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INTERVISTE

Davide Ancelotti: “Mi piacerebbe allenare il Milan, squadra del mio cuore”

Intervista Davide Ancelotti

Davide Ancelotti, figlio di Carlo e suo vice nel Real Madrid, ha il patentino da allenatore UEFA Pro e sogna la panchina rossonera

Daniele Triolo

Davide Ancelotti, figlio di Carlo e suo vice nel Real Madrid, ha rilasciato un'intervista in esclusiva al 'Corriere della Sera' oggi in edicola. Queste le sue dichiarazioni.

Sulla preoccupazione per la finale di Champions League di domani contro il Liverpool: «Più che altro provo felicità, dopo un percorso incredibile, rimonte bellissime. Abbiamo eliminato squadre fortissime: Paris Saint-Germain, Chelsea, Manchester City ...».

Sul Real Madrid dato non favorito: «Dire che non siamo favoriti è un azzardo. Nessuno si aspettava che saremmo arrivati fin qui. Abbiamo fiducia e rispetto per una squadra che in questo momento se non la migliore, è tra le due-tre migliori del mondo».

Sulla notte che potrebbe passare in bianco: «Eh, non sono come mio padre, che riesce a staccare la spina e isolarsi dallo stress: questo gli ha permesso di fare l’allenatore per trent’anni».

Ancelotti junior su quale squadra gli piacerebbe allenare: «Il Milan, la mia squadra del cuore da quando mio padre l’allenava. Ho frequentato il settore giovanile fino alla Primavera e poi sono andato in prestito in Serie D, dove ho smesso: non avevo abbastanza talento da professionista, già allora mi piaceva allenare».

Su quando comincerà la sua carriera solitaria: «Quando mio padre smetterà. Ha detto che dopo il Real Madrid potrebbe finire. Abbiamo un contratto di altri due anni. Dipenderà molto da quanto durerà questa avventura: per ora ce la godiamo».

Sulla vittoria nella Liga: «È stato un anno speciale, condito dalla gioia di essere tornati al Real Madrid che è la squadra dei sogni, non c’è niente di meglio. Forse solo il Milan si può avvicinare».

Su quale partita di questa Champions ricorda con più emozione: «La semifinale di Champions, quando abbiamo battuto il Manchester City, il 4 maggio. Era il compleanno di mia madre, scomparsa un anno fa. Al termine della partita io e mio padre ci siamo abbracciati in lacrime: è stato il nostro modo per ricordarla. Lei fino all’ultimo ci diceva che saremmo tornati al Real Madrid: è mancata il 24 maggio; la chiamata per la Spagna è arrivata il 27 ...».

Su un'eventuale chiamata di congratulazioni di Aurelio De Laurentiis: «Con mio padre è rimasto in buoni rapporti, si stimano, immagino lo abbia sentito».

Sul segreto di papà Ancelotti per far bene a Madrid: «Conosceva bene la maggior parte dei giocatori. C’è un gruppo di leadership che ha aiutato molto la nostra gestione: penso a Modric, Benzema, Kroos. Poi c’è un gruppo di spagnoli come Nacho e Carvajal che sono stati molto importanti nel quotidiano, si sono allenati con giovani molto competitivi: Valverde, Camavinga, Militão, Vinicius, Rodrygo ... Le nostre rimonte non sono mai state colpi di fortuna: ogni giocatore ha sempre dato tutto sé stesso».

Carlo e Davide Ancelotti

Su suo padre Carlo gestore di campioni: «È l’immagine che si ha di lui: l’esperto di uomini, cui tutti vogliono bene. Ma è stato un innovatore! Il primo a giocare con il famoso albero di Natale. La sua caratteristica è sapersi adattare e questo presuppone grande conoscenza: il calcio si può vincere in tante maniere, ma devi saperlo insegnare in modi diversi».

Sul suo ruolo nel Real Madrid: «Ho il compito, con lo staff, di sfidarlo continuamente, metterlo in discussione, perché abbia sempre dei dubbi. Non siamo yes man. Poi in allenamento gli do una grande mano con l’organizzazione. Oggi si cerca di individualizzare il più possibile il lavoro: c’è l’aspetto fisico, psicologico, tattico, il gioco degli avversari. Una persona sola non può controllare tutto».

Sui 'rumors' di un clan, visto che il marito di sua sorella è il nutrizionista del Real Madrid: «Lavoro da 10 anni con mio padre e il tema del nepotismo salta fuori quando si perde».

Sul peso di essere considerato un raccomandato: «Sono consapevole che ci siano questi pregiudizi, e sì, penso sempre di dover dimostrare qualcosa. Ma per me è benzina: mi fa stare motivato e non la voglio perdere. Però per il posto di vice non si fanno casting, ogni allenatore sceglie un uomo di fiducia».

Su quale squadra gliel'ha fatto pesare di più: «L’unica italiana dove ho lavorato: il Napoli. Ma credo sia legato al fatto che in Italia la parentela fa più rumore».

Sulla nascita dei suoi gemelli, Leo e Lucas, proprio a Napoli: «E questo mi farà ricordare ancora di più il bello dell’esperienza. A Napoli sono stato benissimo, vivevamo nella Riviera di Chiaia. Il primo anno abbiamo fatto bene, siamo arrivati secondi, ma la Juve aveva comprato Cristiano Ronaldo. Il difficile è stato quando le cose hanno cominciato ad andar male e non siamo riusciti a raddrizzarle. Mi spiace sia finita così».

Sull'allenatore più bravo di sempre: «Il mio è un giudizio di parte. Ma quello che ha fatto mio padre è quasi impossibile».

Sul fatto di voler somigliare al padre: «Da lui ho imparato che vengono prima i giocatori: bisogna partire da loro. Però voglio avere la mia identità».

Su che nonno è Carlo Ancelotti: «Non ha tantissimo tempo per i 5 nipoti. Lo tiene in sospeso per quando smetterà».

Sulla celebrità in Spagna: «Ci lavoro tutti i giorni! Spesso ci si dimentica che sono ragazzi, certo privilegiati, però hanno pressioni che non è facile gestire a 19-20 anni».

Sul matrimonio con Ana Galocha in programma il 10 giugno: «Dovevamo sposarci nel 2020, prima della pandemia. Lo faremo a Mairena de Alcor, Siviglia. L’anno che si è sposata mia sorella eravamo a Madrid e abbiamo vinto la Champions. Speriamo che sia un destino già scritto!». Ha parlato Maldini a 'Gazzetta': leggi qui la sua intervista sul Milan >>>

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