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ESCLUSIVA – Ielpo: “Avanti con Pioli, Maldini e Donnarumma. Vi racconto il mio Milan”

Mario Ielpo, portiere del Milan dal 1993 al 1996 (credits: acmilan.com)

MILAN NEWS - Abbiamo chiacchierato con Mario Ielpo, ex portiere del Milan a metà degli anni '90. Leggi con noi l'intervista esclusiva

Antonio Tiziano Palmieri

"MILAN NEWS - Intervistato in esclusiva per PianetaMilan.it, Mario Ielpo, ex portiere del Milan di Fabio Capello a metà degli anni ‘90, ha parlato dei rossoneri a 360 gradi, lasciandosi andare anche in qualche ricordo di quando era parte attiva di una squadra formata da campioni.

"Il suo Milan è stato un grande Milan che dominava, oggi invece come vede la situazione della squadra? “La situazione è complicata perché al momento non sappiamo se Stefano Pioli, che secondo me ha fatto bene, rimarrà o meno. Non sappiamo neanche a livello societario se Paolo Maldini resterà nel suo ruolo. Il tutto è in divenire, ma al momento le dico che le cose sono complicate”.

"Come potranno i rossoneri uscire da questo periodo dove non si vincono trofei da diversi anni? “Prima di vincere purtroppo, secondo me, di tempo ne dovrà passare. L’obiettivo principale ora è consolidare il Milan a livelli dirigenziali, e questo si fa attraverso una stabilizzazione di tutta la filiera societaria. Non bisogna cambiare di continuo i punti di riferimento, come dirigenti e allenatori. Poi, si deve consolidare anche il parco giocatori perché un notevole ricambio fra di essi, difficilmente può portare a risultati nell’immediato. Questo discorso può essere utile per sistemare il bilancio e sistemare la prospettiva. Le squadre di calcio vanno costruite: prima la società, poi la gestione tecnica e infine la rosa dei calciatori a cui va aggiunto il tassello che manca. Non bisogna rifare sempre tutto altrimenti si riparte ogni anno da zero”.

"Lei riconfermerebbe Pioli per la prossima stagione? “A me è piaciuto sia dentro che fuori dal campo, quindi io non avrei nessun dubbio nel riconfermarlo. Il problema però non è la bravura dell’allenatore in sé, perché a quei livelli sono praticamente tutti preparati. Il problema è che non deve trapelare nella squadra, come è successo nel Milan quest’anno, il fatto che l’allenatore è un precario, altrimenti l’allenatore stesso farà sempre fatica a imporsi. La guida tecnica deve avere la piena fiducia della società, e questa deve essere percepita dai giocatori in modo tale che possano seguire tutte le indicazioni, altrimenti sono portati ad andare un po’ per conto loro”.

"Che idea si è fatto di Ralf Rangnick? “Io non lo conosco personalmente perciò non mi permetto di dare un giudizio su di lui. Quello che posso dire è che siamo in Italia, e un’identità italiana deve rimanere in qualche elemento della filiera del club. Se vanno via anche Pioli e Maldini, il Milan si troverebbe con una proprietà straniera, con una dirigenza straniera e con un nuovo allenatore straniero (se veramente arrivasse Rangnick come si dice). Quando dico straniero non intendo dire di nazionalità straniera, ma mi riferisco al fatto della poca conoscenza del calcio italiano. Questo discorso riguarda anche la squadra perché vedo i nomi che girano per i nuovi acquisti e sono tutti stranieri. Alla fine crei una squadra non italiana…ma poi in campo si va nel calcio italiano e non da un’altra parte. I miei dubbi sono questi, e non riguardano la professionalità e la bravura delle persone, ma riguardano il fatto che nel calcio i risultati bisogna ottenerli prima di subito”.

"Zlatan Ibrahimovic e Gianluigi Donnarumma, per lei, dovrebbero rimanere al Milan? “Dal punto di vista tecnico, Ibrahimovic e Donnarumma sono i pilastri del Milan insieme a Theo Hernández. Una società difficilmente dovrebbe privarsi di giocatori così, ma capisco bene che ci siano anche altri problemi. Soprattutto Donnarumma non va fatto andare via perché è l’anima della squadra, anche come prestazioni. È uno dei leader, e questo si percepisce anche dal riscaldamento pre partita. Però ha un ingaggio da top club mondiale, e non so se possa rimanere in una squadra che fatica ad arrivare in Europa League. Questo è un grosso problema”.

"Passiamo al passato quando lei giocava nel Milan, ci racconti un aneddoto di Silvio Berlusconi e Adriano Galliani. “Silvio Berlusconi l’ho visto poco nel Milan a parte quando vincevamo che veniva a farci i complimenti. Quando io sono arrivato, lui nello stesso anno è sceso in politica. Ricordo che ci disse questo in una riunione a Milanello. Mi ricordo ancora di un diverbio fra Adriano Galliani e Fabio Capello. Eravamo in una trasferta di Champions League dove avevamo fatto la nostra buona partita. Ma in quel periodo vincevamo spesso 1-0, segnavamo pochi gol e non giocavamo in maniera spettacolare. Capello allora sentì Galliani che parlava con qualcuno di questa cosa, e si sfogò dicendo ‘ma vinciamo tutte le partite, che cosa volete di più?!?!’. In quel periodo il problema è che a volte non eravamo spettacolari, mentre adesso i problemi sono ben altri”.

"Qual è il compagno più forte con cui lei ha giocato nel Milan? “Paolo Maldini, un vero fuoriclasse. Ancora oggi mi fa impressione quando lo vedo. Paolo giocava in un ruolo in cui magari non veniva visto come affascinante. Uno poteva rimaner affascinato più da George Weah per esempio, però nella sostanza della carriera, Maldini è stato più fuoriclasse di Weah. Poi c’è stato anche Marcel Desailly, che soprattutto il primo anno al Milan è stato impressionante”.

"Capello allenatore invece com’era? Una sua caratteristica? “Oltre ad essere uno tignoso che imponeva la serietà e la competitività all’interno dello spogliatoio, aveva una grande capacità nel leggere le partite. Io pochi allenatori ho visto così bravi. Anche quando giocavamo delle amichevoli contro avversari poco conosciuti, lui dopo 2 minuti vedeva dove era il problema”.

"Quali erano i segreti di quel Milan? Soprattutto della squadra che nella stagione 1993/1994 vinse campionato e Champions League? “I segreti di quella squadra erano i 6 giocatori su cui tutto si fondava: i 4 classici della difesa, cioè Tassotti, Costacurta, Baresi e Maldini, più Albertini e Desailly a centrocampo. Questi erano la roccia della squadra, poi tutti gli altri davano quel brio che serviva per scardinare le difese avversarie. Penso che i veri fenomeni erano quei 6 che ti ho nominato con l’introduzione ogni tanto di Christian Panucci al posto di Mauro Tassotti. Quell’anno li facemmo la miglior difesa con il record di imbattibilità di Sebastiano Rossi”.

"Meglio vincere il campionato o la Champions League? “Preferisco la Champions, perché è qualcosa di particolare con le gare a eliminazione diretta. La finale vinta 4-0 ad Atene contro il Barcellona, è la partita che ricordo sempre con più piacere. Il campionato invece è qualcosa che uno vince partita dopo partita e ne prendi consapevolezza strada facendo. La Champions ti fa provare emozioni uniche”.

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