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Il primo derby non si scorda mai
Stadio esaurito per il 199° derby di Milano ed incasso che supera i 330 milioni di lire. L’Inter, composta da giocatori più giovani, parte meglio ma è il Milan già al 4° minuto a passare in vantaggio con un tiro dalla lunetta di Ruben Buriani, neo acquisto dei rossoneri. I nerazzurri giocano un buon primo tempo e mettono alle corde il Milan, salvato per due volte dai legni, ma non riescono ad impattare il risultato. Anzi ad inizio ripresa i diavoli raddoppiano, grazie ad un rigore trasformato da Gianni Rivera ed ottenuto per un fallo di Giacinto Facchetti su Riccardo Bigon. Il forcing dell’Inter produce il 2-1 di Pietro Anastasi intorno alla mezz’ora. Il 3-1 definitivo arriva a sei minuti dal termine, quando, su contropiede portato avanti da Fabio Capello e Buriani, sarà di nuovo il biondo centrocampista a trafiggere Ivano Bordon con un secco diagonale. Buriani realizza quindi le sue due prime reti in Serie A all’esordio nel derby: gli bastò questo per diventare subito un idolo dei tifosi rossoneri.
La fedeltà alla maglia
Arrivato in punta di piedi per sostituire Romeo Benetti, Buriani è stato un centrocampista che ha fatto della corsa e dell’abilità a muoversi senza palla le sue armi più efficaci. Nei cinque anni di militanza in rossonero, dal 1977 al 1982, ha vissuto la gioia dello scudetto della Stella e lo sconforto della retrocessione a tavolino, dimostrando sempre un grande attaccamento ai colori, come fece accettando di giocare in Serie B. Il suo contributo nella conquista del 10° scudetto fu straordinario. Collezionò 29 presenze su 30 e diede un grande apporto anche in termini di assist: ricordiamo, tra gli altri, quello fondamentale per Walter Novellino nella decisiva vittoria sull'Hellas Verona. Anche nell’anno della B il suo peso si fece sentire: fu l’unico a disputare tutte le 38 gare del campionato cadetto e le sue reti (sei) aiutarono il Milan a tornare nella massima divisione.
L’acquisto a sua insaputa
Quattordicesimo di quattordici fratelli, figlio di una famiglia molto umile, la notorietà acquisita non gli fanno dimenticare le sue origini modeste ed i sacrifici fatti in passato: per anni visse a Milano con quello di cui necessitava e mandava a casa il resto dello stipendio: “Volevo diventare un calciatore vero e aiutare la famiglia. Sognavo di giocare nella squadra per la quale facevo il tifo. Da bimbo sentivo parlare di Rivera, Malatrasi, Picchi… Mi innamorai di quei racconti” confessò al quotidiano di Ferrara anni fa. E il sogno divenne realtà, curiosamente a sua insaputa. “Facevo il militare, lessi sulla Gazzetta dello Sport - Il Milan prende Buriani - . Io non sapevo nulla, all’epoca non esistevano i procuratori: decidevano le società ed i calciatori nemmeno erano avvertiti. Ti arrivava un telegramma e ti adeguavi. Rimasi folgorato dalla notizia”.
I soprannomi
Diversi furono i soprannomi usati durante la sua carriera, in riferimento sia alla capigliatura che alle sue caratteristiche tecniche. Il “maratoneta” o “sette polmoni” sono due di questi, a dimostrazione di una delle sue capacità migliori, la corsa: è stato un giocatore che non si risparmiava mai, correva ovunque per sé e per gli altri. Durante la stagione 1978/79 (quella della Stella) Niels Liedholm gli affidò spesso la mitica maglia numero 10, in sostituzione di Rivera, costretto a star fuori per infortunio. “Erano anni che quella maglia numero 10 non correva così tanto”, fu il commento ironico del mister dopo avergliela affidata la prima volta. Il colore dei capelli biondo platino gli valse invece il soprannome “pannocchia” ma l'appellativo più geniale fu quello attribuitogli da Beppe Viola che, durante il servizio della “Domenica Sportiva” proprio per il derby del '77, lo definì il centrocampista dalla “zazzera fosforescente”!
La carriera
Nato a Portomaggiore il 16 marzo 1955, cresciuto nella Portuense è passato poi alla Spal, dove fece tutta la trafila delle giovanili, e successivamente al Monza in Serie C nel 1974. Nel 1977 viene acquistato dal Milan dove rimase fino al 1982, anno in cui passò al Cesena. Dopo una stagione nella Roma (1984) passò al Napoli, nel quale però giocò solo 5 gare, fermato da un grave infortunio per un fallo di Andrea Mandorlini durante Inter-Napoli, che lo costrinse ad abbandonare il calcio ad alti livelli. Rientrò in Serie C alla Spal, dove chiuse la carriera nel 1988. Nel 1980 ha esordito in Nazionale contro la Romania. In totale furono due le presenze in azzurro.
I biondi nella storia del Milan
Oltre Buriani sono stati diversi i giocatori biondi nella lunga storia del Milan. Ricordiamo, tra gli altri: il tedesco Karl-Heinz Schnellinger (a cavallo tra gli anni '60 e '70), lo svedese Andreas Andersson (stagione 1997/98), Massimo Ambrosini (rossonero dal 1998 al 2013), fino ai più recenti Philippe Mexes e Ignazio Abate. Una menzione particolare spetta al senegalese naturalizzato francese Ibrahim Ba che fu forse il primo esempio di calciatore con i capelli ossigenati e che, per l'appunto, viene ricordato più per il colore della tinta che per le prodezze in campo.
Massimo Iurino
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