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LIVE PM – Maldini: “Milan, Champions possibile. Paquetá può far sognare i tifosi”

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Paolo Maldini, Direttore Strategico Sviluppo Area Sport del Milan, parla al ‘Festival dello Sport’ di Trento: le sue dichiarazioni in diretta dal palco

Daniele Triolo

dal nostro inviato a Trento, Edoardo Lavezzari

Termina qui l'intervento di Paolo Maldini al 'Festival dello Sport' di Trento.

Sull'Europa League: "Le cose sono cambiate, ora anche le italiane la rispettano. É una competizione che sta diventando sempre più importante. In più il Milan non l'ha mai vinta e regala la Champions. Noi la giocheremo al massimo”.

Sul calendario: "L'idea è di essere attaccati alle prime quattro. Ci sono altri scontri diretti. Vogliamo giocare come contro il Napoli, ma leggendo meglio i momenti chiave, vi stiamo lavorando”.

Sul derby di Milano: "Anche l'anno scorso e due anni fa era bellissimo, ora che le squadre sono competitive è ancora più bello. L'idea di tutte e due le squadre è tornare in alto”.

Sull’acquisto di Lucas Paquetá: "Il mercato è chiuso fino al 3 gennaio (ride). È giovane, di talento, non è ancora pronto, ma può far sognare i tifosi”.

Sugli obiettivi stagionali del Milan: "Siamo in linea, parlare di Champions dopo queste 5 stagioni è difficile, ma siamo convinti di poterlo fare”.

Sulla sua vicinanza alla squadra: "È importante andare a Milanello, era importante per noi da giocatori, lo è anche per loro. Sono ragazzi, hanno problemi nella vita fuori dal calcio, il dialogo è importante per questo parliamo con tutti”.

Sul nuovo Milan: "Difficile fare paragoni, le cose cambiano, ma i principi devono rimanere. Al Milan devi avere chiaro che non puoi solo partecipare, ma anche vincere. Il club deve tornare competitivo in Italia e in Europa. Io e Leo abbiamo un contratto di 3 anni, dobbiamo correre”.

Sulla sua vita quotidiana: "Vado in ufficio alle 9:30, durante il mercato è un mondo a sé, poi grazie al cielo è iniziato il campionato e abbiamo potuto parlare con la squadra”.

Sul ritorno al Milan: "Stavo lavorando alla ICC, mi ha chiamato Leonardo per dirmi che il Milan lo voleva, poi per 10 giorni abbiamo parlato, poi mi ha chiesto di tornare e ci siamo accordati subito. Io e lui ci dividiamo tutta l'area sportiva, è tanto. Non solo mercato, dobbiamo dare un senso di appartenenza importante”.

Sul tennis: "È un modo per soddisfare la mia voglia di sfida continua e poi è tutto diverso, sei solo. Devi sempre essere concentrato, è sempre una sfida, non ti aiuta la squadra. E poi mi piace il gesto tecnico”.

Sulle sue sfide da bambino: "Scendevo due fermate prima e sfidavo il tram, correvo e volevo batterlo”.

Sull'Italia: "Il Mondiale in casa nel 1990 è stato qualcosa di unico, irripetibile”.

Ancora sulla partita contro la Corea del Sud: "Mi sono arrabbiato tanto con l'arbitro. Damiano Tommasi è andato a salutarlo, dargli la mano e Byron Moreno lo cacciò. Poi il suo comportamento è stato scorretto. Mia moglie è venezuelana, so lo spagnolo, ho dato il peggio di me quel giorno. Forse mi doveva espellere. La conferenza di addio? È stata troppo, ho deciso di dire basta. Ero molto arrabbiato, anche con la federazione. Non sono tornato con la squadra, sono andato alle Maldive a riprendermi, a guardare il cielo due settimane. Poi mi sono rifatto l'anno dopo con gli interessi in rossonero”.

Su Usa '94 e Euro '00: "Sono successe tante cose, pensiamo anche alla semifinale di Napoli. Cosa rigiocherei al Mondiale? Forse la chiusura contro la Corea nel 2002: è stato veramente brutto”.

Sulla Nazionale: "Era destino, ho detto io di no al Mondiale del 2006, iniziavo a soffrire con le ginocchia”.

