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Giacomo Tedesco, ex centrocampista
Giacomo Tedesco, ex centrocampista di Palermo, Salernitana, Napoli, Reggina, Cosenza, Catania, Bologna e Trapani, è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni. Insieme a lui, abbiamo trattato diversi temi quali le accuse discriminatorie su Gennaro Gattuso, gli aneddoti del Milan del passato, la Nazionale di Roberto Mancini, i trasferimenti di Gigio Donnarumma, Hakan Calhanoglu e del sogno Sergio Ramos.
Buon pomeriggio signor Tedesco. Lei è cresciuto calcisticamente nel Palermo in Serie B, ma ha fatto l’esordio in Serie A nella stagione 98-99 con la Salernitana. Una stagione condita anche da un gol contro la Lazio. Ci può raccontare cosa si prova ad arrivare a giocare nel massimo campionato nazionale dopo essere cresciuto umanamente e calcisticamente in quartiere umile e lontano dai riflettori?
"Sono cresciuto nel settore giovanile del Palermo. Ho vissuto tanti anni in Serie B. Il secondo anno non andò bene e allora ho cercato una nuova sistemazione andando a Salerno. Lì ritrovai Francesco Galeoto, Ciro Ferrara, mio fratello (Giovanni Tedesco, n.d.r.). A 23 anni ho avuto questa possibilità di giocare in Serie A e a Salerno ho avuto la possibilità di coronare questo sogno che mi portavo fin da bambino".
A proposito di Salernitana. Lei è stato compagno di squadra con un calciatore che ha fatto la storia del Milan: Rino Gattuso. Adesso è un allenatore. Ha passato l’ultima stagione sulla panchina del Napoli sfiorando la qualificazione in Champions, poi il passaggio alla Fiorentina e l’addio ai viola dopo pochi giorni. Sembrava essere ad un passo dal Tottenham e invece i tifosi degli ‘Spurs’, a gran voce, hanno detto: “Non vogliamo Gattuso: è omofobo, razzista e sessista”. E la società non ha più preso Rino e sta virando su altri nomi. Lei che lo conosce, è vero quello che hanno detto gli inglesi sul suo conto?
"Quando arrivai alla Salernitana, Gattuso aveva 19 anni. Si vedeva già che era un calciatore che non mollava mai, anche durante gli allenamenti. Era grintoso e negli anni è migliorato anche a livello tecnico-tattico. Per questo al Milan ha vinto tanto, perché ha dato più di quello che in realtà poteva dare: correva per tutti. Da allenatore mi ha sorpreso. Quello che ha fatto al Napoli, con la qualificazione in Champions sfiorata all’ultima giornata... Lì forse ha allentato un po’ la presa perché già si sapeva che Gattuso non avrebbe continuato ad allenare il Napoli. Se fosse stato confermato, io sono convinto che avrebbero vinto l’ultima partita. Le tante voci di mercato sicuramente hanno fatto distrarre l’ambiente perché chiunque avrebbe vinto quella gara. Io ritengo che prima della fine di un campionato non si può parlare di mercato, ma al termine di esso si. Riguardo la dichiarazione dei tifosi del Tottenham penso che siano fuori luogo: è tutto tranne quello che hanno detto su di lui. E’ un uomo spogliatoio, è uno che carica i giocatori a dovere ma che sia omofobo e tutto quello che hanno detto secondo me è fuori luogo".
Riguardo la Salernitana, quest’anno dovrebbe partecipare al campionato di Serie A. Secondo lei, alla fine di questa storia, il club parteciperà al massimo campionato nazionale?
"Mancano pochi giorni al verdetto finale. Forse il presidente Claudio Lotito chiederà una proroga di qualche altra settimana per cercare di risolvere il tutto nella miglior maniera possibile. Salerno merita la Serie A, l’ha conquistata sul campo, e sarebbe un peccato se non disputasse questo campionato. Comunque io sono convinto che alla fine parteciperà. Anche perché, se ciò non dovesse capitare, dovrebbe ripartire dalla Serie B e una piazza così importante non merita ciò perché ha ottenuto la promozione meritatamente".
