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Milan, Maldini: “Vogliamo vincere ancora. De Ketelaere, zero dubbi” | LIVE News

Milan Maldini in diretta festival dello Sport Trento ultime notizie AC Milan (GettyImages)
Maldini, dirigente attuale e storico capitano del Milan, racconta degli aneddoti al Festival dello Sport di Trento: tutto LIVE.

Stefano Bressi

Una gloria del Milan da giocatore, eterno capitano e numero 3 per sempre, ora Paolo Maldini è anche un grandissimo dirigente: ha parlato al Festival dello Sport di Trento, organizzato da 'La Gazzetta dello Sport'. Ecco le sue dichiarazioni su una raccolta di aneddoti sugli anni rossoneri passati e presenti, sull'attualità milanista e ovviamente sul ricordo dello Scudetto vinto la scorsa stagione, ma anche con uno sguardo al futuro e ai prossimi obiettivi, per un Milan sempre più vincente con un Maldini sempre alla guida. Ecco tutte le sue parole in diretta! Queste, intanto, le notizie più importanti di stamattina >>>

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Termina qui l'incontro con Maldini.

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Sulle lacrime di Federer: "Brutta domanda perché mi fa star male. Io sono innamorato di cosa ha fatto Federer, ci sono pochi atleti che mi hanno ispirato e lui è uno di quelli. L'ho incontrato a Shanghai per la prima volta, mi faceva i complimenti e io gli ho detto che per il suo rovescio darei due Champions League, mi ha risposto che non fosse il suo colpo migliore e gli ho risposto di immaginare come fossi messo... Mancherà a tutti, è un grande".

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Se si sente realizzato: "Sicuramente questa esperienza mi ha migliorato, forgiato e mi ha aiutato a vedere la totalità della difficoltà di essere dirigente. Del mondo del lavoro. Però non avevo questa necessità, stavo bene. È arrivata l'opportunità e l'ho presa nel momento giusto. Sperando di farla al massimo livello e con professionalità. Però non sentivo di doverla fare. Speravo di essere pronto e ora mi sento adeguato, mentre nei primi sei mesi non mi sentivo così. Io tornavo a casa e mia moglie chiedeva come fosse andata, io chiedevo un'altra domanda. Leonardo rideva e mi diceva fossi pronto senza saperlo. A volte serve uno che ti indichi la via e condivida gli stessi principi".

- 25 set

Qual è il prossimo sogno: "Il bene della società. Il bene personale perché se vanno bene le cose sto bene anche io e la mia famiglia. Ci ha detto una cosa Paul Singer, che ha visto solo due partite: a Reggio Emilia e allo scorso Derby. Ci ha detto di essere rimasto impressionato e che abbiamo una fortuna: dare felicità tramite il lavoro e che non tutti possono. Lui ha visto solo due partite, le migliori... Però ha ragione, andare in ufficio e creare felicità anche se per un mondo ristretto, ma non ristrettissimo, è tanta roba. Vedere le persone felici, dare qualche messaggio non legato solo al tuo lavoro, ma in generale alla vita, è una fortuna. Se diventi credibile le persone ti prendono come esempio e fa piacere quando la senti. Sono piccole cose, ma importanti quelle che spero siano nel mio futuro".

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Se sogna uno degli imprendibili: "È un discorso che non mi piace. Sono molto realista. So le nostre possibilità. Sognare mi piace, ma devo farlo con i miei mezzi. Quindi no, nessuno. Quelli che voglio prendere spero di prenderli..."

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Se ha mai detto no a una squadra straniera per qualcuno: "Sì, anche di non presentarsi neanche. Theo Hernandez è di altissimo livello, ma non solo lui... Poi se si presentano comunque dobbiamo valutare il livello della squadra, ma economicamente non necessitiamo della cessione. I nostri migliori vogliamo tenerli. Però in questo momento con certe valutazioni non esistono incedibili".

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Se lo sorprendono le difficoltà di Inter e Juventus: "Capita. Io penso che se non vinci in Italia vieni messo sotto accusa. L'anno scorso l'Inter ha fatto una grande stagione. Succede. Per fortuna è successo che noi siamo andati alla grande. Ho già tante cose da pensare per noi che non voglio pensare alle altre. Capisco i problemi economici anche, noi abbiamo intrapreso una strada anni fa e meno male, non era più sostenibile".

