a fari spenti, senza inutili orpelli mediatici o cene alla Galliani condite da foto con campioni e relativi procuratori, Fassone e Mirabelli hanno arricchito il loro bagaglio di conoscenze ed intavolato trattative. Il nuovo Milan è finalmente lontano dai soliti giochini cui i tifosi erano tristemente abituati negli ultimi anni: organizzazione chiara, mandati societari ben delineati, scelte inattese ma evidentemente ponderate, il Milan di Yonghong Li è lontano dagli sterili proclami berlusconiani e si affida a professionisti del settore per curare al meglio la propria immagine ed il proprio patrimonio sportivo. Si spiegano così le scelte dei nuovi responsabili cui è stata affidata la gestione di Milanello, della comunicazione, della parte medica, della squadra Primavera e così via. Una precisa scelta tattica all'insegna della trasparenza, che abbatte i dogmi del trentennio a conduzione Galliani, e che si riflette anche nelle scelte legate alla formazione. Costretti per anni a convivere con i diktat tattici presidenziali fatti di squadre spesso imbottite di trequartisti e prive di equilibrio, i responsabili tecnici rossoneri hanno ora la piena facoltà di scegliere liberamente il modulo tattico che più si addice  agli uomini a disposizione. Montella, convinto fautore del 4-3-3, ha scelto di adottare nel finale di campionato il 3-5-2 (rompendo di fatto il tabù dei quattro difensori perennemente in vigore nel trentennio berlusconiano) e lo ha fatto, pur dopo ovvio confronto con il direttore sportivo, senza costrizioni. Del resto, le dichiarazioni di Montella volte a scegliere il miglior modulo tattico in base agli uomini a disposizione, certifica la libertà di pensiero finalmente in voga a Milanello.

 

UOMINI DEL PRESIDENTE

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Yonghong Li e Li Han, rispettivamente Presidente e vice del Milan cinese, hanno già dimostrato di non amare i riflettori. Impegnati dapprima nella spasmodica ricerca di fondi per l’acquisizione del pacchetto azionario milanista e ora nell'aggregazione di capitali cinesi che possano a breve riscattare il debito contratto con il fondo Elliott, i proprietari rossoneri hanno eletto un CDA pienamente legittimo ed affidato a Marco Fassone e Massimiliano Mirabelli la gestione tecnica. Venuta meno, nell'ultimo Milan berlusconiano, la gestione collegiale della parte tecnica, affidata a Adriano Galliani, costretto ad operare quasi in solitudine e privato di affidabili competenze tecniche (Braida, ndr) e capitali, il Milan cinese crede fermamente nel lavoro di squadra e si affida a manager di comprovata esperienza. Profondo conoscitore di strategie societarie, e perfettamente a conoscenza dei complessi meccanismi del mondo del calcio, considerate le importanti esperienze maturate con Juventus, Napoli ed Inter, Marco Fassone si occupa della parte tecnica ma deve al contempo sviluppare soluzioni di marketing che possano valorizzare il brand rossonero ad aumentare i ricavi. Uomo di relazione, chiamato nell'ardua impresa di convincere a settembre l’Uefa ad accettare i termini del Voluntary Agreement che certifica i piani di sviluppo rossoneri per la riduzione del debito, Fassone ha da subito voluto con sé il fidato Mirabelli, talent scout dal passato interista ma di comprovato talento. Mirabelli ha dal canto suo iniziato un concreto ed assiduo lavoro di scout, setacciando i campi di tutto il mondo per scovare talenti e cercando da subito la condivisione di Vincenzo Montella, chiamato ad esprimersi circa i progetti tecnici in corso, contrariamente agli usi berlusconiani, a garanzia della stima riposta nel tecnico campano. La sintonia pressoché totale tra Fassone e Mirabelli è  significato di garanzia per i tifosi rossoneri. Legittimati ad operare in nome e per conto del Presidente, i dirigenti rossoneri si muovono con serietà ed astuzia per garantire al Milan un futuro roseo.

MERCATO

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Con l’arrivo della proprietà cinese il mercato ha subito una rivoluzione: abituati ai parametri zero o ai colpi last minute (a budget ridotto) di Adriano Galliani, i tifosi rossoneri assaporano ora operazioni di rilievo a cifre considerevoli . La proprietà cinese si sta muovendo da aprile con i continui viaggi di Marco Fassone e Massimiliano Mirabelli i quali in soli 15 giorni hanno ufficializzato 4 acquisti: il difensore argentino Mateo Musacchio (seguito dai rossoneri dalla scorsa estate), l’esterno elvetico Ricardo Rodriguez, l’eclettico centrocampista Franck Kessié e il giovane e talentuoso attaccante portoghese André Silva. In attesa di ulteriori probabili arrivi, il Milan cinese per il momento non è riuscito a trattenere Gianlugi Donnarumma che ha rifiutato un rinnovo milionario facendo una scelta folle per molti tifosi. Il Milan di Berlusconi negli ultimi anni si era invece contraddistinto per il mercato a zero spese, spesso percorrendo l’ asse Milan-Genoa: sebbene questo tipo di mercato abbia portato a Milano alcuni giocatori interessanti, la costante assenza di denaro e la mancanza di pianificazione hanno esasperato pubblico e critica. Solo nel 2015 il Milan di Berlusconi  ha cambiato “stile”spendendo ben 90 milioni: degli acquisti fatti l’unico vero investimento si è rivelato tuttavia essere Alessio Romagnoli, mentre gli altri giocatori hanno fruttato  solamente grandi minusvalenze. Bisognerà dare tempo al nuovo Milan che intanto ha stupito tutti i tifosi per la serietà e per la fermezza  mostrata nella gestione del caso situazione Donnarumma; Fassone e Mirabelli stanno svolgendo un lavoro encomiabile e hanno già guadagnato rispetto e stima. L’auspicio di tutti i tifosi rossoneri è che ora il Milan, che finalmente fa mercato con passione ed alla luce del sole ricevendo agenti e giocatori a Casa Milan, torni presto dove meriti.