Lei si trasferì nel 2003 alla Reggina, allora militante in Serie A, rimanendo fino al 2007. Poi ha fatto ritorno in Calabria nel 2010, ma vorrei soffermarmi sulla prima esperienza. A mio avviso, la Reggina ha scritto una delle pagine più romantiche del calcio italiano, in quanto nel 2006 è stata ‘vittima’ dello scandalo Calciopoli insieme ad altri club, come il Milan ad esempio. Aver raggiunto quella salvezza che nessuno si aspettava, battendo il Messina nel ‘derby dello stretto’, conquistando 51 punti sul campo... Ritiene che sia stata la parte più bella della sua carriera da calciatore?
"Si, ho fatto quattro stagioni esaltanti per quanto riguarda me e anche per quanto riguarda la piazza. Abbiamo raggiunto una salvezza dove eravamo partiti con –15, poi la penalità è stata ridotta a –11. Era una squadra composta da giocatori bravi, umili, disposti al sacrificio. A parte Nicola Amoruso, che veniva dalla Juventus, c’erano giocatori umili come Rolando Bianchi, Julio César Leon, Giandomenico Mesto, Francesco Modesto, Alessandro Lucarelli. Era una squadra fatta per avere degli stimoli, per credere ad un progetto che sembrava irrealizzabile. Si, la Reggina fece un miracolo calcistico e se non ci fosse stata la penalità rischiavamo anche di poter giocare i preliminari di Coppa UEFA. Comunque è un ricordo bellissimo, abbiamo anche ricevuto la cittadinanza onoraria di Reggio Calabria. Ricevere questo riconoscimento è veramente qualcosa di bello. E’ una delle pagine più belle della mia carriera insieme all’esordio con la Salernitana, con il Palermo ‘dei picciotti’ perché è iniziato tutto da lì. Ho chiuso la carriera con il Trapani e abbiamo vinto il campionato, a Catania abbiamo fatto un ottimo percorso in Coppa Italia perdendo solamente in semifinale contro la Roma. Però è chiaro che quella salvezza con la Reggina la ricordo con molto piacere".
Giocando in Serie A, lei ha affrontato diverse volte il Milan. Qual è stato il calciatore rossonero più forte che ha affrontato?
"La squadra. Per me era forte la squadra. Inutile dire Ricardo Kakà, Andriy Shevchenko, Filippo Inzaghi... Era un gruppo di campioni. Si fa fatica a dire chi era il più forte anche perché in quei anni c’erano squadre formidabili. La Juventus era forte, la Roma... Ricordiamo che in quel Milan c’erano Alessandro Nesta, Paolo Maldini, Serginho e Cafu. In mezzo trovavi Andrea Pirlo, Massimo Ambrosini, Clarence Seedorf e lo stesso Gattuso. Davanti Shevchenko, Inzaghi e Kakà: l’albero di natale. Stiamo parlando di anni stellari, dove c’erano dei giocatori formidabili nel calcio italiano. Penso di aver vissuto gli anni più belli della Serie A. Adesso tutti questi calciatori non ci sono più, ne vedi uno o due per squadra. Ad esempio l’Inter ha tanti giocatori forti, è vero. Su tutti Romelu Lukaku, Lautaro Martínez, Nicolò Barella. Ma il per il resto sono calciatori che ai tempi trovavi in squadre meno blasonate come il Torino, il Bologna. Anche la Lazio era molto forte. Era difficile fare punti contro quelle squadre, quindi la salvezza passava sempre dagli scontri diretti. Però quel Milan, dal 2003 al 2007, che ha vinto due Champions... In entrambe le occasioni è capitato che i rossoneri hanno giocato contro la Reggina nella settimana della finale. E per noi giocare contro i campioni d’Europa era uno stimolo in più, era veramente affascinante".
Lei ha anche citato Paolo Maldini, oggi direttore dell’area tecnica del Milan. Secondo lei, la questione legata a Gianluigi Donnarumma è stata gestita nel migliore dei modi dall’ex capitano oppure bisognava agire diversamente e provare a trattenere il portiere della Nazionale?
