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Massimo Ambrosini, ex centrocampista del Milan (credits: GETTY Images)
MILAN NEWS - Intervenuto in diretta Instagram con Carlo Pellegatti, l'ex rossonero Massimo Ambrosini ha ricordato i trofei vinti il, tra cui la vittoria di Atene in Champions League. "Quando vinci tanto è logico che a maggio ci sono le date delle finali. Ricordo gli arrivi a San Siro e i riscaldamenti con un po' di luce. Il pensiero di legare la partita alla carica e al peso della partita. Bellissimo ricordo".
"Quando mi dissero che sarei arrivato al Milan pensai 'aiuto'. E mi chiesi se fossi stato all'altezza. Mi volevano tre squadre, ma quando mi chiamò il Milan non ebbi alcun dubbio su cosa scegliere", ha dichiarato Ambrosini. "Quando arrivai nel 1995-96 il Milan era la squadra più forte al mondo. Per un ragazzino era davvero difficile, una sensazione di vivere qualcosa di non reale. Ricordo il primo allenamento e anche a chi passai il primo pallone: a Donadoni".
Sui suoi allenatori: "Capello era severo ma ci fece capire tante cose a noi giovani, mentre Zaccheroni era un allenatore innovativo e spesso sottovalutato. Carlo (Ancelotti ndr) abbiamo certamente vinto molto meno di quanto forse meritassimo, soprattutto in Italia. Allegri si è trovato in una situazione con molti giocatori che avevano voglia di rivincite, la società aveva mandato segnali chiari prendendo Thiago Silva e Ibrahimovic. Max non ha mai rinunciato a far giocare assieme tutti i campioni che aveva".
Sullo Scudetto di Perugia: "Miracolo di Abbiati su Bucchi? Io ero dietro e pensai che andasse dentro. Fortunatamente lui allungò la mano e la prese. Giuso che finì così in sofferenza, per quello che la squadra dimostrò in quella stagione. Ricordo il sorpasso della giornata prima in casa contro l'Empoli e il boato di San Siro al triplice fischio".
Sulla finale di Champions a Manchester: "Le rivalità di un tempo erano ancora più vive e accese, le soddisfazioni erano davvero tante".
Rimpianti: "Con Carlo in Italia abbiamo vinto decisamente meno di quello che avremmo dovuto vincere, quei cinque anni dal 2003 al 2007 sono gli anni di tre finali, un quarto di finale e una semifinale, vuol dire che in campionato abbiamo sbagliato qualcosa. Il rimpianto continuo ad avercelo perché in Italia dovevamo vincere di più".
Sulla finale di Atene di 13 anni fa oggi: "La vigilia c'era Ancelotti che cercava di sdrammatizzare e stemperare la tensione, poi ci disse che era per sé stesso non per noi (ride ndr). L'emozione e la tensione era tanta. Andrea (Pirlo) era uno che piangeva sempre nelle vittorie e nelle sconfitte, ma anche Paolo che di finali ne ha fatte tantissime era sempre molto emozionato".
Su Kakà: "Quando lo vidi all'inizio pensai che non fosse tanto forte (ride ndr). Giocò lui ad Ancona e io andai in panchina, il che mi rese nervoso. Però poi il mio pensiero su di lui cambiò ovviamente. Era un bravo ragazzo ma quando c'era da battagliare e alzare i gomiti anche in allenamento lo faceva".
Sul progetto: "Spero che preveda una chiarezza che fino ad ora è stata complicata. L'arrivo di un tecnico straniero immagino l'esclusione di Paolo e questo mi dispiacerebbe, perché vorrebbe dire eliminare il completamente del processo di apprendimento di Maldini dirigente. Non conosco molto Rangnick, ma come ha detto Paolo ci vuole rispetto nel parlare di cose che al momento non ti competono".
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