Sono grandi elogi, sono parole molto belle e di profonda stima. Walter De Vecchi può essere definito il padre calcistico di Cutrone: nelle giovanili rossonere lo ha guidato in tutta la trafila dei Giovanissimi, costruendo un rapporto unico e vedendolo crescere in maniera esponenziale. Lui, storico allenatore del nostro vivaio, è stato uno dei primi ad accorgersi delle potenzialità di Patrick: "Un predestinato, un generoso". Nella seconda parte dello speciale di Milan TV, dopo , scopriamo la scala intrapresa dal classe '98 nel Milan.
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Cutrone, l’amico: “Ai suoi gol urlava i nomi di Kakà e Sheva”
L'amico: "Per Patrick giocare nel settore giovanile del Milan è sempre stata una grande soddisfazione. Vedeva il Vismara come un sogno. L'ho conosciuto all'asilo, a tre anni. Quando giocavamo e segnava urlava il nome di Ronaldo, Messi e altri campioni, ma anche di Shevchenko, Kakà e del suo idolo Inzaghi. Abbiamo giocato insieme solo due anni, poi è stato chiamato dal Milan. Non ha mai fatto programmi troppo lontani per il futuro. Ha sempre pensato ad allenarsi bene".
Cutrone: "Il primo che ho visto è stato Maldini, perchè giocava anche Christian e lui veniva a prenderlo. Gli ho chiesto un autografo, mi faceva domande, ma non riuscivo a parlare dall'emozione. Devo fare un ringraziamento a tutti gli allenatori che ho avuto nel settore giovanile, perchè ogni anno ho imparato qualcosa di nuovo, che mi ha aiutato ad arrivare a questo punto. Chi mi ha maggiormente aiutato è stato De Vecchi e anche Galbiati. Mi hanno aiutato un sacco, credevano tanto in me. Mi fermavano a fine allenamento per fare dei lavori in più con loro.
De Vecchi: "Ho ricevuto il compito di guidare il gruppo dei '98 nel 2010. Ho lavorato con loro per tre anni, per tutta la categoria dei Giovanissimi. Mi ricordo il primo torneo che abbiamo fatto, gli ho chiesto come correva, perché era tutto scoordinato. Da quel momento è stato un percorso emozionante ed entusiasmante. È migliorato a vista d'occhio. La qualità che ho visto subito in Patrick è stata la grande competitività e lo spirito di emulazione. Una sorta di fuoco sacro che aveva dentro. L'ultimo anno ha fatto una doppietta al Barcellona. I difensori erano atterriti, come arrivava buttavano via palla perché era in una serata di grazia. Io mi accorgo che quando i ragazzi hanno quel tipo di giocate e quel tipo di ispirazioni in quelle serate, sono dei predestinati. Lui lo è stato. La doppietta che ha fatto all'Inter nel Derby... Ci sono tanti episodi. È un ragazzo di cuore e generoso. Non sopporta l'ingiustizia e aiuta il compagno in difficoltà".
Il fratello: "C'è stata un'occasione tanti anni fa in cui ci siamo scontrati sul campo a muso duro. In un'amichevole precampionato. Lui era al secondo anno di Primavera, io giocavo in Serie D. La partita è la partita, non si guarda in faccia nessuno. Quella volta gli è andata male, perchè ho vinto io".
Il papà: "In questi anni nel settore giovanile ha fatto vedere tante altre qualità che ancora in Serie A non è riuscito a esprimere. Penso che debba ancora integrarsi per mostrare tutte le sue capacità. Credo che il gol all'Inter sia stato quello che ha avuto più possibilità di godersi. Perché di solito pensa subito alla partita successiva. Non ha dormito la notte e ha fatto fatica il giorno dopo. La chiamata in azzurro un'emozione indescrivibile".
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