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Cosa pensa di questo strano campionato e se manderà un altro messaggio a Natale: "Non so cosa aspettarmi dal campionato. Nessuno di noi sa cosa aspettarsi. Vogliamo spezzare le due stagioni, dando vacanze. E poi rifare preparazione. Dipenderà se saremo in Champions League, perché in caso dovremo giocare ancora ogni tre giorni. Logisticamente vogliamo spezzare il campionato in due. Io penso che la squadra sia più forte dell'anno scorso e quindi non servirà un messaggio, partiamo per vincere e rispetto all'anno scorso non è una sorpresa. Siamo i Campioni in carica e le responsabilità non devono spaventare".

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Di cosa parla con i giocatori: "Dipende, un po' di tutto. Con i difensori i discorsi vanno sul campo e su cosa penso debbano fare, soprattutto nell'1 vs 1. Poi questioni varie, vita e comportamento. Non dico colloquio giornaliero, ma capita di parlare. Ormai parlo più singolarmente che al gruppo. Avendo uno come Pioli che parla in modo incisivo è inutile sovrapporsi. Dipende anche dal momento".

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Se Maignan è tra i primi tre al mondo: "Molto soggettivo, la cosa che fa lui rispetto ad altri è molto particolare. La capacità di calciare con destro e sinistro. Come manovra da dietro... È il migliore dei nostri difensori a far girare palla. È un portiere moderno, pignolo... Ha tutte le caratteristiche per poter arrivare, è ambizioso. Davvero un grande acquisto".

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Se ogni tanto Berlusconi manda messaggi e consigli: "Sulla formazione no, mi ha chiamato per consigliarmi un acquisto ultimamente. Non posso dire chi. Chiama spesso Pioli e gli consiglia di non giocare troppo col portiere, cosa che noi facciamo. Quando poi però Maignan lancia a 80 metri e facciamo gol in contropiede impazzisce dicendo che aveva ragione. È anche lui milanista ed è contento della strada che sta prendendo la sua vecchia società".

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In cosa manca Cesare: "Manca perché era papà. Manca a tutti quelli che hanno perso i genitori. Manca anche mamma, ma credo che papà si era goduto figlio e nipoti in questi anni. Nel momento dell'evento a noi manca far vedere al nonno o al papà far vedere cosa siamo riusciti a raggiungere, poi anche nella quotidianità... Però viene ricordato così spesso in questo mio ruolo e professione che lo sento sempre a fianco a me. Nei prossimi giorni sarà intitolata una tribunetta di Milanello a mio papà, ci fa piacere e tiene il ricordo sempre vivo".

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Cosa avrebbe detto Cesare sulla foto di Paolo e Daniel che hanno vinto lo Scudetto: "Sarebbe stato super contento. Lui e mia mamma avrebbero goduto del successo da dirigente e il nipotino che vince lo Scudetto a suo modo, anche segnando. Sicuramente l'hanno visto, questo è chiarissimo".

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Sul rapporto da papà con Daniel: "Sulle montagne russe, dal punto di vista emotivo devi trattenerti. Essere consono al tuo ruolo. Poi è inutile fingere, certe emozioni è bello esternarle. Io so che è lì perché se lo merita, anzi il cognome gli ha portato solo fastidi e paragoni. Anche per Christian, lo so perché l'ho passato. Ora è più difficile per i social, io sentivo solo il vociare all'esterno dei campetti. Non è piacevole e non è la forma migliore per svilupparsi. Però lo sanno, hanno deciso di fare questa carriera e anche per il numero 3, sarà una decisione loro. Sono adulti e maggiorenni".

- 25 set

Su Galliani: "È milanista, ma davvero milanista. Quando è successo la cosa con lo Spezia che l'arbitro non ci ha dato il gol, poi è andato ad arbitrare il Monza in Serie B, lui è entrato nello spogliatoio e ha chiesto all'arbitro come si permettesse. Lui ha risposto che non aveva fatto niente. Galliani ha detto come si era permesso ad annullare il gol al Milan... Abbiamo avuto incomprensioni, ma ora abbiamo un rapporto fantastico. Avevamo una visione miope l'uno dell'altro. Ma è milanista dentro, lunga vita. È un grande dirigente e dobbiamo tanto a lui".

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Se pensa che lo stadio vada condiviso: "La convivenza è andata bene. Ci siamo divisi trofei, stadio, piazzale... Quindi non è assolutamente un problema condividere lo stadio. Poi non so che decisioni verranno prese in futuro. La cosa chiara, lo dice una persona che considerando la mia storia ha nello stadio tanti ricordi, è che non si può vivere di ricordi, ma bisogna creare cose nuove. Il Milan non finisce con San Siro, le nuove generazioni non hanno visto gli anni 90, dobbiamo essere competitivi ancora. Altrimenti finiamo per raccontarci solo gli anni che furono. Non mi piace".

