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Milan, G. Galliani: “Per gli acquisti di Nesta e Inzaghi ci misi lo zampino”

Redazione

Gianluca Galliani, figlio dell'ex amministratore delegato del Milan Adriano, ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni. Le dichiarazioni

(Di Alessandro Schiavone)

Gianluca Galliani è un imprenditore che opera nel mondo dell’intrattenimento e della tecnologia da oltre 20 anni. CEO & Co-Founder di Seven Music Entertainment dal 2001 per oltre 16 anni è stato editore di Rock TV e Hip Hop TV in esclusiva per Sky Italia, ha organizzato grandi eventi, iniziative speciali e produzioni TV e SOCIAL per i propri media e per grandi aziende multinazionali come Tim, Heineken, Pepsi, Jack Daniel’s, Vodafone e molte altre. CEO & Co-Founder di Pladway, Fullstack Programmatic di Digital Out Of Home (DOOH) nata nel 2018, in pochi mesi è diventata la piattaforma leader in Italia rappresentando una case history unica nel panorama mondiale della pubblicità in esterna, è stata acquisita da Voilàp Holding nel 2020.

Dall’età di 9 anni ha potuto vivere al fianco di Adriano Galliani una delle più grandi carriere dirigenziali della storia del calcio mondiale con 29 trofei vinti tra cui 5 Champions League con l’AC Milan, diventando nel tempo il più fidato consigliere di suo padre. È laureato in Scienze Politiche all’Università Statale di Milano. Adesso, Gianluca Galliani, concentrerà il suo Know-How e la sua esperienza nel progetto Noisefeed Injuries.

La piattaforma di Big Data, punto di riferimento nel calcio professionistico, contiene il più grande database tematico di tutti gli infortuni dei calciatori professionisti, utile a supportare le scelte in chiave mercato e aiuto allo sviluppo della carriera dell’atleta grazie allo studio dell’integrità fisica e alla conoscenza del suo storico infortuni. Rivolta ai proprietari dei club, direttori sportivi, dipartimenti di scouting, staff medici e atletici, federazioni, istituzioni ed agenzie di intermediazione per ottimizzare i criteri di analisi, valutazione e scelta. Queste le dichiarazioni rilasciate in esclusiva ai nostri microfoni.

Buongiorno Gianluca, tuo padre Adriano è stato per 31 anni l’amministratore delegato del Milan. Cosa rappresenta il Milan ancora oggi per la famiglia Galliani?

“Penso che non c’è bisogno di dire molte parole se non il fatto che il Milan rappresenta il cuore, l’affetto e la fede calcistica della famiglia Galliani. Non credo che servano dire molte altre parole. Ovviamente tutti conoscono il grande lavoro che ha fatto mio padre ma soprattutto la sua grande passione e l’amore per i colori rossoneri. Le sue due squadre di tutta una vita sono state il Monza e il Milan e continuano ad esserlo oggi più che mai. E anche le mie.”

Il Dottor Adriano Galliani viene spesso avvistato a San Siro per le grandi partite del Milan. Lei invece, ci va ancora?

"Sì, sono stato a vedere qualche partita poi ovviamente col Covid non sono più andato ma prima del Covid assolutamente. Il tifo è rimasto invariato, non è cambiato di una virgola. Quindi quando si può andare a vedere le partite a San Siro è sempre un piacere. E quando non si va allo stadio comunque da casa rimaniamo degli ultras (ride ndr)".

Tutti ricordano il grande Milan di Silvio Berlusconi che era pieno di campioni. Questo Milan invece è un mix di gioventù ed esperienza. Ti piace la nuova politica della società?

“Sì, mi piace molto e ho fatto anche pubblicamente più di una volta i complimenti. Mi piace molto questo progetto perché rivedo i valori che hanno portato il Milan sul tetto del mondo, questa unione d’intenti, il Milan è tornato ad essere una famiglia. Mi permetto di dire che magari per qualche anno e per un po’ di vicissitudini non lo era più stato. Io ho sempre guardato il Milan e per un determinato periodo le partite erano diventate anche una penitenza. Ma nonostante tutto non ho mai saltato una partita. Ora veramente mi diverto e la squadra mi appassiona perché ci vedo i valori giusti e ho molta fiducia nella società. Paolo Maldini, Ricky Massara e Stefano Pioli stanno facendo un ottimo valore.”

L’esperienza di Zlatan Ibrahimovic, Olivier Giroud e Simon Kjaer con l’aggiunta di tantissimi giovani come Tomori, Tonali per citarne solo alcuni. Vedi analogie con la squadra che vinse la Champions League nel 2007? 

