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Demetrio Albertini (ex centrocampista del Milan) ha rilasciato un'intervista alla Gazzetta dello Sport
Demetrio Albertini, ex giocatore del Milan, ha rilasciato un'intervista ai microfoni della Gazzetta dello Sport. Ecco le parole di Albertini: "Quando mi dicono ‘Maldini’ penso al talento e alla professionalità”. Capitano prima, dirigente ora, bandiera per sempre. Manifesto della ricostruzione rossonera. “Il saluto dei tifosi a Casa Milan mi ha colpito. Brividi, se lo merita”.
Albertini, è anche la Champions di Paolo.
“Al di là della qualificazione, ciò che ha creato è straordinario. Lui come Massara. E lo dice uno che il dirigente lo fa da un po’”.
Il suo segreto?
“Essere un collante, bravo nella gestione dei momenti difficili. Il Milan è la squadra più giovane della Serie A, una delle più giovani d’Europa. Non era facile. Lui ha dato equilibrio. È riservato, silenzioso, pacato, negli ultimi 2 anni è cresciuto molto. Lo considero un talento nella gestione del gruppo”.
La partita della svolta?
“Dico Milan-Cagliari 0-0, il match ball fallito per la Champions”.
Non il tris alla Juve o i 7 gol al Toro. Strano.
“Sa come mai? I grandi risultati si ottengono quando impari a gestire i momenti negativi. Quelli tosti in cui sbagli un all-in casalingo, con un risultato a disposizione. Lì capisci che devi lavorare ancora e meglio. Devi cadere per poter vincere”.
E infatti il Milan è tornato in Champions.
“Dopo essersi giocato lo scudetto per venti giornate e più. Una squadra strabiliante in positivo, ha colpito tutti. Qualificazione meritata”.
Che idea si è fatto della vicenda Donnarumma?
“Maldini e Massara l’hanno gestita bene. Mano ferma, decisa, nonostante Gigio non fosse l’ultimo arrivato. C’è dispiacere per come è finita, quello sì, perché Gigio è stato un patrimonio, ma la società è al di sopra di tutto. Ed è giusto così”.
Da bandiera, lei che avrebbe fatto al suo posto?
“Io non ho mai cercato di andar via, e il Milan non ha mai preso in considerazione un’offerta. So che sono arrivate, ma è andata così. Ero in una squadra vincente, sognavo di finire la carriera lì, ma rifarei tutte le esperienze che ho fatto. Gigio non se la sentiva più di restare, aveva più dubbi che certezze. Su queste basi è giusto andare via”.
Kessie e Bennacer restano due certezze.
“Bella coppia. Affidabile, forte, ben costruita: Kessie dà equilibrio, Bennacer detta i tempi. Ma io aspetto ancora Tonali…”.
Ci si rivede un po’?
“Ha movenze simili alle mie. Lo dissi tempo fa, quando lo accostavano a Pirlo. Andrea è inarrivabile, quindi meglio paragonarlo a me (sorride). Scherzi a parte, ha tutto per scrivere la storia del Milan. Deve essere meno timido, avere sicurezza in se stesso. È forte, andrebbe riscattato”.
Pioli è l’architetto di questo Milan.
“Ha dato consapevolezza al gruppo. Gli ha fatto capire cosa avrebbe potuto fare, lavorando in silenzio. Conosco bene il suo vice, Morelli, abbiamo giocato insieme a Padova anni fa. Hanno gestito bene i giovani. C’è la mano di Stefano dietro questo traguardo”.
Anche Ibra ci ha messo del suo.
“Vederlo parlare di scudetto quando nessuno gli dava credito è stato stimolante per il gruppo. Con lui o dai il massimo o sei fuori. È stato fondamentale con questa ‘presunzione’, estremizzando i concetti in cui credeva. Dico sempre che Zlatan è un concime per i giovani, un martello”.
Nel Milan di Albertini chi era così?
“Eravamo più silenziosi. In campo no, nello spogliatoio sì. Ci metto Tassotti, Filippo Galli, Baresi, Ancelotti, ma anche me e Maldini”.
Chiudiamo col mercato. Giroud è vicino, De Paul un obiettivo.
“Ottimi giocatori. L’eventuale perdita di Calhanoglu andrebbe coperta, e l’argentino è bel profilo. Il Milan deve acquistare giocatori mirati. Chiunque è in grado di migliorare la rosa va bene, non servono scommesse. La squadra è già forte così”. Ecco intanto la nostra esclusiva all'agente De Santis, che ci parla del calciomercato del Milan.
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