"Stiamo parlando sicuramente di un grandissimo portiere, giovane, che ha davanti a sé una grande carriera. Non è ancora il numero uno al mondo ma già rende il confronto con portieri come Manuel Neuer. Sicuramente diventerà il più forte, ma è chiaro che il calcio italiano perde un’altra pedina importante rendendo, in questo modo, il livello tecnico un po’ più basso. I calciatori italiani più forti vanno all’estero perché fuori dall’Italia c’è sempre chi offre di più, come il PSG ad esempio. Il fattore economico nel nostro Paese incide molto. La crisi che sta attraversando l’Italia fa perdere questo tipo di giocatori. Da noi tutte le squadre praticamente sono composte da stranieri, gli italiani forti vanno via. Forse chi viene in Italia dall’esterno magari si accontenterà pure di guadagnare meno, ma la ‘nostra’ qualità tecnica viene premiata all’estero. Il Milan, comunque, negli ultimi due anni ha fatto una piccola rivoluzione puntando sui giovani, ha fatto un grandissimo campionato risultando essere l’unica a dare testa all’Inter. Secondo me non è un gruppo fatto per combattere fino all’ultimo, però forse proprio per investire ancora di più il Milan necessitava di non avere in rosa un grosso stipendio come quello di Donnarumma. Chiaro che mi dispiace che sia andato via, però è giusta la linea societaria. Bisogna avere rispetto per tutti, non si può dare troppo ad un solo calciatore e poi ad un altro molto di meno".
Donnarumma è il portiere della nostra Nazionale. E a proposito di Italia, ha chiuso il girone in testa alla classifica a punteggio pieno, vincendo tre partite su tre disputate. Secondo lei, fin dove può arrivare la squadra di Mancini?
"Non subisce gol da 12 partite, ha anche raggiunto il 30esimo risultato utile consecutivo... L’ha dimostrato anche durante le qualificazioni di essere una squadra che fa divertire, che piace, l’entusiasmo è alle stelle. Si vede che c’è un gruppo affiatato, si intendono tutti a meraviglia, anche la panchina dà dei segnali importanti sotto questo punto di vista. Ogni volta che si fa un gol, i panchinari vanno ad abbracciare i compagni perché tutti remano verso la stessa direzione. Chi ha giocato a calcio intuisce che c’è un qualcosa di positivo. Non so come finirà questo europeo, ma sono convinto che si tratti di un gruppo che ci farà divertire ai prossimi mondiali. Se questo è l’andazzo ci sarà da divertirsi perché è una Nazionale che corre, che gioca ed era da parecchi anni che non si vedeva un gruppo del genere e questo è tutto merito di Mancini".
Ritornando indietro alla sua esperienza con la Reggina. Lei ha giocato un’amichevole estiva di assoluto prestigio contro il Real Madrid. In quella squadra erano presenti tanti ex Milan: Capello in panchina, Emerson, David Beckham, Robinho e Antonio Cassano. Gli ultimi due, tra l’altro, hanno anche vinto uno scudetto con i rossoneri. Che partita è stata e quanto è stato bello ed emozionante affrontare tutti quei grandi campioni?
"Se la Reggina ha fatto quell’amichevole il merito è di mister Fabio Capello. La dinamica è stata la seguente: noi eravamo in ritiro a Spoleto e allora il Real Madrid cercava una squadra per giocare un’amichevole. La Reggina ha mandato la sua disponibilità e mister Capello, vedendo le squadre che avevano dato appunto la loro disponibilità, ha scelto la Reggina perché sapeva di trovare una squadra rognosa come diciamo noi. E quando arrivò la notizia in ritiro ci fu lo stupore generale di tutti noi calciatori. Capello, quando allenava la Roma, aveva sempre filo da torcere ogni volta che affrontava la Reggina perché era una squadra combattiva, gagliarda, che non mollava mai. E' stata una partita bellissima contro tutti quei campioni e vedere Antonio (Cassano, ndr) lì è stato bello. Giocare contro Beckham, contro Emerson con il quale ho fatto mille battaglie. Proprio lui ad ogni fine partita mi ripeteva sempre: “Tedesco, ma quanto sei rompi palle?” (ride, ndr). Sono cose che ricordi con molto piacere. E’ stato il calciatore con cui ho scambiato più volte la maglia insieme a Seedorf. Era bellissimo battagliare contro i centrocampisti e poi scambiarci la maglia a fine partita. E’ stata anche una bella partita, Leon ha fatto una super gara. Era imprendibile in quel momento, quasi quasi poteva andare anche lui al Real (ride, ndr). In quella partita, però, aveva messo veramente in difficoltà tutta la difesa del Real Madrid colpendo anche un palo. E’ stato un calciatore che ci ha fatto fare il salto di qualità durante la prima parte di quella stagione, poi però è stato ceduto al Genoa e da noi venne Pasquale Foggia. Purtroppo non ha fatto quello che fece Leon, però sicuramente è stato anche lui è stato un calciatore qualitativamente interessante".