- 25 set

Sulla sfida con l'Inter, soprattutto verso la seconda stella: "La verità è che c'è grande rivalita, ma anche grande rispetto. Milano ti insegna questo, rispettare l'avversario. Ricordo quando Nesta è arrivato al Milan non andava in ristoranti interisti, io gli ho detto che non funzionava così qui. Puoi andare dove vuoi, se rispetti vieni rispettato. La vivo con serenità. La Milano vincente che si gioca la Champions League e ci piace viverla così. Poi la partita più sentita è il Derby, è normale. Ma i tifosi fanno i tifosi, giocatori e dirigenti la vivono diversamente".

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Cosa farà Ibrahimovic dopo: "Fa Zlatan, quello è il ruolo. Fa Zlatan".

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Come sta Ibrahimovic: "I problemi fisici avuti sono difficili da recuperare. Un crociato a 40 anni, lo sa anche lui... Quando siamo andati da lui a fare la proposta di rinnovo per un anno gli abbiamo detto che deve considerarsi un calciatore a tutti gli effetti e di tornare da protagonista. Lui è partito con quell'idea, vuole tornare a giocare. L'anno scorso se non ha avuto male è stato determinante. Per velocità, cattiveria, tecnica. Di motivazioni non ne parlo neanche. Deve considerarsi calciatore per tornare competitivo. Il futuro non importa, la vita gli sorriderà. Ha un po' quest'ansia di smettere, ma è normale. Poi si renderà conto che continuare diventa una fatica".

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Che frasi e foto usa Pioli per motivare: "A volte statistiche, frasi di avversari, ex compagni, ex allenatori... Sono cose che decide lui. È una persona sensibile e capisce come stimolare il gruppo. Ogni tanto appende qualcosa".

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Cosa serve a gennaio, se serve un 9 giovane: "Siamo attenti a ciò che pensiamo ci voglia. Però dobbiamo vedere come va questa stagione. Facciamo l'esercizio di ricordarci cosa pensavamo prima della scorsa stagione. Stravolto. Devi essere aperto per vedere la realtà delle cose e cambiare obiettivo poi".

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Su cosa discute con Pioli: "Opinioni diverse sulle strategie, sul futuro, su cosa serve. Non ci soffermiamo tanto sui nomi, ma sui profili. All'inizio magari non era così. Poi ci ha detto che molti di quelli arrivati non li conosceva e che si fidava. Condividiamo i nomi, poi li fa vedere ai collaboratori. Condividiamo l'idea di ciò che serve. Per esempio un difensore. A volte servono giocatori con caratteristiche e a volte con altre. Botman e Fikayo Tomori sono diversi e pensavamo che in alcuni momenti serviva uno e poi l'altro, poi si cambiano strategie".

- 25 set

Su Pioli e come ha vinto: "Innanzitutto lo conoscevo, ho giocato con lui in Under 21 tanti anni fa. Non sapevo che avesse questa carica sul campo che è contagiosa. Incredibile, sprigiona energia. L'ho conosciuto tecnicamente, moralmente e tatticamente. L'energia è incredibile. Riesce a trasmettere ogni giorno qualcosa di eccezionale. Condivide i nostri progetti, condivide le nostre strategie sul mercato. Non prende alibi. Tutte cose che gli abbiamo chiesto e ha accettato perché è così. L'ha fatto crescere come uomo e allenatore e ha fatto crescere anche noi. Abbiamo visto una persona che ha qualcosa di particolare, un leader nato. Era considerato il Normal One... Essere normali oggi è una grande cosa. Ci sono agenti che mi dicono che i loro giocatori si allenano bene e sono puntuali, io mi aspetto mi dicano cose eccezionali. Poi si è cimentato il rapporto, litighiamo, discutiamo. Vuol sapere, ci diciamo tutto. È un sanguigno. Ci godiamo questo momento bellissimo per tutti e lui ha trovato un ambiente dove può far vedere cos'è come uomo e allenatore".

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Sulla voglia così forte di prendere De Ketelaere e come pensa si inserirà: "Innanzitutto il mercato è dinamico. Devo dire la verità, prima di lui abbiamo provato a prendere Botman che avrebbe esaurito il nostro budget, virando su altri magari in prestito per quel ruolo. Se andiamo a vedere le nostre idee a maggio, rispetto all'ultimo giorno, non c'è quasi filo conduttore. Dipende. L'idea, avendo un budget non enorme, ma importante, è non prendere a questo punto del nostro cammino giocatori che siano medi. Vogliamo giocatori che siano di grandissima prospettiva e Charles è uno di questi. Torniamo al discorso di prima: è un 2001, ha fatto vedere cose importanti in Champions League, ma c'è bisogno di tempo. Capisco che i tifosi e i giornali non aspettino, ma noi dobbiamo aspettare. Platini i primi sei mesi alla Juventus non ha fatto bene, poi... Un 2001 non è pronto per farsi carico di una società come il Milan e questo equilibrio che manca ai tifosi e ai giornali dobbiamo darlo noi. Sappiamo che strade prendere con i nostri giovani. Poi con i giovani non vinci sempre le scommesse, ma con lui abbiamo pochi dubbi".

