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De Wilde: “Donnarumma al PSG? Un passo avanti per lui” | ESCLUSIVA

Redazione

Filip De Wilde, ex portiere dell'Anderlecht e della Nazionale belga, ha parlato in esclusiva a 'PianetaMilan.it'. Ecco le sue dichiarazioni

di Alessandro Schiavone

Filip De Wilde, classe 1964, è un ex portiere di fama internazionale. Ha vinto tantissimo, in Belgio, suo Paese d'origine, con le maglie di Beveren (dove ha giocato dal 1981 al 1987) e dell'Anderlecht (dove ha giocato successivamente, fino al 1996, e poi dal 1997 al 2003). In totale, 7 titoli di campione nazionale, 5 Supercoppe nazionali, 3 coppe nazionali, una Coppa di Lega.

De Wilde si è concesso, in esclusiva, per i microfoni di 'PianetaMilan.it' e ha parlato del passato rossonero tra i pali, da Gigio Donnarumma per andare ancora più indietro nel tempo, a Sebastiano Rossi. Queste le dichiarazioni integrali dell'ex estremo difensore belga.

Sul trasferimento di Donnarumma dal Milan al PSG: "Io penso che lasciare il Milan per andare al PSG è un passo avanti nella sua carriera. Il calcio è cambiato, è cambiato dappertutto: in Belgio, in Italia e nel mondo. La Premier League e i suoi diritti di immagine hanno cambiato radicalmente il calcio. Poi ci sono i diritti televisivi e tanti soldi che non so nemmeno da dove escono. Gente ricca che acquista club come il PSG e che investe tantissimi soldi comprando i migliori giocatori del mondo come Neymar e i più grandi talenti francesi come Kylian Mbappé. Ai miei tempi il PSG non era il più grande club francese, allora c’erano Olympique Marsiglia e Saint-Etienne. Il PSG è sempre solo stato il club di Parigi ma mai il club più grande di Francia. Ma come ho detto, il calcio è cambiato e in questo momento il PSG fa parte delle più grandi squadre al mondo. Ma solo grazie ai soldi, non per infrastrutture o filosofia".

Donnarumma al PSG per i soldi o per vincere la Champions League? "Si, credo che sia andato al PSG per questi due motivi: soldi e maggiori possibilità di vincere la Champions League. Nel calcio comanda la legge del denaro. Ma dall’altro lato quando era al Milan giocava tante grandi partite contro l’Inter, il Napoli, la Roma. Ci sono sempre grandi partite in Serie A. Anche se tocca dire che adesso nel campionato italiano ci sono piccole squadre con meno storia, cosi come in Belgio e in Francia. Ma è innegabile che in Serie A ci sono più cosiddetti grandi club e di conseguenza grandi partite che in Francia".

Gigio via dal Milan una volta conquistata la Champions dopo 8 anni. Cosa avrebbe fatto De Wilde? "Non lo so, è difficile parlare da fuori. Donnarumma era già il portiere titolare di un grande club come il Milan e giocare nel Milan dovrebbe rappresentare un sogno per qualsiasi giocatore, soprattutto se sei così giovane. Ma purtroppo a quell’età dai tutto per scontato, particolarmente uno come lui che ha debuttato in prima squadra a 16 anni. Detto questo, forse Donnarumma pensava di aver raggiunto il massimo con la maglia rossonera e che meglio di così (qualificazione in Champions League n.d.r) il club non poteva fare in futuro. E potrebbe essere dell’idea che come portiere potrà raggiungere livelli ancora più alti altrove piuttosto che al Milan …"

Qual è il parere di De Wilde su Donnarumma? "Io l’ho visto la prima volta in una partita tra l’Under 15 del Belgio e quella italiana. Quasi tutti i giocatori erano piccoli e poi nella porta dell’Italia c’era questo mostro ed era Donnarumma! (ride n.d.r). Allora era già grande ma era lento nei suoi movimenti e quando correva. Insomma, Gigio era poco agile. Ma oggi ci sono gli allenamenti specializzati per i portieri alti e per farli migliorare tecnicamente. Nonostante la sua altezza negli ultimi anni è migliorato tantissimo. Io ho notato dei miglioramenti nella mobilità e nell’equilibrio. Quando penso a Donnarumma mi viene in mente Thibaut Courtois. A 15 anni il belga non era la prima scelta nelle squadre giovanili del Genk ma due anni dopo debuttò in prima squadra. Per un portiere le cose vanno velocemente nei due sensi. A volte ci sono portieri che non fanno mai il salto di qualità. Ma non ci sono dubbi che Donnarumma l’abbia fatto. Poi io ho sempre detto che l’Italia è il paese ideale per un portiere".

Un portiere italiano che le piaceva? "Mi è sempre piaciuto Luca Marchegiani. Quando guardavo la Domenica Sportiva lui era il primo che notavo perché era bravo tecnicamente. Forse in Italia per tanti anni eravate rimasti indietro per come interpretavate il ruolo dell’estremo difensore, accontentandovi di portieri che paravano e basta. Non prestavate abbastanza attenzione alla fase di costruzione del gioco. Ma da qualche anno anche in Italia avete capito che è indispensabile per un portiere saper usare i piedi e lo si nota con Donnarumma che è migliorato molto".

Sui ricordi della doppia sfida europea in Champions tra Milan ed Anderlecht della stagione 1993-94: "Mi ricordo che giocavamo a Anderlecht nella neve. Nel Milan c’era Jean-Pierre Papin che aveva giocato in Belgio al Bruges prima di andare al Marsiglia. Quella sera aveva colpito il palo contro di noi. Sì, magari non ho preso gol contro il Milan ma ho avuto anche fortuna. E a volte hai bisogno anche di quella…".

Si ricorda di Sebastiano Rossi? Che parere aveva su di lui? "Sebastiano Rossi era un buon portiere altrimenti non sarebbe stato il portiere del Milan nel paese dei portieri. Ma quando guardavo gli highlights delle partite di Serie A, spesso o aveva segnato due tre gol Marco Van Basten oppure l’altra squadra aveva compiuto un’impresa facendo due gol e approfittando di una papera di Rossi (ride n.d.r). Di Rossi ho il ricordo che era un portiere alto e la gente forse aveva questa tendenza a pensare che giocava nel Milan solo perché era cosi grosso. Ma c’erano tanti altri motivi per cui giocava, al Milan mica erano stupidi. All’epoca gli allenatori erano Arrigo Sacchi e Fabio Capello, non due qualsiasi e poi il Milan a quell’epoca era grandissimo. Quando dico che ho sempre ammirato Marchegiani è anche dovuto al fatto che la Lazio non era una grandissima squadra e quindi lui, rispetto a Rossi, veniva spesso chiamato in causa e poteva dimostrare le sue qualità. Ma Sebastiano Rossi vinceva campionati e coppe dei campioni. Un vincente".

Sul parallelismo tra lui e Rossi, entrambi fortissimi, ma poco considerati per le rispettive Nazionali: "Io nell’ombra lottavo sempre per far parte della nazionale non per essere il titolare. Forse Sebastiano ha vissuto la stessa cosa…".

Sulle caratteristiche tecniche che aveva Sebastiano Rossi: "L’unica persona che può giudicarlo è lui stesso e io sono sicuro che lui conosceva i suoi punti di forza e i suoi difetti. Magari era un po' lento e meno esplosivo e a quell’epoca preferivano portieri meno grandi ma più esplosivi". Ecco le top news di oggi sul mercato del Milan: le ultime su Jovic, Sabitzer e non solo