Oliver Bierhoff, ex centravanti del Milan ed oggi team manager della Nazionale tedesca, ha rilasciato un'intervista in esclusiva ai microfoni de 'La Gazzetta dello Sport' oggi in edicola. Queste le dichiarazioni di Bierhoff.
INTERVISTE
Bierhoff: “Milan, Giroud ha risvegliato la lotta Scudetto nel derby”
Oliver Bierhoff, ex centravanti del Milan, ha parlato in esclusiva a 'La Gazzetta dello Sport'. Ecco le sue dichiarazioni sui rossoneri
Bierhoff sul Milan del 1999 con i 'grandi vecchi', lui, George Weah e Maurizio Ganz: «Un allenatore tedesco, Otto Rehhagel, diceva che non contano gli anni, ma la qualità nelle prestazioni».
Sul perché siano tornati di moda i veri centravanti: «Già qualche anno fa, con i nostri allenatori nelle accademie ci chiedevamo cosa sarebbe venuto dopo il Tiki Taka, il calcio stile Pep Guardiola. Nei campionati, nella Champions League, si vedeva che si tornava a giocare di nuovo con i cross e si cercavano di superare le difficoltà nel proporre il gioco di combinazione contro le squadre che difendono basso. Quindi riecco la necessità della punta centrale, che ti dà peso, la possibilità di lavorare con i cross e con qualche azione sul centro area per mettere in difficoltà le difese. Inoltre gli attaccanti centrali, come anche succede nel basket, adesso sono molto più mobili, più agili, vedi Zlatan Ibrahimović, hanno una qualità fisica diversa».
Sul perché si faccia fatica a trovare centravanti giovani: «Anche a noi in Nazionale manca una figura del genere, abbiamo perso il momento per farli crescere perché abbiamo puntato tutto sulla tecnica, sul gioco, e ci vuole un po’ di tempo. Il vero nove è un giocatore importante in ogni squadra».
Su Olivier Giroud: «Mi aspettavo che avesse successo in Italia perché è un giocatore con grande esperienza, con qualità in area, si sa muovere, segna. Il calcio italiano lo aiuta: è più tattico e più organizzato ma meno veloce rispetto a Inghilterra o Francia, dove ci vuole più freschezza fisica, velocità. Anch’io ne ho approfittato, lo ammetto: sono convinto che non avrei fatto altrettanto bene in Inghilterra o in Germania. Si sviluppano altri spazi, altri movimenti. Il vostro calcio ama il “sistema”, chiamiamolo così, e da tradizione si apprezza la punta centrale. Si sapeva e si sa ancora come metterla bene in azione».
Sulla doppietta di Giroud nel derby contro l'Inter: «E’ stato un segnale. Poi segnare in un derby è bellissimo, ha risvegliato questa lotta ora molto incerta per lo Scudetto».
Su quanto aiuta l'esperienza in un calciatore: «Serve a mantenere la calma, a sapere gestire le partite, finché però c’è tanta voglia e grinta. Sicuramente da giovane sei più aggressivo ma sei più emozionabile, soprattutto come attaccante. Se tu reggi fisicamente e hai voglia di far bene al servizio della squadra, l’età ti aiuta tantissimo, anche perché hai già vissuto certi momenti, soprattutto in match importanti come i derby».
Sulla scelta di Paolo Maldini di prendere due senatori come Ibra e Giroud: «Complimenti alla sua scelta. Sono contento per Paolo che il Milan stia andando bene. I tempi poi sono cambiati: quando giocavo io c’era il titolare o la riserva, ruoli quasi fissi. Adesso invece con tutti gli impegni e le partite c’è spazio per tutti».
Su come funziona il ruolo di 'grande vecchio' nello spogliatoio: «I rapporti sono diversi, ma più dell’età serve personalità, per dare qualcosa al gruppo. Non si trovano facilmente giocatori che hanno l’esperienza o forse anche la qualità di guidare una squadra. Oggi i ragazzi sono più “individuali”, stanno ognuno per sé, per questo i tipi che riuniscono il gruppo, e lo portano in una certa direzione sono importanti. Però non funziona se sei vecchio e non dai certe prestazioni, ma cerchi soltanto di difendere il tuo territorio o di rivendicare diritti».
Sulle caratteristiche che deve avere un attaccante un po' in là con l'età: «Muoversi negli spazi, avere sempre lo sguardo per il gol e una forza fisica negli spazi brevi più che in quelli lunghi. All’Europeo osservavo Cristiano Ronaldo: non ha corso tantissimo, ma sapeva quando doveva andare, e quando andava era sempre in zona gol. E’ questa la forza di un giocatore con esperienza: sapere quando può o deve osare. Dare efficienza quando ci si muove».
Sul suo ricordo speciale in un derby di Milano: «Quando ho segnato, nel 2001, e finì 2-2. Però dei derby non ti ricordi di più il risultato, ma l’ambiente. Era tutto bellissimo, il casino dello stadio, la tensione precedente. Questo mi rimane per sempre». Milan, si pesca ancora dal Real Madrid? Le ultime news di mercato >>>
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