“Secondo me è sempre difficile fare paragoni, lo ripete sempre anche Paolo nelle interviste. E’ sbagliato paragonare il Milan di oggi al Milan di allora perché sono due storie diverse. Ma ripeto, a me questo Milan piace molto e mi appassiona e non vedo l’ora che arrivi una partita per vederlo giocare. Questo Milan gioca bene e ha fatto innamorare i tifosi grazie alla sua grinta, l’intensità e la passione che mette in campo.

Tutto questo è stato fondamentale nel raggiungimento del secondo posto che è un risultato straordinario. La squadra ha avuto attestati da brividi da parte dei tifosi, in particolare dagli ultras che hanno accompagnato la squadra nei momenti più importanti. Attorno al Milan  è veramente tornata una grande passione che era un pò mancata negli ultimi anni ed è anche tornata un unione d’intenti fra tutte le componenti del club. E ci metto anche i tifosi. Per me le squadre di calcio sono dei tifosi oltre che del proprietario. Ripeto, questo Milan mi appassiona.”

A tuo papà piacevano molto i giocatori brasiliani mentre Maldini pesca spesso giocatori di nazionalità francese. Cosa pensi di questo Milan francese?

“A mio padre piacevano tanto i giocatori brasiliani ma gli piacevano tanto anche giocatori di altri paesi (ride ndr). Come questione ambientale e culturale io non sto mai a guardare da dove provengono i calciatori ma sto a guardare le persone che arrivano nel club. Olivier Giroud non lo conosco personalmente ma tutti me ne hanno sempre parlato bene, è un ottimo professionista e credo che abbia le caratteristiche giuste per questo Milan. La scelta di Giroud mi sembra assolutamente in linea con quelli che sono i valori del Milan attuale.”

Quali sono secondo te le differenze tra l’Ibrahimovic 28enne che tuo papà portò al Milan nel 2010 e quello di oggi?

“Io amo Ibra tantissimo, lo considero un giocatore eccezionale. Credo che sia un po’ come un buon vino, ogni anno che passa migliora perché ha sempre la voglia di migliorarsi. Tante volte si hanno giocatori giovani che ogni anno peggiorano perché hanno talento naturale ma non lo sviluppano. Anno dopo anno Ibra è sempre più determinato, più consapevole e più maturo anche come persona. E tutto questo lo riesce a portare nella professione. Riesce ancora a giocare a quarant’anni perché è un professionista eccezionale. Non nascondo che ho una grande passione per Ibra.

Quando si parlava che poteva tornare al Milan, io lo speravo tanto e credo che i fatti abbiano dato ragione alla società che l’ha voluto fortemente. Ibra ha portato veramente un cambio di mentalità nella squadra. Tante volte credo che i dirigenti da un lato e l’allenatore dall’altro lato possono arrivare fino ad un certo punto in uno spogliatoio ma poi credo che siano fondamentali i leader. Storicamente noi abbiamo sempre avuto leader immensi. Pensiamo a Baresi, Maldini, Tassotti e Costacurta e sbaglio a fare dei nomi perché poi sono talmente tanti. I leader sono fondamentali per creare un team competitivo e da questo punto di vista, e non solo, Ibra è stato fondamentale. E sono convinto che farà ancora bene nella prossima stagione.”

Nel 2006 quando Andriy Shevchenko passò dal Milan al Chelsea tuo padre disse che fu la vittoria della lingua inglese su quella italiana. Il trasferimento di Gianluigi Donnarumma dal Milan al PSG si può definire come la vittoria della lingua francese sulla nostra? Scherzi a parte, cosa ne pensa di questo che da tanti viene visto come un tradimento senza precedenti?

“Io non mi permetto di commentare nulla. Posso semplicemente dire che la partenza di Gigio mi è dispiaciuta molto. Ma credo che la società abbia fatto una scelta che è in linea con questo nuovo progetto che a me piace molto. E’ ovvio ed evidente che in questo momento ci sono dei club che hanno una potenzialità economica, per diverse ragioni, differente. Gigio è un caro amico e gli auguro ogni bene ma sono convinto che il Milan continuerà a fare bene anche senza di lui.”

Fa ancora più male vederlo partire da Campione d’Europa e miglior giocatore del torneo?

“Gigio è stato straordinario e determinante nella vittoria dell’Italia agli Europei ma non è che mi ha aumentato il dispiacere perché ero già dispiaciuto. Quando un giocatore della Primavera del Milan che è cresciuto nel Milan va via, ho sempre un dispiacere. Uno dei modi per finanziare il club e quello di fare delle plusvalenze cedendo dei giocatori della Primavera com’era successo anche quando c’era mio padre. Ripeto, per me è sempre un dispiacere, lo è stato con Locatelli, Cutrone, Pessina e Cristante. Mi dispiace sempre quando va via un giocatore del settore giovanile ma sono felice che Calabria abbia rinnovato e credo che avere dei giocatori che amano questo club e ci sono cresciuti sia un valore aggiunto.”