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Sulla voglia di giocare grandi notti europee: "La voglia c'è, l'ambizione anche. Io voglio una squadra ambizione, abbiamo una storia che parla per noi. Poi ci sono i numeri. In base al fatturato fai risultati in Europa, vale per noi e per il calcio italiano".

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Se si punta alla vittoria della Champions e se Cardinale ha promesso qualcosa o se è una cosa loro: "Non c'è nessuna promessa. La faccio io. Non andare oltre i limiti economici. Se il Milan avrà ricavi avremo più possibilità di investire. Un Milan vincente avrà ricavi. Poi questo non passa solo da noi, ma da tutto il calcio italiano. Con gli inglesi la differenza è insostenibile. Facciamo le stesse competizioni, ma con possibilità diverse. L'ultima inglese ha più budget di noi. Però noi abbiamo storia e idee. Il limite del prossimo anno è ricavi-investimenti, non andiamo oltre le possibilità".

- 25 set

Com'è Cardinale: "Nel dubbio non mi conoscesse gli ho raccontato la mia storia. È normale, chi viene da un altro continente, vede sport diversi... Io se andassi a pranzo con una leggenda del baseball farei fatica. Ho raccontato la mia origine, il mio legame e gli ultimi tre anni. Gerry ha energia, ascolta e ha voglia. Mi piace. L'idea che viene trasmessa è una sorta di continuità con Elliott, loro sono molto contenti di aver preso questo club risanato economicamente e che ora dovrebbe risalire anche verso obiettivi più grandi".

- 25 set

Così è esploso Kalulu: "In quel momento Kjaer era fuori, Romagnoli era fuori e Fikayo Tomori si era operato di menisco. Dovevamo affrontare gennaio con tante partite importanti con Kalulu e Gabbia. Solo due. Incrociavamo le dita per non avere infortunio e rossi. Sono stati ottimi. La cosa bella dello scorso anno è che sono stati protagonisti tutti. Tatarusanu ha parato il rigore, mio figlio ha segnato a La Spezia, si sentiva. Il gruppo era coinvolto, tutti. Merito a Pioli che è stato fantastico".

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Sulla sicurezza che aveva di vincere: "C'era un'idea da trasmettere. Mi è successo anche da calciatore, quando abbiamo vinto l'ultima Champions: inizio difficile, eravamo messi non bene, giocavamo non bene. Con Ancelotti cercavamo una reazione e abbiamo messo in giro l'idea di vincere. Con Zaccheroni uguale. Abbiamo iniziato a dire io, Billy e Demetrio che ci saremmo arrivati. Io sono realista, ma un grande sognatore. È alla base di tante vittorie. Riuscire a sognare di arrivare al risultato massimo. L'ho imparato nel tempo. Non ero sicuro di vincere, ma ci credevo. So cosa vale questa squadra, credo in loro. Io a Natale avevo inviato il messaggio a Singer dicendo che avremmo vinto perché era il mercato invernale e non avevamo budget. Noi abbiamo detto va bene. Poi la Juventus ha preso Vlahovic e l'Inter ha preso Gosens e un po' di budget è uscito fuori per paura. Io dissi che non lo volevo, perché eravamo forti così".

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Su Massara e la coppia poco chiacchierata e di successo: "Giroud l'abbiamo pagato un solo milione. La coppia nasce da un trio. Leonardo nel 2019 decide di andare via, mi trovo da solo e per rimanere chiedo di poter costituire il gruppo dirigenziale del Milan e chiamo innanzitutto Boban, grande amico e conoscitore di calcio. Ci serviva un direttore sportivo e ho ricevuto tantissime telefonate che parlavano bene di Massara, che io non conoscevo bene. Anche se poi parlandoci abbiamo ricordato i nostri trascorsi calcistici, ci ha fatto gol col Pescara e col Pavia... Ci eravamo incontrati sul campo, non come dirigente. Ci ho parlato tanto, mi è piaciuto molto e siamo partiti. Ha la mia età, ma percorso e visione diversa. Questo accresce la prospettiva, penso sia fondamentale. È un grandissimo conoscitore di calcio e grandissimo lavoratore. Mi ci dovevo trovar bene per forza. Condivide i principi della vita. Ora siamo una coppia di fatto, viviamo insieme sempre. Su Kjaer, a me piaceva, ma non lo conoscevo nei dettagli. Lui avendolo avuto ha insistito molto, ha spinto tanto".

