A metà degli anni '80, quando si pensava al Milan si pensava automaticamente a Mark Hateley e Ray Wilkins. Due grandi campioni inglesi che vestivano la maglia rossonera. Il presidente di quella squadra era Giussy Farina, l'allenatore Nils Liedholm. Quella squadra ha fatto sognare, ma alla fine non ha vinto nulla. Di quel Milan, però, si conserveranno nel tempo tante immagini, seppur non di trionfi. Quella di Hateley che sovrasta tutti e stacca di testa segnando il gol del 2-1 nel Derby contro l'Inter dell'ottobre 1984 è una di queste. Wilkins fu il primo ad andare ad abbracciare "Attila", gioia infinita. Ieri, però, era impossibile provare gioia: Wilkins è morto a 61 anni. Aveva alcuni difetti, scrive La Gazzetta dello Sport, ma li affrontava con determinazione, come gli avversari a centrocampo.
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Addio a Wilkins, regista guerriero del Milan
Era uno tosto. A 19 anni era già capitano del Chelsea, squadra in cui era cresciuto. Fin dall'inizio della carriera si è dimostrato in grado di dettare i tempi di gioco delle proprie squadre. I suoi lanci sono passati alla storia come delle splendide rasoiate. A differenza di tanti al tempo, colpiva il pallone di collo e non di interno. Qualità da vendere, precisione incredibile. Il Manchester United lo acquistò dal Chelsea e ne fece un punto di riferimento. Crebbe tantissimo in quegli anni, seppur senza vincere molto. Poi, nel 1984, ecco il Milan. Era ormai diventato un giocatore maturo, a 28 anni. Liedholm lo volle fortemente e gli assegnò subito le chiavi del centrocampo rossonero.
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Erano anni difficili a livello societario per il Milan. Il presidente Farina non dava garanzie e in campo la squadra non volava. Nel 1986 arriva Silvio Berlusconi e per Wilkins, così come per tutti gli altri, è una vera rivoluzione. Dopo il Mondiale 1986 con la beffa della sconfitta con la "mano de Dios" di Diego Maradona, decise di continuare solo un altro anno. Aiutò il Milan a ottenere la qualificazione UEFA e tornò in Inghilterra. Decise di provare a fare l'allenatore, ma come vice, altrimenti ci sarebbero state troppe pressioni.
Il ruolo gli riuscì ottimamente. Al Chelsea ottenne ottimi risultati con Gianluca Vialli e soprattutto Carlo Ancelotti, con cui ottenne il "double" del 2010. Mai era successo prima nella storia del Chelsea. Ancelotti nella propria biografia scrisse addirittura che senza di lui non avrebbe mai vinto. Ebbe il merito di aiutare l'ex allenatore del Milan a inserirsi nel calcio e nel mondo inglese. Roman Abramovich decise senza motivo di licenziarlo poco dopo: il Chelsea ne uscì traumatizzato e l'anno dopo perse tutto. Wilkins era così: sempre disponibile, utile in campo e fuori. Una spalla a cui appoggiarsi in ogni momento. Nell'ultimo periodo lottava da mediano contro la depressione e l'alcolismo. Soffriva, ma non si piegava...
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