Da tifoso e figlio d’arte chi è stato il giocatore che hai più amato dal 1986 al 2017? C’è ovviamente l’imbarazzo della scelta perché tuo padre di campioni in rossonero ne ha portati tanti…

“Sicuramente Marco Van Basten per la sua storia di fenomeno ma anche per la sofferenza del suo distacco dal mondo del calcio. Mi viene un lacrimone quando ripenso agli ultimi anni e le sofferenze che ha avuto. Questo triste finale di una carriera mostruosa di un giocatore fenomenale sicuramente ha creato un qualche cosa di particolare nel cuore. Poi devo dire che mio padre mi ha viziato talmente tanto così come tutti i tifosi del Milan con talmente tanti giocatori che poi si fa fatica a dirne uno. Stiamo parlando di un club che ha fatto la storia del calcio grazie a un presidente, dirigenti, allenatori straordinari e giocatori immensi.”

Come hai vissuto l’addio forzato al calcio giocato di Marco Van Basten che giocò la sua ultima partita nella finale di Champions League del 1993 a Monaco di Baviera col Marsiglia?

“L’ultima partita che ricordo io è stata con l’Ancona perché poi era rientrato e aveva fatto delle partite in campionato. Ma comunque ripeto, il distacco dal calcio forzato per questa caviglia di Marco è stato un trauma. Oltre che un fuoriclasse Marco è un ragazzo speciale e quando viene a Milano spesso andiamo a cena con papà.” 

Chi è stato l’acquisto che più ti ha fatto emozionare? E c’è mai stato un giocatore che desideravi di vedere al Milan talmente tanto che iniziavi a mettere pressione a tuo padre per acquistarlo?

“Ho sempre avuto un rapporto profondo con mio padre e di fatto mio padre è il più grande consigliere della mia vita professionale e anche nella sua ci confrontavamo tutti i giorni. Posso dirti, ci sono stati su tutti due giocatori su cui io ho sfinito talmente tanto mio padre per acquistarli che poi me li ha presi e sono stati Pippo Inzaghi e Sandro Nesta. Non so se sarebbero arrivati al Milan se non avessi così massacrato mio padre  Erano due giocatori che amavo molto e che consideravo straordinari.

Tutti e due avevano questa caratteristica che sapevano prima dell’inizio dell’azione dove andava a finire la palla, Nesta in difesa e Inzaghi in attacco. Su questi due acquisti ho rotto tante volte (ride ndr). Mio padre ha questa caratteristica che ascolta tutti in famiglia e soprattutto in famiglia viviamo tutti questo suo bel lavoro che fa nel mondo del calcio. Su questi due giocatori in maniera particolare sono stato pesante e gli chiedo scusa ma credo che sia poi contento di averli presi.”

Qual’è stata la partita del cuore e che non dimentica mai?

“Ne direi due. La prima finale di Coppa dei Campioni contro la Steaua Bucarest con 90 mila tifosi del Milan e poi la finale di Manchester contro la Juve che seguiva una semifinale contro l’Inter. Quella con la Juve rimane per me la vittoria più goduta perché comunque vincere con l’Inter in semifinale e in finale contro la Juve è qualcosa di irrepetibile nella storia del calcio.

Spero e mi auguro che succeda ancora ma al momento all’orizzonte vedere tre squadre italiane in semifinale di Coppa dei Campioni non è così semplice.  Quell’anno è stato un anno straordinario e tra l’altro non partivamo favoriti né con l’Inter e né con la Juve e quindi è stato doppiamente bello. Spero di sbagliarmi ma vincere cinque Coppe dei Campioni è qualcosa di irrepetibile per qualunque squadra italiana oggi e il tempo ancora di più darà veramente un risalto incredibile a questo ciclo fenomenale perché ha portato il Milan ad essere dopo il Real Madrid la squadra più grande d’Europa e del mondo a livello di titoli.”

Possiamo dire che il declino rossonero è iniziato proprio dalla partenza di Sheva al Chelsea nel 2006? Sono poi seguiti Kakà tre anni dopo e Ibra-Thiago Silva nel 2012…ma la cessione di Sheva fu una bella botta per i tifosi.

“Direi di no perché poi il Milan ha vinto ancora la Coppa dei Campioni e lo Scudetto. Sicuramente ci sono stati dei problemi e fa piacere che oggi il Milan stia tornando, nei valori almeno, quello che è sempre stato. Non direi che il declino è iniziato lì. Ma sicuramente la partenza di Sheva è stato un distacco e una sofferenza per tutto l’ambiente. Ma il Milan ha poi continuato per la sua strada.”