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Sul Derby di ritorno dell'anno scorso e su Giroud che ha dimostrato il valore ai tifosi: "Partiamo da Giroud: è un campione. Punto e basta. Ha vinto il Mondiale, gioca ancora in Nazionale, un professionista esemplare. Con le sue caratteristiche. Ma la caratteristica principale di un campione è essere umile e uomo squadra, lavorando duro. Lui lo è. I campioni vengono fuori nei momenti difficili, come ha fatto lui. All'inizio ha avuto Covid e schiena, poi è uscito fuori come aspettavamo. Molti però sono arrivati a quella partita sapendo che quella era l'occasione, non ce n'erano altre. Quell'occasione poi apriva altre occasioni. Abbiamo trasmesso dentro che se ci sono momenti da cogliere vanno colti".

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Se ricorda la prima partita a San Siro da bambino in un pre partita: "Pochissimo. Erano anni bellissimi, l'adolescenza. Poi mi sono trovato uomo a 16 anni, perché ero in un ambiente di uomini che mi chiedevano di essere uomo. Per questo so le difficoltà dei ragazzi, se avessi avuto qualcuno che mi aiutava sarei stato meglio. Voglio supportare i miei calciatori".

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Sullo stile del Milan simile al suo: "Difficoltà varie, devi raccontare un progetto diverso da quello degli anni d'oro vincenti. Vieni da anni in cui non ti qualifichi in Champions League e devi ridimensionare spese e affrontare tagli. Devi raccontare un progetto credibile e vincete. Ciò che mi piace del mio ruolo è che mi sento un po' garante del tifoso rossonero per ciò che riguarda la bontà del progetto. Lo sento, più di altri. Magari arrivati da poco e non sono da tanto al Milan. È normale in un'azienda non si mettano radici. Io ce le ho le radici. Da mio papà, al mio primo provino, ai miei figli portati all'allenamento".

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Sul caffè con Theo Hernandez: "Il primo acquisto reale è stato Krunic, con cui eravamo d'accordo già l'anno precedente. La prima cosa che ho fatto da solo. Poi siamo partiti per parlare col Real Madrid e poi con Theo stesso. Ho usato le parole che userei con mio figlio. L'età è quella. Con i miei calciatori sento il rapporto tra padre e figlio. So che difficoltà si affrontano a quell'età per affrontare palcoscenici e momenti difficili. Ci sono momenti complicati. Do supporto ai ragazzi prima che ai calciatori".

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Su Gullit che ha detto che se Maldini chiama è più facile che un giocatore firmi: "Parto con questo vantaggio, sì. Ma non è dato solo dal fatto che ho fatto parte della storia del Milan, io, mio papà e i miei figli. Il vantaggio è essere legato a questo club. Che è stato grande negli anni 50, 70, 80... La storia non va raccontata, si presenta da sola. Le due cose abbinate fanno sì che se un giocatore viene chiamato da questo club e da uno che ha fatto la storia è più facile credere alle cose ascoltate. Poi però devono corrispondere alla realtà. Così si guadagna fiducia".

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I flash sullo Scudetto: "Il primo momento era quando ho firmato per il Milan, poi i momenti di difficoltà che ci sono stati perché dovevo imparare un lavoro nuovo. Non mi sentivo pronto e adeguato, mi ha aiutato tanto Leonardo che condivideva anche principi. Il mio inserimento nel mondo del lavoro è stato aiutato. Poi l'ultima giornata, con la festa allo stadio e in Piazza Duomo è il terzo momento importante".

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Sullo Scudetto vinto da dirigente: "Molto importante, molto diverso. Perché non giocando non scarichi quell'adrenalina che poi accumuli nel pre gara. Hai la tensione, ma non puoi giocarti la tua gara. Quindi osservi. Una tensione diversa, lavoro diverso. Quando sono arrivato, il primo anno, forse dovevo ancora capire il lavoro di un dirigente. Ho fatto esperienza e poi lo Scudetto è stato un sigillo che tutti sognano di mettere. Tre anni bellissimi e grande soddisfazione per società e tifosi".

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Sul ritorno da dirigente Campione d'Italia: "È un piacere condividere la mia carriera. Bel teatro e bella gente. Atmosfera da stadio".

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