Com'è il Davide ragazzo? "Caratterialmente è chiuso, timido e rispettoso, non è un ragazzo sfacciato. Ha bisogno del suo tempo, ma sa gestire molto bene l'emozione: mi ha detto che in Youth League i fischi lo caricavano. Ora speriamo che impari molto, è un'opportunità unica. Lui sa che se ha bisogno ci sono sempre: di professione sono un artigiano muratore, lavoro da solo, quindi mi gestisco i tempi. Lo porto avanti e indietro se serve, perché questo è il suo sogno. Ogni ragazzo ha il suo livello di potenziale, non so quale sarà quello di Davide. Ma è arrivato fin qui, mi ha fatto il regalo più bello del mondo”. Lo deve al suo impegno. Ricordo che durante la pandemia, un giorno, è venuto da me e mi ha chiesto: 'Papà, mi servirebbero degli attrezzi per allenarmi'. I negozi erano chiusi. Così, gli ho preparato io dei bilancieri e dei pesi artigianali, con i materiali che avevo. Andava in camera e si allenava da solo, senza dire niente. In quel periodo è esploso fisicamente".
Tra Primavera e Prima Squadra: "Con Abate non era sempre un titolare, ma la cosa non mi ha mai preoccupato. So che il club ha fiducia in lui, ci vuole pazienza. Intanto, in prima squadra un anno fa lo chiamavano per cognome, ora lo chiamano per nome. È una cosa bellissima. Mi racconta che si trova bene con Leao e Giroud: avere il loro supporto è fondamentale. Sono idoli per me che sono un semplice tifoso, figuriamoci per lui".
Il rapporto con Pioli: "Dopo due anni, mi sono permesso per la prima volta di salutarlo personalmente. Gli ho detto che sono il padre di Davide, la sua risposta mi ha riempito il cuore: 'Suo figlio è un giocatore spaziale e un ragazzo fantastico. Ha grandi margini di crescita, e noi lo faremo crescere".
E ora al Milan anche una leggenda come Baresi si interfaccia di più con i giocatori: "Racconta ai giovani la sua esperienza, che è storia. Loro devono apprendere, sono lezioni di calcio".
L'arrivo di Davide al Milan: "Quando aveva quattro anni e giocava all’oratorio mi hanno subito detto: ‘Ha una marcia in più’. Il primo club a cercarlo fu il Milan, ma alla fine, sotto consiglio, lo mandai all’Atalanta. Però, ero nuovo nell’ambiente e non ho mai firmato il cartellino: così dopo un anno e mezzo a Bergamo siamo andati al Milan. Al Vismara, al provino, c’erano Inzaghi, Carbone e Maldini. Mi hanno chiesto se Davide volesse far parte della famiglia rossonera. Io non ho avuto parole per rispondere, ero bloccato. Ci ha pensato lui: ‘Sì’. Sono passati undici anni. E ora siamo qui, lo guardo partire con i grandi". LEGGI ANCHE: Milan, cinque curiosità sul nuovo acquisto Reijnders >>>
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