Sulla sua ultima gara a ‘San Siro’: "Non solo nel calcio, fa molto più rumore il comportamento di pochi rispetto alla moltitudine. Cosa ho fatto dopo la partita? Abbiamo festeggiato, anche se un filo di amarezza c'era. A mente fredda però ha delineato ancora di più il solco tra me e un certo tipo di comportamenti e io non rinuncerò mai al mio essere una brava persona. Contestavano e non si capiva perché. Sono contento che sia successo e che poi ci sia stata Firenze. In Italia manca cultura sportiva, diciamo che non sappiamo accettare la sconfitta”.

Sul Milan degli invincibili: "Volevamo tenere il record più a lungo possibile, anche se vincere il campionato era l'obiettivo. Il Milan di quegli anni era basato su una difesa incredibile, poi davanti potevi fare quello che volevi”.

Sulla maglia numero 3 del Milan ritirata: "A livello personale un grande orgoglio perché non solo con me ha avuto grandissimi momenti. Io sono molto legato alla storia del Milan”.

Sull’Intercontinentale in Giappone: "La prima volta è stato terribile. Le prime due le abbiamo vinte, poi qualche problema, ma almeno abbiamo chiuso un cerchio battendo il Boca Juniors”.

Sul fatto se è meglio Lionel Messi o Cristiano Ronaldo: “Messi. Senza nulla togliere a Cristiano Ronaldo, Messi ė l'essenza del calcio, negli ultimi 15 anni il numero uno al mondo. E’ quello che ricorda di più Maradona, è unico”.

Su tre grandi avversari affrontati: “Diego Maradona era incredibile, poi Ronaldo dell'Inter. Sapeva fare tutto. Mettiamo un italiano anche: Francesco Totti, anche se le nostre sfide sono state in ambito nazionale”.

Sulle finali di Champions: "L'emozione si gestisce. Da giovane sei incosciente, a 37 anni vuoi vincere, sai che è l’ultima...".

Sulla finale di Champions a Manchester nel 2003: "L' attesa sul rigore era clamorosa..."

Sulla finale di Champions a Istanbul nel 2005: "Quel gol? Me lo ricordo....era un segnale che qualcosa di strano succedeva. È il grande rimpianto assieme alla finale Mondiale, ma due anni dopo la stessa squadra, giocando peggio, ha vinto una Champions. Una volta che hai dato tutto devi accettare il responso del campo. Durante quei minuti cosa ho pensato? Dopo il 3-3 abbiamo avuto tante occasioni, non abbiamo sofferto il contraccolpo. L'emotività della squadra è cambiata, la personalità è fondamentale. Quel giorno ci siamo riusciti, ma era il destino. La parata su Andriy Shevchenko? Che veramente vogliamo parlarne (ride)?”.

Su che tipo di giocatore era: "Molto versatile, innamorato del pallone. Se ero duro in campo? A volte 10/10, ma mi considero un giocatore corretto, ma alla fine anni '80 le regole erano diverse, ci di picchiava molto di più”.

Sulla PlayStation: "Aiuta a farmi conoscere a chi non mi ha visto...ma dicono che non ero veloce”.

Su Adriano Galliani: "Chi ha la responsabilità di scegliere i collaboratori deve scegliere seguendo le sue idee e io non ci rientravo, ma va bene così. Io e lui abbiamo vissuto 25 anni straordinari assieme. E per vincere serve il confronto, non voglio avere vicino chi mi dice che ho ragione, ma le cose come stanno”.

Ancora su Berlusconi: "Sarà sempre più difficoltoso per un imprenditore gestire una squadra, ma la proprietà deve sempre garantire entusiasmo e lavoro. Milan-Monza in Serie A? C'è poco da ridere. Anche Adriano Galliani è un malato di calcio. Il loro ritorno mi ha sorpreso, ma è una cosa bellissima. È un'operazione fantastica, tifo per il loro rientro in Serie A”.

Su Silvio Berlusconi: “Il mio Presidente, un visionario. È arrivato e ci diceva che saremmo stati i primi al mondo, a noi veniva da ridere, eravamo al massimo da Coppa UEFA con Giussy Farina”.