 

LOOK

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 La rottamazione del Milan berlusconiano passa anche attraverso una netta rivisitazione del look. In occasione dell’ultima gara interna del campionato appena concluso e culminata con la conquista di un posto in Europa, i rossoneri hanno sfoggiato la nuova casacca per la stagione 2017-18. Tradizionale con strisce rossonere verticali e equamente distanziate, la maglia indossata dal Milan torna alla versione più classica della storica casacca milanista ed archivia definitivamente alcune divise stravaganti mostrate negli ultimi anni e distanti dalla tradizione rossonera. Un Milan più vicino alle proprie radici, che non rinnega il recente passato ma che chiaramente manifesta una propria personalità e riscopre, grazie alla nuova maglia, valori importanti che appartengono all’era pre-Berlusconi. Ma il cambio di look non si limita al mutamento delladivisa sociale: il Milan a tinte cinesi si riveste del proprio glorioso passato e, per facilitare l’assorbimenti dei valori rossoneri di impegno e serietà da parte dei nuovi arrivati, affida il delicato ruolo di Team Manager al passionale Christian Abbiati, milanista doc, esempio di dedizione e fedeltà ai i colori rossoneri e affida la crescita dei giovani del vivaio al focoso Rino Gattuso, da sempre idolo dei tifosi per passione e grinta mostrati in campo.Una scelta in netta controtendenza: nel Milan di Berlusconi e Galliani c’è stato sempre poco spazio per le  glorie rossonere, evidentemente troppo pensanti e troppo poco accondiscendenti per poter entrare nella stanza dei bottoni milanista con pieno diritto di parola. Una chiara presa di posizione, volta a restituire il Milan ai milanisti veri: scelta di immagine ma anche di sostanza, che affida ruoli importanti a uomini seri, poco propensi a perdersi in chiacchiere con la stampa ma dediti anima e corpo al nuovo Milan da riportare ai vertici del calcio italiano ed europeo.

COMUNICAZIONE

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Lo stile del nuovo Milan sembra molto diverso dalla precedente gestione a marchio Fininvest. Oramai svuotato dei propri poteri decisionali, il presidente Silvio Berlusconi esternava stancamente sul modulo tattico dei tecnici, delegando la conduzione tecnica ad Adriano Galliani e mostrandosi poco incisivo nel rintuzzare gli attacchi che spesso arrivavano da Fininvest circa gli eccessivi costi del giocattolo Milan. Di ben altri toni i primi due mesi della gestione cinese; seppur appesantiti da una trattativa pre-closing troppo lunga, tanto da suscitare sospetti e ironie, Yonghong Li ed il suo team si sono presentati con modestia ma con le idee chiare, consci delle difficoltà e della gravosità dell’impegno economico ma certi delle possibilità di aumentare i ricavi attingendo a mercati poco noti. Accreditatosi come uomo di marketing ma anche di campo, l’ AD Marco Fassone, coadiuvato dal DS Mirabelli, ha mantenuto profilo basso ma timone ben saldo, occupandosi di rivoluzionare l’assetto societario e mettendo gli uomini di sua fiducia al centro del progetto. Senza proclami, cene di gala e privo di …amori che ritornano, tipici di Galliani, Fassone ha lavorato con solerzia e sobrietà occupandosi innanzitutto di portare al Milan un professionista come Fabio Guadagnini, nominato il 20 aprile scorso responsabile della comunicazione rossonera, ed occupandosi subito dopo dei piani di rafforzamento della squadra. Ingaggiati nel giro di pochi giorni campioni affermati e giovani prospetti di sicuro interesse, e gestito rapidamente e brillantemente il rinnovo contrattuale di mister Montella, Fassone e Mirabelli hanno affidato a Facebook, con una nuova e accattivante strategia comunicativa, i momenti delle firme. Una scelta di rottura con il passato e al contempo una strizzatina d’occhio ai social così in voga, usati con parsimonia ma con convinzione per portare avanti un progetto fatto di trasparenza e coerenza. La stessa gestione della trattativa con Donnarumma e Raiola non ha lasciato spazio a mediazioni: fatta – e ufficializzata - l’offerta al portiere, il Milan ha fissato paletti rigidi per il sì o il no. Un atteggiamento che ha innervosito il super agente italo-olandese ma che ha schierato tifosi e critica della parte del buon senso e della chiarezza una volta ancora dimostrati dai nuovi dirigenti rossoneri.

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