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Paolo Maldini, ex difensore e capitano del Milan (credits: GETTY Images)
fonte: acmilan.com
1- PAOLO MALDINI: IL NUMERO 3
La maglia numero 3 l'ha ritirata solo il Milan, ma se i vertici del calcio italiano lo avessero chiesto, l'avrebbero probabilmente ritirata anche le altre squadre italiane. Perché l'atleta bianco più forte e più esplosivo dell'intera storia del calcio europeo è sempre stato un campione trasversale. Anagrammata nel suo cognome, c'è la parolina magica: Milan.
2- SERGINHO: LA GRAZIA DEL GOL
Una libellula. Non soltanto nella fantasia dei telecronisti, ma proprio per il suo modo di stare in campo. Felpato e sorridente, leggero nella corsa e nell'approccio a tutte le cose del calcio, Serginho è stato un grandissimo crossatore e un protagonista di gol affascinanti. Nella parte finale della sua carriera, Carlo Ancelotti gli ha anche chiesto di difendere con attenzione. E lui lo ha fatto molto bene.
3- ALDO MALDERA: UN CAPITANO
Dopo Gino e Attilio, un altro Maldera. No, non era una moda. Era sostanza rossonera, classe e orgoglio d'appartenenza. L'Aldo della Stella era un giovane che si inseriva e faceva gol. Ma negli anni successivi ha saputo essere il capitano di una squadra in balia delle onde, prendendosi grande responsabilità e dando tutto per una tifoseria che in lui si riconosceva.
4- KARL HEINZ SCHNELLINGER: IL TEDESCO
Cudicini, Anquilletti, Schnellinger... iniziava così una delle filastrocche più belle dell'intera storia milanista. Tra il 1967 e il 1969 loro tre e altri otto hanno saputo vincere tutto: Scudetto, Coppa delle Coppe, Coppa dei Campioni, Coppa Intercontinentale. Nereo Rocco lo chiamava Volkswagen, i tifosi "Il tedesco". L'uomo di Duren giocava un calcio atletico, ma anche ben dotato dal punto di vista stilistico. E con buona scelta di tempo negli inserimenti.
5- MARIO TREBBI: UN CAMPIONE SILENZIOSO
Altro giro, altra filastrocca: Ghezzi, David, Trebbi... Lui, discreto, umile e riservato, è il giocatore che tutti i tifosi sognano. Milanista nelle giovanili e milanista per tutta la carriera. A Bruxelles, nella finale del 1958 contro Di Stefano e Gento, era in panchina. Cinque anni dopo Mario sarebbe invece stato titolare nella finale vinta dal Milan sul Benfica a Wembley. La sua era una buona impostazione tecnica unita a una velocità notevole.
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