Rimanendo sempre in tema Reggina-Real Madrid. In quel Real Madrid era presente un difensore che ha fatto la storia del club: Sergio Ramos. Parlando di mercato, negli ultimi giorni è stato accostato anche al Milan. Tralasciando il fatto che questo sogno sia realizzabile o meno, quanto sarebbe importante ed utile per la squadra di Pioli avere in rosa un calciatore di quel calibro?
"Io credo che Sergio Ramos avrà ancora 3-4 anni a disposizione per dire la sua. In un gruppo come il Milan io lo vedrei bene perché è un gruppo composto da giovani calciatori e una figura come la sua sarebbe importante per la crescita di questi giovani. E’ vero che si parla di cifre astronomiche, superiori addirittura a quelle richieste da Donnarumma. Però chissà, magari i soldi risparmiati dall’ingaggio di Donnarumma potrebbero essere investiti su un calciatore come Ramos. Riguardo Donnarumma, lo ricordo in un torneo del 2012 in Toscana dove partecipai con gli allievi del Trapani. In particolar modo ricordo la finale, dove sfidò Gianluca Scamacca. Vinse l’attaccante 2-0, ma entrambi si vedevano già che avevano una marcia in più rispetto agli altri e che avrebbero fatto sicuramente carriera. Scamacca aveva delle potenzialità incredibili, quest’anno ha fatto bene anche in Nazionale".
Anche Scamacca, tra l’altro, è uno dei tanti attaccanti accostati al Milan.
"Si, è vero che ha girato un po’ giocando nei campionati stranieri. Ma adesso si vede che acquisito esperienza e ritengo che sia pronto per confermare le sue qualità".
Oggi lei è un allenatore. E lei, durante la sua carriera da calciatore, è stato allenato da parecchi tecnici preparati. Ce n’è uno in particolare di cui vorrei parlare: Zdenek Zeman. Ha allenato grandi squadre come la Roma, la Lazio, il Foggia ‘dei miracoli’... Tra l’altro ha fatto ritorno nella squadra pugliese proprio in questi giorni. Si è sempre parlato dei suoi allenamenti rigidi, dei famosi gradoni... Ci può raccontare cosa è stato per lei Zeman e cosa significa essere un giocatore allenato dal tecnico boemo?
"Io ho fatto due stagioni con lui. La prima con il Napoli nel 2000, ma durò soltanto sei partite, infatti ho giocato poco perché quando andò via la società non puntò più sui ‘suoi uomini’. Lo ritrovai a Salerno dove facemmo una stagione strepitosa. Mi fece giocare da play ‘alla Pirlo’, segnai 8 gol e realizzai tanti assist. Sicuramente in quei anni il suo metodo di lavoro, il suo lavorare con la forza era diverso dagli altri. Poi chiaro che con gli anni il calcio si è evoluto e questa metodologia è stata messa da parte. Lui ci faceva fare i gradoni, ci faceva mettere un compagno sulle spalle... In quei anni erano esercizi che servivano, era la novità. Se si prendevano queste novità con lo spirito giusto ti consentivano di fare il salto come è successo a me e a tanti altri. Poi ricordiamo che da lui sono nati diversi calciatori quali Francesco Baiano, Roberto Rambaudi, Marco Verratti, Ciro Immobile. Tutti ragazzi giovanissimi che sotto la sua guida sono esplosi, è un allenatore di talenti. Talenti che da sconosciuti, poi, li faceva esplodere".