In tanti pensano che forse con Sheva il Milan non avrebbe vinto la Champions League nel 2007. Sei d’accordo?

“Non lo so, stiamo parlando di un fenomeno. Nel calcio questi discorsi lasciano il tempo che trovano. Abbiamo vinto con Sheva e abbiamo vinto senza Sheva. Il Milan continuerà ad essere il Milan e tornerà a vincere perché è un grande club. Al Milan tutti sono importanti ma nessuno è indispensabile. Siamo la prima squadra italiana per titoli a livello internazionale. E il Milan aveva già due Coppe dei Campioni prima che iniziasse questo ciclo glorioso.”

Per te è stata più dolorosa la partenza dell’attaccante ucraino o quella di Kakà?

“Impossibile dare una risposta. Tutti e due. Ma è stato doloroso anche per loro perché poi a posteriori chiunque è andato via dal Milan si è sempre pentito, almeno nei colloqui privati che ho avuto io. Il Milan non era solo un club, era proprio una famiglia dove si stava bene e ci si voleva bene e non è così in tutte le squadre.”

Tanti giocatori sono venuti al Milan con l’etichetta del campione ma, per un motivo o per l’altro hanno fatto fatica e non hanno sfondato. Penso a Lentini, Kluivert, Davids, Dugarry, Redondo, Pato, El Shaarawy. Hai un rimpianto in particolare?

Ci sono state tante vittorie poi qualche rimpianto sicuramente può esserci. Io quando guardo al passato mi piace ricordare le cose belle.”

A cosa può ambire il Milan l’anno prossimo in campionato e in Champions?

“Non ho la sfera di cristallo ma sarà un campionato difficile perché ci sono stati grandi cambi a livello di allenatori. Sarà un campionato più aperto e sarà difficile fare delle previsioni. Io credo che la Nazionale italiana abbia vinto gli Europei perché è stato fatto un lavoro straordinario da parte della Federazione, Mancini, e da tutto il suo staff tecnico e da tutti i giocatori. Però credo che sia stato anche la conclusione di un percorso di un campionato che è cresciuto molto negli ultimi due anni.

E’ cresciuto e di fatto sono cresciuti poi anche i calciatori. Alcuni come Jorginho e Verratti sono cresciuti all’estero e quindi hanno poi portato questo bagaglio. Credo che la Serie A sia un campionato davvero competitivo e un po' come l’Inghilterra fare dal primo al settimo posto una previsione è impossibile secondo me quest’anno. Sono tutti competitivi e la differenza come al solito la faranno i gruppi e gli infortuni. Quest’anno poi è un anno particolare perché ci sarà la Coppa D’Africa e quindi squadre come la nostra avranno fuori dei giocatori importanti in partite importantissime. Non sarà un campionato facile ma il Milan è competitivo.”

La Serie A è in crescita ma c’è una fuga di cervelli abbastanza importante: Da Donnarumma a Hakimi passando per De Paul e forse Cristiano Ronaldo. Le squadre italiane sono di nuovo in difficoltà a livello economico e questo trend allarmante a tanti ricorda gli anni bui dal 2006 al 2013. 

"Oggi ci sono dei club che hanno potenziali economici importanti, quindi è normale che questi campioni vengano presi. Poi i discorsi si faranno il 31 agosto quando finirà il calciomercato. Parlare a meta o all’ inizio del mercato secondo me non è esattamente corretto. Sono andati via degli ottimi giocatori ma sono sicuro che degli altrettanto ottimi giocatori arriveranno in Italia".

Lei oggi fa parte dell’azienda Noisefeed. 

 “Nel mio percorso imprenditoriale ho sempre cercato di coniugare la mia grande attrazione verso la tecnologia con le mie grandi passioni personali. Ringrazio Nicolò e tutti i soci di Noisefeed per avermi dato la possibilità di continuare il mio percorso nel mondo del digital coniugandolo con la mia passione più grande: il calcio. Inizio questo nuovo percorso professionale con grandi motivazioni. Ho avuto il dono di poter vivere il calcio dal di dentro ai massimi livelli e ho potuto sperimentare quanto gli infortuni influiscano in maniera importante nei risultati sportivi e quindi anche economici dei club. Considero Noisefeed Injuries uno strumento straordinario e sono convinto che sarà adottato da tutti i club professionistici e dalle federazioni mondiali". Il rinnovo di Franck Kessie procede a rilento: il Liverpool ne approfitta? Offerto un super contratto