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L’arrivo al Milan, Manchester e il Pallone d’oro: tanti auguri a Kakà!

Da qui in poi ci sono da contestualizzare tante cose. Kakà arriva al Milan in punta di piedi, questo perché i rossoneri si erano appena laureati campioni d'Europa e i tifosi non proiettarono verso di lui grandi aspettative se non quelle legate ad una pura scommessa. Si pensava addirittura che Galliani potesse mandarlo in prestito in qualche altra squadra data la grande concorrenza composta da giocatori come Rui Costa, Rivaldo e Seedorf. A fine stagione Kakà avrà più presenze e goal dei 3 citati, a dimostrazione dell'impatto che ebbe sul mondo Milan. Ad Ancelotti bastò un solo allenamento per capire che aveva di fronte un prototipo di giocatore completamente nuovo, tant'è che fu costretto a cambiare modulo affinché lo stesso Kakà avesse modo di esprimere tutto il suo talento. Il famoso 4-3-2-1 ad albero di natale.

Dall'esordio con l'Ancona a quel feeling con la Champions League fino ad arrivare alle magliette bianche con scritto "I Belong to Jesus", Kakà riscrive il concetto di trequartista e lo fa andando ad aprire, inconsciamente, una nuova era calcistica. Inizia l'estinzione del numero 10 classico, quello leggiadro, con una qualità sopraffina ma poco atletico. Nasce invece il fantasista di gamba, eccelso nei cambi di ritmo, che passa da campo a campo lanciandosi il pallone da solo e riprenderlo per segnare. Sono tanti i goal fatti in questo modo da Kakà, come quello contro il Celtic, in un quarto di finale spinoso e complicato. Guarda caso avvenuta in una notte europea, quelle in cui lui brilla di più.

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