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Krzysztof Piatek, attaccante del Milan (credits: GETTY Images)
"ULTIME MILAN - In casa Milan suona, da qualche tempo, il campanello d'allarme relativo a Krzysztof Piatek, classe 1995, 'Pistolero' polacco dalle polveri bagnate. Tra amichevoli precampionato e prime due gare della Serie A 2019-2020, infatti, il centravanti del Diavolo è ancora fermo al palo: nessuna rete realizzata, anche se, ad onor del vero, contro il Brescia, nel sabato precedente alla sosta per le Nazionali, ci era andato molto vicino, fermato soltanto per pochi centimetri dalla 'Goal Line Technology'.
"Il primo a soffrire di questa situazione è lo stesso Piatek che, nella scorsa stagione, non era stato abituato a dover pazientare così a lungo prima di trovare la via del gol: lo testimoniano i 30 gol realizzati in 42 gare ufficiali tra Genoa e Milan, ai quali vanno aggiunti i 2 messi a segno con la Nazionale. Un totale di 32 reti per un attaccante che, per stile di gioco, è un finalizzatore da area di rigore, uno di quei falchi implacabili che, una volta ricevuta la sfera, puntano la porta avversaria senza troppi pensieri. E questo, probabilmente, è uno dei motivi per cui ora Piatek sta faticando.
"Nella passata stagione Piatek ha distribuito appena 2 assist per i compagni: già dai numeri è evidente come il polacco sia maggiormente portato a tentare la conclusione in proprio, quale battitore ultimo per un'azione di gioco corale, anziché ricercare il dialogo con i compagni. Peculiarità, questa, invece richiesta fortemente dal nuovo tecnico del Milan, Marco Giampaolo, che degli attaccanti capaci di accorciare, allungare la squadra e di svolgere il ruolo di 'regista offensivo più che avanzato' ne ha fatto un vero e proprio 'must'.
"Al cambio nello stile di gioco del Milan, presumibilmente, per ammissione degli stessi protagonisti della vicenda, Giampaolo e Piatek, va anche sommato il fatto che il polacco non era mai stato coinvolto in una preparazione fisica così pesante e minuziosa come quella che l'ex tecnico della Sampdoria fa svolgere alle proprie squadre. Le idiosincrasie tattiche tra i due, però, sono evidenti: in campo, come visto ad Udine, con Piatek che, per i movimenti richiesti da Giampaolo, era costretto ad allargarsi a sinistra lasciando il centro dell'area a Samu Castillejo ed anche fuori, evidenziate dalle parole di Piatek nei confronti del tecnico dal ritiro della Polonia.
""A volte dovremmo giocare con qualche palla lunga in più, cercando di più la verticalizzazione", ha caldamente suggerito Piatek al suo allenatore: un modo, questo, per esaltarne maggiormente le caratteristiche tecniche negli ultimi venti metri. In più, sul polacco, di recente aleggiano due spettri. Il primo riguarda il mercato: dall'Inghilterra, infatti, sostengono che, qualora venisse revocato il blocco del mercato per il prossimo inverno, il Chelsea possa tentare un assalto per Piatek. E per il Milan, che ha bisogno di risanare i propri conti in ottica Fair Play Finanziario UEFA, un'offerta da capogiro per il proprio, intristito centravanti potrebbe anche far comodo.
"Il secondo, riguarda il concreto rischio che l'etichetta che comincia a leggersi sul retro della maglia di Piatek diventi sempre più ingombrante. La maledizione del numero 9? No, quella non esiste. Anche se è incredibile pensare alla sequela di centravanti che hanno fallito nel Milan con quel numero sulle spalle. Stiamo parlando dell'etichetta di 'one season wonder', ovvero quei calciatori che, usciti dall'anonimato, esplodono in una stagione particolare, imponendosi agli occhi del mondo del calcio come fenomeni e che poi, altrettanto velocemente così come erano emersi, si eclissano come fossero meteore.
"Al Milan, naturalmente, non pensano sia così: Piatek ha soltanto bisogno di essere messo nelle condizioni migliori per poter andare a rete. L'arrivo di Ante Rebic e la maturazione, graduale, di Rafael Leao aiuteranno il polacco a centrare la missione stagionale, andare in doppia cifra per trascinare il Milan sempre più in alto. A patto che, nel gennaio 2020, Piatek non decida di emulare Gonzalo Higuaín e fuggire dai riflettori meneghini alla volta di Londra. Ai posteri, ed a Verona-Milan, l'ardua sentenza.
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