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Demetrio Albertini, ex centrocampista rossonero, ha parlato del Milan in un'intervista a 'La Gazzetta dello Sport' (foto: Getty Images)
Demetrio Albertini, ex centrocampista rossonero, ha parlato del rinnovo di Sandro Tonali e di argomenti legati all'attualità del Milan. Queste le dichiarazioni rilasciate a 'La Gazzetta dello Sport'.
Su cosa lo colpisce dell’evoluzione di Tonali: “Il coraggio. Il primo anno lo guardavi e vedevi timidezza, che presto si è trasformata in coraggio. È bello vedere che Tonali si è meritato il rinnovo sul campo e con i comportamenti, dalla riduzione di ingaggio in poi”.
A Genova giocherà con Pobega. Che effetto fa un Milan con due centrocampisti italiani? “È un bel segnale per Mancini, perché spesso gli italiani si trovano nelle squadre che non giocano per vincere. Per il Milan, invece, è positivo per senso di appartenenza. È vero che alcuni stranieri hanno dimostrato di potersi legare a vita a un club, ma con un gruppo di italiani è più semplice avere una base su cui costruire”.
Sguardo rapido alle ultime due partite del Milan. Che cosa ha lasciato il derby? “Da calciatore, la cosa più strana del derby sono state le facce dei giocatori. Quelli dell’Inter subivano le emozioni, dagli sguardi percepivi le difficoltà. E quando vedi quegli sguardi, da calciatore, ti viene voglia di metterli ancora di più in difficoltà”.
E Salisburgo-Milan? “Noi in Italia pensiamo che queste siano partite facili, ma sbagliamo. Il Salisburgo ha già giocato queste partite e il Milan è abituato a tenere in mano il gioco, cosa che in Europa è molto più complessa”.
Prossimo passo, Sampdoria, con tanti cambiamenti in formazione. Giusto? “Io non sono un uomo di cambiamenti. Per me, in Italia abusiamo del turnover. Altrove non va così, per il 90% gioca sempre la stessa squadra. Pensate al Real, quante partite hanno fatto Modric, Casemiro e Kroos? E nel grande Barça, quando uscivano Xavi-Busquets-Iniesta?”.
Quindi, che fare? “La domanda è: portiamo piano piano la condizione di tutti verso l’alto usando le rotazioni, col rischio di far entrare tardi la squadra in forma, oppure consolidiamo la condizione degli undici titolari e piano piano recuperiamo gli altri? A me piace più la seconda... ma per fortuna non ho mai fatto l’allenatore”.
Su Origi: “Mi piace perché è propositivo. Lo dico da ex calciatore: è bello da vedere e prova sempre a calciare, magari addosso a un avversario ma prova. E poi ha fisico, cerca la palla".
E De Ketelaere? “Mi sembra un giocatore che si sta ancora ambientando. Nessuno a quell’età può arrivare e fare il leader. Il vantaggio è che il Milan gioca un calcio propositivo. Ha in mano il suo futuro, dipende da lui”.
E la stagione del Milan, da che cosa dipende? “La mia sensazione è che il campionato dipenda soprattutto dal Milan. Vedo la crescita di tanti calciatori, vuol dire che la mano dell’allenatore c’è. E poi noto la passione dei tifosi, anche in mio figlio”.
In che senso? Quanti anni ha? “Ha 21 anni e non è mai stato così appassionato di una squadra, neanche quando l’ho portato a vedere la Nazionale. I tifosi percepiscono l’emozione e mi auguro che tutti i club italiani capiscano che oggi c’è bisogno dello spettacolo. Quando io ero all’Atletico Madrid, se vincevano giocando male lo stadio ci fischiava. Se non crei spettacolo, oggi, i ragazzi si mettono a guardare lo smartphone. I tifosi non sono stupidi e, se San Siro col Milan si riempie sempre più, un motivo ci sarà...”. Ecco come e dove vedere Sampdoria-Milan in tv e in streaming
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