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Ambrosini: “Ho superato i momenti bui in carriera grazie a compagni e allenatore”

Massimo Ambrosini, ex centrocampista del Milan
Massimo Ambrosini, ex centrocampista del Milan, ha così parlato ad atletialtuofianco.it, dei momenti particolari della sua carriera

Donato Bulfon

, ha così parlato ai microfoni di atletialtuofianco.it, in merito ad alcuni particolari della sua carriera.

Il calciatore e la vita normale: "Per me è sempre stato importante cercare di trasmettere alle persone che, anche se ho sempre fatto un lavoro particolare, sono una persona che conduce una vita normale. La televisione e lo stadio spesso ci fanno sembrare persone fuori dal comune, eppure io sono cresciuto in una famiglia semplice che mi ha trasferito i valori della normalità. Adesso che sono padre, cerco di fare lo stesso con i miei figli; è importante far comprendere loro che senza dubbio sono e siamo fortunati, perché ci possiamo permettere alcuni agi, ma al tempo stesso è fondamentale condividere esperienze quotidiane comuni, come andare al parco. Sono papà di una bambina di sei anni e di un bimbo di nove, cercare di trasmetter loro il valore della normalità è una condizione che mi fa stare bene, per quello che io ho ricevuto e che vorrei anche loro facessero proprio".

Sulle sconfitte e le delusioni: "Nel caso specifico, in ambito sportivo non puoi pensare personalmente di cancellare quello che hai fatto. Devi prendere coscienza di quello che è successo e devi trovare le motivazioni per pensare che sia possibile andare avanti ed arrivare dove non sei riuscito ad arrivare precedentemente. Devi fare, secondo me, un lavoro molto personale. Io ho sempre pensato che devi concedere alla tua mente di avere un attimo di debolezza, perché è inumano pensare che tu vada sempre con la mente propositiva e pronta, ma devi anche essere consapevole che non puoi permetterti di mollare. Secondo me è una concessione attraverso la quale tu puoi trovare la forza di ripartire. Io ho avuto molti di questi momenti legati anche alla mia condizione fisica, perché ho avuto una miriade di infortuni che hanno condizionato molto la mia carriera. Questo mi ha costretto molte volte a fermarmi e a rifermarmi, mi trovavo in un allenamento specifico in cui pensavo di aver risolto un problema muscolare e al primo scatto mi faceva male. E quindi, il rientro nello spogliatoio era intriso dell’amarezza della sconfitta, della debolezza. Ed io mi sono sempre rialzato all’interno di grandi sofferenze. Se non fossi passato attraverso le difficoltà, il mio corpo non sarebbe riuscito a ricaricarsi. Mi è stato trasferito da dei genitori estremamente determinati, in particolar modo mia madre, il fatto che la forza per riemergere dalle difficoltà dovesse provenire da dentro di te: giusto raccogliere aiuti, da amici, parenti, tutori, ma la forza principale dovevi averla tu. Non sminuisce quello che possono fare gli altri, ma prendi coscienza che, se vuoi, hai la forza dentro di te per farlo e che puoi contare prima di tutto su di te. Questo mi ha aiutato tanto".

Sul suo modo di giocare: "Io ho preso coscienza di quali fossero le mie caratteristiche da subito, anche se durante le giovanili ero un giocatore completamente diverso da quello che sono diventato poi. Da professionista io ho preso coscienza che, affinché rendessi al massimo, avrei dovuto avere uno stato fisico e mentale sempre ottimale, perché non avevo le qualità di altri centrocampisti al mio fianco. Per me è sempre stato un obbligo riuscire a star bene e avere una cura massima per il mio corpo e per la mia condizione fisica, perché non possedevo le qualità tecniche mi avrebbero permesso di reggere un certo tipo di livello. Ho semplicemente cercato di ottimizzare quello che Madre Natura mi aveva dato. Facevo tutto questo tramite l’allenamento, non avevo altri mezzi. Il buon Dio non ci ha fatto tutti uguali, ci ha dato caratteristiche e qualità diverse, poi ognuno le gestisce come crede. Quindi per me è venuto naturale riuscire ad integrarmi con giocatori con caratteristiche molto diverse dalle mie, così come era normale richiedere al mio modo di giocare certi compiti e indicarne altri per i compagni vicino a me. E valorizzando le proprie caratteristiche individuali, si costruiscono coppie complementari e stabili".

Sui momenti difficili: "Io ho avuto un periodo della mia carriera e della mia vita in generale dove, a causa del mio stato fisico, ho perso fiducia nel mio corpo e ho dovuto anche ricorrere all’aiuto di professionisti per cercare di districare i pensieri che la mia mente generava. Ero un ragazzo già maturo perché avevo quasi 30 anni e, essendoci delle situazioni da sistemare nella mia vita privata, il mio corpo reagiva in maniera non consona, offrendo infortuni e uno stato di malessere continuo. Se da calciatore perdi fiducia nel tuo corpo, allora ti ritrovi disorientato. Lì ho avuto la fortuna di avere dei compagni e un allenatore che, in quel momento, mi sono stati vicini. La chiamata di un allenatore o una frase di un compagno in un determinato momento, funge da interruttore che ti riaccende la luce. A me è successo così e, piano piano, ho ricominciato a prendere fiducia nelle cose, a lottare per ritrovare una condizione di un certo tipo. Ne sono venuto fuori, sempre però pensando che la forza iniziale dovesse essere la mia. Sei sempre tu l’artefice, ma in un certo momento, è accettabile che ci sia qualcosa o qualcuno che ti aiuti a riaccendere la luce. Lui ti aiuta, sei tu che devi però continuare ad alimentare l’illuminazione".

L'ex rossonero aveva parlato anche dell'ex tecnico milanista, Carlo Ancelotti, neo tecnico del Napoli:

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