Anche lei da allenatore si è tolta una grande soddisfazione. Ha avuto un’esperienza sulla panchina della Reggina e, anche in quell’occasione, ha raggiunto una difficile salvezza giocando i play out di Lega Pro, un’altra volta, contro il Messina. Ha provato le stesse sensazioni sia da calciatore che da allenatore raggiungendo lo stesso obiettivo, seppur in due categorie diverse?
"E’ tutto diverso. Da calciatore sei solo, devi scendere in campo con gli altri. Da allenatore devi fare gruppo, è molto difficile ma è anche molto più bello, più esaltante. E’ quello che mi piacerebbe fare anche se è difficile. E’ difficile trovare quel direttore sportivo che creda in te, in quello che puoi fare. Dopo quell’esperienza non ho avuto più chiamate perché si, è vero che la Reggina ha ottenuto la salvezza sul campo ma poi è fallita. Il presidente (Foti, ndr) ebbe diversi problemi e non riuscì a iscrivere la squadra al campionato di Serie C. Dopo andai alla Igea Virtus ma andai in una situazione dove era impossibile allenare. Non c’era nulla che potesse far in modo di far parlare solo di calcio. Non c’era l’attrezzatura, a volte mancavano anche i palloni. Ma la voglia era tanta così come la passione, e volevo aiutare quei ragazzi che non prendevano nemmeno il rimborso spese. E’ difficile fare calcio in queste condizioni, infatti il club poi è fallito. Uno come Mourinho non avrebbe accettato (ride, ndr). Però avevo voglia di mettermi in gioco nonostante una situazione difficile, senza guadagnare nulla. L’ho fatto semplicemente per passione. Sicuramente non è stata la scelta giusta perché non c’erano gli strumenti adatti".
Ma quindi la rivedremo presto su qualche panchina?
"Spero di si. Sto lavorando perché ho l’entusiasmo e la voglia di allenare. Mi piacerebbe mettermi in gioco anche a livello giovanile".
Un’ultima domanda. Lei ha giocato sia con le maglie di Palermo che Catania. Sappiamo benissimo la rivalità che c’è fra le due squadre. Una situazione analoga sta accadendo anche qui a Milano, con il trasferimento di Calhanoglu dal Milan all’Inter, guadagnando così un solo milione in più rispetto a quanto gli era stato offerta dai rossoneri. Lei cosa ne pensa a riguardo?
"Si, ho giocato due anni a Catania. Sicuramente ha dato un po’ di fastidio ai palermitani, però io amo la Sicilia. Amo il Sud. Infatti ho fatto delle stagioni strepitose solo con le squadre del Sud. Ho avuto solo una parentesi al Bologna, una grandissima piazza. Sono stato lì 5 mesi ma non sentivo ‘mia’ la città. Mi mancavano il calore, i fischi, le critiche, tutti questi elementi che mi facevano esaltare e mi facevano pensare ‘adesso vi faccio vedere io’. Quindi sia Palermo, sia Catania, Salerno, Trapani... In tutte le piazze ‘mie’, quelle del Sud, mi rendevano orgoglioso di essere quello che sono. E spero che altre squadre possano riemergere. La Sicilia, ad esempio, non ha nessuna squadra in Serie B, la Calabria ha avuto il Crotone in A ed è retrocessa... Stiamo attraversando un momento difficile, a differenza di anni quali il 2004, il 2005, dove c’erano tre squadre siciliane in Serie A: Catania, Messina e Palermo. Adesso sono quasi tutte del Nord, eccezion fatta per il Cagliari e il Napoli. Ma da Napoli in giù, non ce ne sono. Riguardo Calhanoglu fa parte del gioco. Secondo me all’Inter farà bene perché è un giocatore di qualità. Per un giocatore i soldi non sono importanti. L’importante è giocare, anche perché se guadagni 4 milioni o 5 non ti cambia la vita. Via Calhanoglu: il Milan ha individuato il nuovo fantasista >>>
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