Su Gennaro Gattuso: "Da Coppa o da campionato? Vediamo....ma lui ha un grande senso di appartenenza che è quello che io e Leonardo vogliamo trasferire al Milan. L'immagine di Rino sta cambiando, prima era solo grinta, ora si vede una grande preparazione tecnico-tattica. Per questo ha tutta la nostra fiducia anche perché ha un'altra grande dote: sa ascoltare”.

Sugli allenatori da Coppa e da campionato: "Con Sacchi abbiamo vinto solo un campionato su quattro, lui voleva giocare sempre allo stesso modo e forse era un limite, ma ci ha portato a risultati straordinari”.

Su Ancelotti: "Bellissimo il suo ciclo, era un ex compagno e un amico. Avevo più di 30 anni e gestivo le emozioni in maniera diversa, mi sono goduto tutto”.

Sul paragone tra Sacchi, Capello e Carlo Ancelotti: "Sacchi il più pressante, ho ancora gli incubi. Era un modo incredibile di vivere la settimana, è stata un scuola incredibile. Per me tutto però è iniziato con Nils Liedholm, mi ha insegnato a giocare a calcio e ha fatto esordire tantissimi giovani. È iniziato con lui il grande Milan”.

Su Fabio Capello: "Arriva da esperienze diverse, ma 100% allenatore. La Finale contro il Barcellona? Per la prima volta eravamo sfavoriti. La settimana prima abbiamo preso con la Fiorentina, invece che gridare ci disse che eravamo fortissimi e fu un bel modo per vivere la settimana”.

Su Arrigo Sacchi: "È un peccato che abbia smesso, era esigente, ambizioso, vincente. Era maniacale, ma è rimasto schiavo di quello stress. Alcune sue idee sono ancora rivoluzionarie, dopo 30 anni”.

Sui giovani: "Ci sono i cicli è naturale, ma ora per chi esce da un settore giovanile, servono Squadre B e fiducia, altrimenti i risultati non arriveranno”.

Sull'esordio a Udine: "Fino a quel giorno non credevo di valere la Serie A. C'era incoscienza, avevo 16 anni, ma tanta consapevolezza”.

Sul mestiere del calciatore: "Non si può scindere uomo e calciatore. Nel calcio e nella vita i valori sono importantissimi a me li ha insegnati la mia famiglia”.

Sul suo primo giorno al Milan: "Settembre, 10 anni. Avevo comprato le scarpe il giorno stesso con mia mamma in Buenos Aires. Mi hanno chiesto che ruolo volevo fare, ho detto ala destra e ho firmato il giorno stesso”.

Sul padre Cesare: "Tanti mi raccontavano come giocava della sua ricerca del gesto estetico bello. La pressione di essere suo figlio invece l'ho sentita tanto, ma cercavo di usarla come stimolo”.

Sulla sua famiglia: "Dai primi anni '50 a oggi siamo sempre stati legati al Milan, anche quando ho smesso nel 2009 c'erano i miei figli. Su 7 Coppe dei campioni noi abbiamo partecipato a sei”.

Sui suoi record: "Devi essere geneticamente fortunato per giocare tanto e giocare in una grande squadra, ma non ho mai pensato ai record personali, solo al bene della squadra”.

Sulla sua carriera da calciatore: “Io ero innamorato del pallone, è lì che è nata la mia passione per lo sport. Un calciatore deve capire come darle del tu è questo il centro dello sport”.

Maldini è sul palco: comincia a parlare!

Quasi tutto pronto, a Trento, per l'intervento dal palco di Paolo Maldini. Il dirigente rossonero, storico ex capitano (902 gare, 33 gol dal 1984 al 2009), parlerà del compianto papà Cesare, del suo passato da calciatore, del suo presente da dirigente e, probabilmente, del derby di domenica 21 ottobre e di calciomercato.

Paolo Maldini è arrivato, intorno alle ore 12:05, nel teatro che ospiterà l'evento a lui dedicato.

Paolo Maldini, Direttore Strategico Sviluppo Area Sport del Milan, parla, dalle ore 12:30, in occasione del ‘Festival dello Sport' di Trento. Restate con noi per seguire le dichiarazioni di Maldini in diretta. Intanto, gustatevi le foto della bellissima città di Trento .

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